Costi in frenata per le imprese, prezzi “freddi” per le famiglie. Il crollo del prezzo del greggio continua ad essere tra la variabili protagoniste nell’economia mondiale del 2015 e anche gli ultimi dati Istat sull’inflazione confermano l’impatto del barile “low-cost”.
A novembre l’indice nazionale dei prezzi al consumo (conferma delle stime preliminari) si riduce su base mensile dello 0,4%, quarto segno meno nel 2015, mentre in termini tendenziali la crescita è minima, appena lo 0,1%. Performance annua determinata in gran parte dal crollo dei prezzi dei carburanti, con benzina e gasolio in frenata a doppia cifra, il che porta il comparto dei prodotti energetici non regolamentati a cedere complessivamente l’11,2 per cento.
Su base annua si tratta degli unici beni con il segno meno, mentre dal lato dei servizi il calo è visibile solo nella categoria delle comunicazioni, effetto evidente della battaglia di sconti e promozioni innescata dalla concorrenza tra le aziende del comparto. Eliminando l’energia dal calcolo, in effetti, il dato annuo si allontanerebbe dalla soglia della deflazione, realizzando una crescita dello 0,8 per cento. A spingere in senso opposto a novembre è in particolare l’area degli alimentari lavorati (+3,2%), con un balzo deciso dei prodotti freschi (+10,3% in termini annui) in grado di offrire il maggiore contributo settoriale alla variazione dell’indice, un rialzo dello 0,22 per cento.
Ed è il motivo per cui il cosiddetto carrello della spesa (prodotti alimentari, per la cura della casa e della persona), cresce a un tasso dell’1,3%, ben distante dal tasso d’inflazione generale. Divario dovuto principalmente ai beni energetici (non compresi nel carrello della spesa e in forte ribasso), che controbilanciano con il crollo dei carburanti ogni altro aumento, flessione che impatta pesantemente sull’indice globale, “raffreddandolo” di oltre mezzo punto percentuale.
Il calo di quattro decimali su base mensile dell’indice Istat trova invece spiegazioni in parte diverse e sono soprattutto i servizi a fare la differenza. Dal lato dei beni, ancora una volta, è sempre l’area degli energetici non regolamentati a spingere verso il basso (-0,6% tra ottobre e novembre) ma le performance più negative sono altrove, in particolare per servizi legati ai trasporti (-1,2%) e attività culturali-ricreative. In questo ambito l’Istat segnala in generale l’effetto stagionale “classico”, legato al raffreddamento della domanda, a cui quest’anno a novembre si aggiunge l’impatto depressivo della fine di Expo 2015 sui prezzi degli alberghi.
Valutazioni corroborate anche dall’analisi geografica. Perché se è vero che in termini annui e mensili sono numerose le città in Italia (11 su base annua, sette capoluoghi di regione e quattro grandi città oltre i 150mila abitanti)in cui si manifesta la deflazione – Bologna con -0,7% guida davanti a Padova con -0,4% –, cioè la frenata corale dei prezzi, su base mensile è proprio Milano, sede di Expo, a primeggiare in questa speciale classifica, con una riduzione dell’indice del 2%, quasi il doppio rispetto alla seconda classificata, Firenze.
Luca Orlando – Il Corriere della Sera – 15 dicembre 2015