Alessandro Barbera. Il parto non è stato facile. Anche questa volta il consiglio dei ministri è iniziato con parecchio ritardo. Riforma delle sanzioni penali e amministrative, interpello, riscossione, stima e monitoraggio dell’evasione, agenzie fiscali: i cinque promessi decreti di attuazione della delega fiscale sono arrivati in extremis ieri sera, a pochi giorni dalla scadenza.
Le sanzioni
Il decreto più atteso era quello sulle sanzioni e la soluzione al pasticcio dello scorso Natale, ovvero alla norma che prevedeva la non punibilità delle frodi fiscali fino al 3 per cento del fatturato. Su questo punto si torna all’antico: il reato di frode fiscale non si estingue in nessun caso. Ma si potrà ottenere l’estinzione del reato in due casi: se si è evaso (il cosiddetto «omesso versamento») e si paga il dovuto dopo essere stati «beccati» dall’Agenzia delle Entrate o, in caso di «dichiarazione infedele» e «tardiva», si decide spontaneamente di pagare. In ogni caso la soglia di punibilità per la dichiarazione infedele sale da 50 a 150mila euro. Aumenta la soglia oltre la quale l’omesso versamento Iva non è reato: da 50 si sale a 200mila euro. Così scrive il comunicato, ma secondo autorevoli fonti sarebbe salita a 250mila. Scende dall’8 al 6 per cento l’aggio per gli agenti del Fisco.
Più tempo per pagare
I decreti strizzano l’occhio alle battaglie del centrodestra per un «fisco amico». È confermato – come anticipato ieri dalla Stampa – l’allungamento dei tempi per il pagamento delle rate dei debiti fiscali e l’aumento da tre a quattro anni della rateizzazione per le somme non dichiarate. È confermata la restituzione delle somme versate al fisco in caso di sentenza favorevole di primo grado fino a ventimila euro; oltre quella soglia il giudice potrà chiedere una fideiussione. Il governo promette controlli meno invasivi: «La riorganizzazione delle agenzie fiscali deve essere ispirata al principio del controllo amministrativo unico, evitando sovrapposizioni».
Saltano giochi e Catasto
Ragioni squisitamente politiche o di bilancio hanno convinto Renzi a rinviare pezzi importanti della delega. Anzitutto quella relativa al Catasto, pronta in ogni dettaglio e messa nel cassetto per evitare l’accusa di voler alzare le tasse sulla casa. Se ne riparla in autunno insieme alla nuova imposta, la «local tax». Salta per ragioni di gettito la soluzione al problema degli imbullonati, l’assurda tassa che oggi grava sui macchinari agganciati a terra. Salta il decreto sui giochi per via dello scontro con le Regioni su come riformare il settore. «E’ stato fatto un lavoro positivo, se necessario lo useremo nella legge di Stabilità», dice Renzi. Salta infine il decreto sull’Iri, l’imposta sui redditi d’impresa: puntava a ridurre le tasse agli artigiani, ma costava troppo. Apparentemente il governo ha risolto il pasticcio dei dirigenti delle Agenzie delle Entrate, decaduti perché saliti di grado senza concorso. Il concorso si farà, ma perché si tenga passerà almeno un anno. Che accadrà nel frattempo? Su questo non c’è ancora soluzione. Insomma, a conti fatti il bilancio del lavoro sulla delega non è entusiasmante. Colpa della complessità della materia, della fretta di Palazzo Chigi, della linea di questi tempi disturbata con il Tesoro. Da un lato c’era la squadra di Renzi, costretta a rincorrere i continui cambi di passo del premier, dall’altra un enorme ministero dal quale è stato difficile ottenere risposte rapide.
La Stampa – 27 giugno 2015