Il presidente designato della Commissione europea JeanClaude Juncker aveva promesso un esecutivo «molto politico». Ieri l’ex premier lussemburghese ha confermato le sue intenzioni, mettendo a punto una compagine dall’equilibrio sottile, politico e geografico, segnata da una netta centralizzazione istituzionale. La Francia ottiene il portafoglio degli affari economici, la Gran Bretagna quello dei servizi finanziari, la Germania quello dell’economia digitale.
«Abbiamo l’opportunità e l’obbligo di dare all’Europa una nuova partenza», ha spiegato Juncker, 59 anni, in una gremita conferenza stampa qui a Bruxelles nella sede della Commissione. «Dopo anni di difficoltà economiche e spesso pesanti riforme, gli europei si aspettano una economia solida, un’occupazione sostenibile, maggiore protezione sociale, frontiere sicure, sicurezza energetica, e opportunità digitali (…) Ho a mia disposizione la giusta squadra».
Juncker è stato designato nuovo presidente della Commissione europea in luglio dopo le elezioni di maggio che hanno portato al rinnovo del Parlamento europeo. Per la prima volta, i partiti europei hanno fatto campagna elettorale con un proprio candidato all’esecutivo comunitario, anche nel tentativo di riavvicinare le pubbliche opinioni nazionali al progetto europeo. Arrivato in testa nello scrutinio dei voti, Juncker ha ricevuto la fiducia dell’assemblea di Strasburgo a metà luglio.
La struttura della Commissione è innovativa, da valutare nella pratica (si veda l’articolo a fianco). I vice presidenti saranno responsabili delle priorità illustrate da Juncker: la crescita; l’euro e il dialogo sociale; il mercato unico digitale; l’unione energetica. I portafogli economici vanno al francese Pierre Moscovici (affari monetari) e all’inglese Jonathan Hill (servizi finanziari). Alla Concorrenza va la danese Margrethe Vestager, al Commercio la svedese Cecilia Malmström, all’economia digitale il tedesco Günther Oettinger.
L’ex premier è riuscito a riunire intorno a sé cinque ex primi ministri. Gli uomini sono 19, le donne nove, comerichiesto dal Parlamento europeo, condizione per ricevere la fiducia di Strasburgo. Più interessante è la presenza di numerosi ministri in carica, in tutto 11, che lasciano il loro governo per associarsi alla nuova Commissione. L’impegno di Juncker a favore di un esecutivo «molto politico» è stato preso sul serio dai Ventotto che hanno mandato a Bruxelles esponenti al governo.
Una Commissione politica, e anche europeista, stando al passato del suo stesso presidente designato, ma non inconsapevole del clima euroscettico presente in molti paesi europei. Juncker ha annunciato che chiederà ai commissari di spiegare anche nei Parlamenti nazionali le loro inziative legislative più importanti. «Voglio una Unione che sia grande sulle grandi cose e piccola sulle piccole cose», ha detto l’ex premier lussemburghese.
Nella sua conferenza stampa di ieri, Juncker ha voluto insistere sul fatto che la nuova Commissione dovrà lavorare come una squadra. L’ex premier ha inviato a ciascun commissario “una lettera di missione” in cui ha illustrato l’incarico. «Sono un uomo modesto – ha assicurato Juncker, dinanzi ai dubbi su una eccessiva centralizzazione dell’esecutivo -. Sarò un coordinatore, non un timoniere», sottolineando che il brutto momento storico rappresenta per il nuovo esecutivo comunitario «un’ultima spiaggia».
A breve inizieranno le audizioni parlamentari in vista di un voto di fiducia entro ottobre perché la nuova Commissione possa entrare in funzione il 1? novembre. Gli esami di alcuni commissari potrebbero essere difficili.
L’ungherese Tibor Navracsics è un uomo vicino a Viktor Orbán, uno dei leader europei più nazionalisti. Lo spagnolo Miguel Arias Cañete è stato accusato di attacchi sessisti. L’inglese Jonathan Hill potrebbe essere punito per il crescente sentimento euroscettico del governo britannico.
Il Sole 24 Ore – 11 settembre 2014