Il Senato vota una risoluzione che introduce paletti per le nomine nei consigli di amministrazioni di 50 società controllate dal Tesoro. Il presidente del Consiglio promette discontinuità con il passato. Da Eni a Enel, da Finmeccanica alle Poste ecco chi rischia
MILANO – Non più di nove anni al vertice. E bocciatura per chi è stato condannato o ha patteggiato per corruzione. Dal Senato arriva un appoggio politico significativo alla volontà di rinnovamento del premier Matteo Renzi nelle grandi società pubbliche quotate in Borsa. Su proposta del presidente della commissione Industria del Senato, Massimo Muchetti è stata votata a larga maggioranza una risoluzione che impone il limite dei tre mandati per i vertici delle partecipate dello Stato, sia per il presidente che per l’amministratore delegato.
La risoluzione prevede anche l’esclusione di “chi abbia patteggiato per tangenti o altri reati simili dovrebbe essere lasciato al settore privato”. Perchè il patteggiamento “pulisce la fedina penale” ma “non cancella la memoria”.
Hanno votato a favore Pd, M5s, Sel, Scelta Civica. Ha votato contro Forza Italia e si sono astenuti Lega e Ncd che avevano chiesto un rinvio del voto. Se Renzi farà sua questa indicazione, come del resto aveva già fatto capire, questo ha notevoli ripercussioni sulla partita in corso delle nomine, visto che alla guida di Eni, Enel, Terna ci sono tre manager (Paolo Scaroni, Fulvio Conti e Flavio Cattaneo) che hanno già fatto tre mandati, mentre alle Poste i mandati sono stati addirittura quattro per Massimo Sarmi. Non si tratta di una risoluzione che vincola obbligatoriamente il governo, ma si tratta di una precisa indicazione della sua maggioranza (con esclusione di Ncd).
La risoluzione chiede anche di tenre conto “le indicazioni adottate da Enel ed Eni sull’indipendenza dei presidenti”, riferendosi al documento approvati dai cda in cui si chiede che i presidenti siano di prima nomina, ovvero che non abbiano avuto in passato “rapporti o relazioni tali da condizionarne l’autonomia di giudizio”.
Le indicazioni in arrivo dal Senato sulla nomina dei manager sono anche altre. I parlamentari chedono di “impostare su base meritocratica la formazione delle liste per i cda, avendo particolare cura di evitare situazione di conflitto di interesse”. Il merito significa che “l’eventuale riconferma dei presidenti e degli ad uscenti alla valutazione del ruolo di ciascuno e dei risultati della società sul piano industriale, su quello della remunerazione del capitale investito dall’azionista”.
I senatori sono entrati anche nel merito delle della discussione sul tetto ai compensi: “Procedere a una riduzione della retribuzione lorda totale (comprensiva delle parti fisse e variabili, di eventuali stock option e stock grant nonché dei trattamenti di fine rapporto) di chi si designato a ricoprire cariche di presidente e ad, sulla base di un forte principio di progressività e, per il futuro, a legare l’eventuale miglioramento dei compnesi dei capiazienda al proprozionale miglioramento sostenibile dei salari”.
Ora la palla è nelle meni del premier. Il rinnovo delle cariche nelle società pubbliche è stato uno dei motivi che ha spinto Matteo Renzi ad accelerare i tempi e provocare la caduta di Enrico Letta. E l’ex sindaco di Firenze ha intenzione di sfruttare al meglio l’occasione che gli è stata offerta per la nomina di oltre 600 amministratori delle controllate dello Stato.
Dal prossimo 13 aprile, quando il carosello verrà aperto dalla presentazione dei nomi per il consiglio di amministrazione di Eni, fino alla fine di maggio, una cinquantina di società potranno cambiare i propri vertici. Una occasione irrepetibile per portare volti nuovi alla guida di società che sono in testa alla classifica per capitalizzazione di Borsa e danno da lavorare a migliaia di persone. Da Eni a Finmeccanica, da Enel a Terna, per arrivare a Poste ed Enav, il valzer delle poltrone potrebbe aprire a un ricambio generazionale che si sposa con i volti nuovi del governo in carica.
E anche se i nomi dei possibili amministratori sono stati vagliati da due società di “cacciatori di teste” del livello di Spencer&Stuart e Korn Ferry, a decidere in ultima istanza sarà sempre Renzi. Anche perché il ricorso ai professionisti della selezione di personale ad alto livello non era stato deciso dal premier, ma dal governo Letta. Così, come riferiscono fonti vicine a Palazzo Chigi, Renzi ha messo in piedi una sorta di struttura parallela che sta vagliando i singoli candidati. L’intenzione è quello di portare una serie di volti nuovi alla guida del capitalismo di stato, così come ha già tentato di fare con il governo. Una partita in cui potrebbe dimostrare una volta di più la sua indipendenza dai partiti.
Eni. Il 13 aprile è la scadenza per la presentazione dei prossimi amministratori della prima società di Piazza Affari per capitalizzazione di Borsa. Da nove anni la guida il manager vicentino Paolo Scaroni, già al vertice di Enel e che si è dichiarato disponibile a un quarto mandato. La recente sentenza di condanna a tre anni per i danni ambientali alla centrale di Porto Tolle (Rovigo) non giocano a suo favore, anche se il reato non fa parte dei quei criteri di onorabilità varati dal precedente governo, secondo una direttiva ch Renzi ha difeso di recente anche di fronte alle critiche dello stesso Scaroni. Il quale potrebbe pagare la vicinanza all’ex premier Berlusconi.
Ma chi nominare alla guida di una società che non solo garantisce l’approvvigionamento di gas per l’Italia, ma che è una sorta di ministero degli Eseri ombra e che ha legami con i servizi, così come ha detto lo stesso Renzi, facendosi sfuggire un’ovvietà che nella sua posizione non si dovrebbe mai confermare? Scaroni spinge per una soluzione interna che premierebbe l’attuale capo della divisione Esplorazione&Ricerca Claudio Descalzi. Secondo altri Renzi avrebbe individuato l’uomo giusto in Lorenzo Simonelli, manager di General Electric Italia, la società che ha rilevato lo storico stabilimento fiorentino del Nuovo Pignone. Di fronte alle perplessità di quest’ultimo, Renzi potrebbe puntare su Claudio Santiago, un altro manager di Ge, di cui ha guidato le attività petrolifere. Sullo sfondo rimangono i nomi di due ex manager Eni come Stefano Cao e Leonardo Maugeri.
Enel. Come all’Eni, anche in questo caso alla guida abbiamo un manager che ha già consumato tre mandati, senza contare gli anni da direttore finanziario. Fulvio Conti si è detto ancora disponibile, ma potrebbe al massimo ambire alla carica di presidente, lasciando spazio a nomi nuovi. La successione sembra portare a scelte interne, come l’attuale ad di Enel Green Power Francesco Starace e l’ad di Endesa Andrea Brentan. Il primo ha fatto della società delle rinnovabili uno dei primi gruppi al mondo del settore, l’altro è da sei anni alla guida del gruppo spagnolo che grazieb alle sue controllate in Sud America contribuisce al 45% del fatturato di Enel.
Finmeccanica. Anche se Alessandro Pansa è alla guida del primo gruppo industriale italiano (oltre 70mila dipendenti) solo da un anno la sua poltrona non è salda. Perché comunque fa parte del cda che deve essere rinominato e perché da un decennio ricopre la carica di direttore finanziario. Il rinnovamento, in questo caso potrebbe passare proprio dagli uomini delle società controllate. Come l’ad di Alenia Giuseppe Giordo o come l’ad di Ansaldo Energia Giuseppe Zampini che si è opposto al progetto di cessione del suo gruppo ai coreani di Doosan portando la società a rimanere italiana sotto la proprietà del Fondo Strategico della Cdp.
Terna. A sfavore di Flavio Cattaneo gioca il fatto di essere a sua volta da nove anni alla guida del gruppo che gestisce la rete ad alta tensione del paese. Il ricambio in questo caso potrebbe portare ai nomi di Aldo Chiarini, ad di Gdf Suez Italia e Luigi Gubitosi. Quest’ultimo però dovrebbe lasciare la Rai e non è detto che Renzi voglia toccare gli equilibri del settore televisivo che in qualche modo fanno parte degli accordi politici con Silvio Berlusconi. Non è escluso che possa esser proprio Terna fonte della sorpresa più clamorosa di questa tornata di nomine.
Poste. L’attuale ad Massimo Sarmi, nonostante il suo tentativo di farsi benvolere dal governo con l’ingresso della società in Alitalia, sembra avere i giorni contati. Anche perché si trova in quella posizione da oltre dieci anni. In questa casella, troverebbe spazio Francesco Caio, già a capo del progetto Agenda Digitale ed ex manager di Indesit e di Monica Mondardini, attuale ad del Gruppo Espesso. Tra l’altro, la componente femminile riserverà non poche sorprese: Renzi – così come ha fatto con il governo – vorrebbe nominare un nutrito numero di manager donne, promuovendo dirigenti che ora sono tra le secondo file delle principali società italiane.
Repubblica – 9 aprile 2014