Chi conosce la «piramide alimentare», le linee guida sulla corretta alimentazione, non è rimasto sorpreso dalle conclusioni della Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) sul legame tra consumo di carni rosse e aumento dei rischi di tumore. Bistecche e salumi sono già in alto, lì dove stanno gli alimenti da consumare con parsimonia. Dunque, non cambia niente?
«Nulla è statico e tutto è migliorabile grazie ai contributi che ci offre la scienza. Ma la piramide alimentare ci dice con chiarezza quali sono le esigenze dal punto di vista nutrizionale e quali gli elementi di criticità». Da questo concetto parte Paolo Stacchini, responsabile per la sicurezza chimica negli alimenti dell’Istituto superiore di sanità, per ragionare sulle recenti conclusioni dell’agenzia che dipende dall’Organizzazione mondiale della sanità, per evitare facili approssimazioni e inutili allarmismi.
«La novità — spiega Stacchini — è che il panel di esperti internazionali indica una categoria molto ampia, come quella delle carni trasformate. Ci sono insaccati, prodotti stagionati, cotti, speziati, addizionati… È un universo complesso e articolato che va sicuramente approfondito in futuro, ma con serenità. In più, va tenuto conto che sono stati analizzati studi su scala mondiale, prendendo in considerazione stili alimentari diversi».
Per quanto ci riguarda, bisogna tornare alla nostra «piramide», aggiornata nel 2009 dall’Inran (Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione) tenendo conto dei principi della dieta mediterranea: frutta, verdura e cereali non devono mancare mai, pesce e legumi sono da preferire ad arrosti e affettati, i dolci sono i cibi da temere di più. «L’agenzia dell’Oms ha valutato il rapporto tra carni rosse e un particolare tumore, quello del colon retto — prosegue Stacchini —. Ma lo stato di salute complessivo dipende da una pluralità di fattori. L’incidenza di patologie come l’obesità e il diabete è molto alta, una corretta informazione deve tenere conto di questa complessità».
Il modello alimentare italiano è, fino a prova contraria, un patrimonio da difendere. Anche se, bisogna riconoscere, non mangiamo allo stesso modo di cinquant’anni fa. «Sembrerà strano — prende in contropiede Stacchini — ma per certi aspetti, penso alle modalità di trasformazione, c’è stato un miglioramento. Discorso diverso va fatto sull’impatto calorico, la quantità di cibo a fronte di un calo dell’attività fisica».
Stacchini si sente invece di rassicurare sul sistema di controlli previsto nel nostro Paese. «L’Italia ha dato un contributo fondamentale a scrivere norme che sono poi state adottate in ambito comunitario. Come per esempio la regolamentazione sugli additivi alimentari, basata sulla cosiddetta lista positiva, ovvero è consentito solo quello che è stato valutato sicuro. Non è sciovinismo, ma possiamo stare tranquilli».
Tornando invece alle carni, i consigli dei ricercatori dell’Istituto superiore della sanità, usciti rafforzati dall’ultimo rapporto Iarc, sono sempre gli stessi: consumarne porzioni non eccessive, variare tipologia il più possibile, inserirle in diete equilibrate, evitare di cuocerle troppo fino a bruciarle, controllarne se possibile la provenienza. In una parola: equilibrio, ricetta antica e intramontabile.
Riccardo Bruno – Il Corriere della Sera – 29 ottobre 2015