di Giorgio Cecchetti. Per la seconda volta la Corte di Cassazione bacchetta i giudici veneziani della Corte d’appello nella stessa vicenda, quella delle spese elettorali dell’assessore Marialuisa «Isi » Coppola (in foto) e in questa seconda occasione lo fa pesantemente, dando ancora una volta ragione al rodigino Renzo Marangon, ex assessore Pdl, che sostiene che nella campagna elettorale del marzo 2010 l’attuale assessore alle attività produttive del governatore Luca Zaia ha speso ben più delle 40 mila euro denunciate e per la precisione 255 mila, chiedendo che venga dichiarata decaduta.
I giudici della Cassazione accolgono sostanzialmente i motivi del ricorso presentato dall’avvocato veneziano Mariagrazia Romeo per conto dell’elettore di Rovigo che si è mosso su imput di Marangon. Annullando la prima decisione della Corte d’appello la Corte romana aveva scritto che chi aveva denunciato Coppola «aveva analiticamente indicato le attività e le iniziative elettorali della Coppola con relativi costi presumibili, per importi ben superiori a quelli dichiarati (…) aveva offerto un principio di prova sufficiente a far scattare l’onere probatorio contrario in capo alla Coppola». Ma i giudici veneziani presieduti da Sergio Gorjan avevano invece riaperto il dibattimento assumendo alcuni testimoni a favore della Coppola. Ora, nell’ultima sentenza, la Cassazione scrive: «Appariva del tutto inequivoco che al giudice del rinvio (la Corte d’appello di Venezia) competesse non già di rimettere in discussione la ripartizione dell’onere della prova tra le parti, ma unicamente di verificare, se del caso mediante una consulenza tecnica d’ufficio, il valore di quelle attività e iniziative ormai certe, per quantificare con precisione la misura indicata…perché ove il valore dei contributi avesse superato il tetto dei 40 mila euro, il giudice del rinvio avrebbe dovuto procedere ad applicare, a seconda degli accertamenti peritali, le sanzioni previste». E la sanzione, in caso di contributi pari al doppio del tetto, è la decadenza. Insomma, la Cassazione non ha dubbi: la Coppola ha speso più del tetto previsto per i candidati al Consiglio regionale e più di quello da lei dichiarato, bastava stabilire quando di più ha speso e la Corte veneziana non l’ha fatto, «disattendendo la prima sentenza di rinvio». Quindi cancella la sentenza di assoluzione e rimanda la causa ad un’altra sezione della Corte d’appello lagunare
Il Mattino di Padova – 23 marzo 2014