Corriere del Veneto. Segnalazioni ripetute di pazienti con febbre e sintomi respiratori minori spediti dal medico di medicina generale al pronto soccorso senza un ulteriore approfondimento. La notizia è contenuta in una circolare interna spedita due giorni fa dal dottor Paolo Rosi, coordinatore dell’Unità di crisi per l’emergenza coronavirus della Regione. «Facendo seguito alle ripetute segnalazioni pervenute dalle Centrali operative del Suem – si legge nella circolare – relative a pazienti affetti da iperpiressia e sintomi respiratori minori, che vengono invitati a rivolgersi al 118, dal medico di medicina generale senza che questi abbia provveduto ad alcun approfondimento clinico, si invitano i direttori delle Centrali operative a registrare i nominativi dei medici interessati ed a trasmetterli ai direttori del Distretto, che dovranno provvedere alle opportune verifiche ed ai necessari provvedimenti atti ad evitare il ripetersi di tali comportamenti. Analoga segnalazione dovrà essere effettuata anche per eventuali casi riguardanti i medici del Servizio di Continuità Assistenziale».
Poche righe, neutre nella forma ma esplosive nel contenuto. Il sottotesto è, naturalmente, la forte spinta a contenere la pandemia senza intasare gli ospedali già sotto pressione attraverso il filtro prezioso dei medici di base. La domanda, inevitabile, è se ci siano medici di base che cercano di limitare il contatto con pazienti potenzialmente positivi. «Siamo abituati a intervenire al primo allarme – spiega il dottor Rosi – e visto che alcune centrali 118 hanno segnalato alcuni casi, ecco la circolare… Parliamo di casi sporadici, sottolineo, però noi ci teniamo ad intervenire per diversi motivi. Primo, per il paziente che ha diritto a trovare assistenza del proprio medico e secondo per una tutela di tutti gli altri medici di medicina generale che svolgono il loro lavoro e rischiano invece la gogna perché qualcuno su Facebook scrive che il suo medico non risponde».
Nessun attacco alla categoria, specifica Rosi, «perché la stragrande maggioranza dei medici di medicina generale sta, invece, facendo uno sforzo importante. In nome di questo è giusto che chi non agisce così sia individuato». Insomma, il biblico «separare il grano dal loglio» si presta alla circolare inviata a tutti i direttori delle Centrali operative del Suem 118, ai direttori sanitari e generali delle aziende ospedaliere e delle Ulss e ai direttori dei Distretti sanitari. «Prima viene sempre il paziente – continua il dottor Rosi – ma è anche vero che in emergenza così come in tempo di pace, deve valere il principio di non affollare, se è possibile evitarlo, i pronto soccorso e gli ospedali». Nella direttiva interna si cita anche il servizio di Continuità assistenziale ma, specifica Rosi «sul fronte della Guardia medica non ci sono giunti particolari rilievi, si è solo colta l’occasione per invitare a segnalare eventuali casi si dovessero verificare. Parliamo di una circolare interna che serve a correggere problemi che si sono manifestati senza alcun intento polemico». Si cerca di gettare acqua sul fuoco perché questo è l’ultimo capitolo di una serie di attriti fra sistema sanitario regionale e medici di medicina generale. Ultimo, in ordine di tempo quello per l’effettuazione dei tamponi rapidi in ambulatorio dal proprio medico. Nonostante l’accordo raggiunto con le sigle sindacali di categoria, la percentuale di medici di base che ha accettato di fare i tamponi ai propri assistiti non arriva al 30%. «Di alert ne facciamo molti, – spiega ancora Rosi – come quello sull’appropriatezza dei ricoveri perché, in questo momento, diventa importante che il sistema sanitario rilevi tutti gli aspetti potenzialmente critici. Però, ripeto, qui non si stigmatizza l’intera categoria ma alcuni medici».
Lo sfondo è quello di ospedali presi d’assalto con numeri di ricoveri che solo negli ultimi giorni accennano a un appiattimento della curva che è stata in forte crescita per settimane. La barricata costituita dai medici di medicina generale, nel piano di sanità pubblica con cui la Regione sta gestendo la seconda, violenta, ondata della pandemia, è uno degli snodi cruciali per non far collassare le strutture ospedaliere.
da Repubblica. Davvero ci sono medici di base che mandano in ospedale pazienti con quadri clinici lievi, per di più senza visitarli? Il dottor Rosi, che è anche coordinatore regionale del 118, sottolinea a Repubblica che si tratta di «episodi isolati, in quanto la quasi totalità dei medici di medicina generale agiscono nel rispetto delle procedure e stanno supportando la risposta all’epidemia in atto». Ma la lettera ha suscitato scalpore nell’ambiente medico. Per il segretario della Federazione dei medici di famiglia del Veneto, Domenico Crisarà, la disposizione regionale genera «sconcerto e perplessità» soprattutto «per il metodo, che ricorda i tribunali dell’Inquisizione o, venendo alla storia più recente, al maccartismo. I medici di famiglia del Veneto si devono essere ammalati di qualche sconosciuta malattia durante l’estate, altrimenti non si spiega perché fino a giugno erano carta vincente che faceva la differenza del “sistema veneto” rispetto a quello lombardo, e improvvisamente sono diventati una manica di cialtroni. Ci mancano ancora i dispositivi di protezione per le visite domiciliari e i saturimetri. Ho l’impressione che si voglia distogliere l’attenzione da altri problemi ». Dura anche la Federazione regionale degli Ordini dei medici: «È triste che in questo tempo di pandemia, in cui la sinergia istituzionale dovrebbe essere scontata, accadano simili episodi. I medici di famiglia del Veneto sono sempre stati al fianco dei loro assistiti, talvolta infettandosi e pagando anche con la vita».