Accanto all’Imu e alla Tasi, c’è un’altra imposta comunale che ha continuato ad aumentare negli ultimi anni: l’addizionale all’Irpef, che è cresciuta di quasi il 50% tra il 2007 e il 2012, arrivando a 4 miliardi di gettito complessivo. Tanto quanto l’Imu sulla prima casa.
L’Irpef comunale – per i dipendenti e i pensionati – è trattenuta direttamente in busta paga nell’anno successivo a quello in cui è deliberata, e tende a passare quasi inosservata rispetto alle imposte sul mattone, che invece impongono mille incertezze e calcoli complicati ai contribuenti. I suoi effetti, però, sono tutt’altro che irrilevanti sul portafoglio, come dimostrano i dati sulle dichiarazioni dei redditi diffusi la scorsa settimana dalle Finanze: l’addizionale media per l’anno d’imposta 2012 è stata di 160 euro, rispetto ai 130 dell’anno precedente.
Padova e Roma al top
Tra i capoluoghi di Provincia – secondo le elaborazioni del Sole 24 Ore del lunedì – l’importo pro capite è più elevato a Padova (288 euro), seguita da Milano (285) e Roma (280). Queste cifre, però, non vanno lette da sole, ma devono essere incrociate con altri indicatori importanti: la presenza di eventuali esenzioni per i redditi bassi, l’applicazione di un’aliquota unica o a scaglioni, il reddito medio dei residenti nel Comune.
A Milano, ad esempio, l’addizionale è mediamente cara per chi la deve versare, ma nell’anno d’imposta 2012 l’ha pagata solo un milanese su quattro, in virtù della fascia d’esenzione fissata a 33.500 euro. A Barletta, invece, l’imposta è stata pagata da sei contribuenti su dieci, ma entrano in gioco le regole generali del tributo, non l’esenzione: l’addizionale, infatti, viene versata solo da chi paga l’Irpef “statale”, e nei Comuni in cui i redditi sono più bassi la platea dei potenziali contribuenti si restringe già naturalmente perché deduzioni e detrazioni spingono molti soggetti nella cosiddetta no tax area. Al contrario, dove i redditi sono più alti, le aliquote si rivelano una leva fiscale molto più potente per i sindaci: piccoli ritocchi fruttano molto ed è più facile articolare il prelievo in scaglioni.
L’aliquota effettiva
Il modo migliore per misurare quanto pesa davvero l’Irpef comunale è confrontare il gettito dell’imposta con la base imponibile teorica, ricavabile dai dati delle Finanze. L’aliquota effettiva, così, a Milano risulta lo 0,25% ed è poco più alta di quella pagata a Firenze, dove invece il prelievo è spalmato su un numero molto più grande di cittadini e ha un importo pro capite più basso. Mentre a Roma il “prelievo reale” raggiunge il record dell0 0,85%, che dipende in pratica dall’applicazione di un’aliquota nominale dello 0,9% – più alta dello 0,8% raggiungibile nel resto d’Italia – temperata solo da alcune agevolazioni per i pensionati a basso reddito e senza grandi proprietà immobiliari.
È evidente, però, che l’aliquota effettiva è un indicatore difficile da calcolare (e da decifrare) per il cittadino medio. Senza dimenticare che non dice nulla sulla distribuzione del carico fiscale tra soggetti a basso e alto reddito. A questo si aggiunge poi lo sfasamento temporale nel pagamento: basta pensare che i 1.200 aumenti deliberati nel 2013 dai Comuni italiani hanno iniziato solo il mese scorso a farsi sentire sulle buste paga dei lavoratori.
La progressione dei rincari
Comunque sia strutturato il prelievo, resta un punto fermo: l’addizionale è aumentata “a strappi” negli ultimi anni. Più dell’aumento del numero dei Comuni che la applicano, infatti, ha pesato l’incremento delle aliquote in quelli la applicavano già, di volta in volta congelato o autorizzato da parte dello Stato.
A conti fatti, già nel 2007 i centri che avevano deliberato l’addizionale erano 6mila su 8mila, e ora sono arrivati a 6.500, tra cui tutti i capoluoghi tranne Trento e Gorizia. In rapporto, gli incassi sono saliti molto di più perché ogni volta che il Governo ha liberato le aliquote, la tentazione (o la necessità) di aumentarle per far quadrare i conti si è rivelata quasi irresistibile per i consigli comunali. Si spiega così, ad esempio, il balzo del gettito nel 2012 dopo lo sblocco da parte della manovra salva-Italia. Ma non è finita qui: nei Comuni che hanno esaurito lo spazio di manovra sulle aliquote, resta la possibilità di eliminare o ridurre le eventuali esenzioni per i redditi bassi. L’ultima frontiera dei rincari.
Il Sole 24 Ore – 31 marzo 2014