Mangiare un panino al prosciutto non è più così grave come in passato. Infatti oggi insaccati e salumi sono meno grassi e salati di quanto non lo fossero in passato. Lo dice la seconda edizione della “Ricerca sui Salumi tutelati” che, già nel 2011, aveva rilevato sensibili miglioramenti nutrizionali di salame, prosciutti e così via. Promossa dall’Istituto Salumi Italiani Tutelati (ISIT) e realizzata dal Centro Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (CREA) e dalla Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari (SSICA), questa edizione dello studio si è focalizzata m particolare su sei nuovi salumi DOP: Coppa Piacentina, Pancetta Piacentina, Salame Piacentino, Salame Brianza. Salame di Varzi e Prosciutto Toscano.
LE FILIERE Diversi i fattori che influiscono sul miglioramento dei questi cibi e vanno dalle tecniche di allevamento, della trasformazione fino alla conservazione delle carni. «Purtroppo – spiega Federico Perna, biologo e nutrizionista alla Clinica Villalba di Bologna – negli allevamenti intensivi gli animali sono ingabbiati, impossibilitati a muoversi. Questo metodo di allevamento produce animali con carni degenerate e contaminate che sono pericolose, a lungo andare, per la salute di chi le mangia». Un caso rilevante di come le filiere stiano lavorando con attenzione nel percorso virtuoso verso una riduzione dei grassi nei prodotti è quello del Prosciutto Toscano DOP che da un contenuto di lipidi del 22,8% può passare all’8,8% se si allontana lo strato periferico di grasso. In generale i produttori non solo hanno ridotto il contenuto lipidico ma hanno ottimizzato la qualità compositiva dei salumi, in particolare nei prodotti cotti. Il contenuto in acidi grassi saturi si è ridotto fino a quasi il 40% e si è ottenuto un maggiore equilibrio tra contenuto in grassi saturi e insaturi. Questi ultimi sono passati dal 30% a oltre il 60% dei grassi totali (LARN).
PROPRIETÀ Inoltre i Salumi italiani tutelati possono fornire all’organismo una percentuale di acidi grassi necessari per il corretto funzionamento dell’organismo che, per un adulto sano con moderata attività fisica, corrisponde a una quota di lipidi pari al 25-30% del totale delle calorie consumate. «Il salume – continua Perna può raggiungere gli apporti di nutrienti adeguati, il particolare a cui dobbiamo porre attenzione è il contenuto di altri componenti». Infatti non bisogna dimenticare che l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), un organismo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha inserito le carni processate (come salumi, salsicce e wurstel) nella lista dei cancerogeni certi (il cosiddetto gruppo 1, che comprende anche l’amianto, l’alcol etilico e il fumo, le radiazioni ultraviolette e il Papilloma virus).
«Importante – prosegue lo specialista – è non creare allarmismi. I salumi possono essere presenti a tavola nelle quantità corrette, abbinati ai giusti contorni e non più di 2 volte la settimana». Quindi il piatto perfetto deve contenere non più di 120 grammi di salume e accompagnati da vegetali misti (contrastano l’attività infiammatoria dell’insaccato). Inoltre, durante la giornata in cui si consuma il salume, bisogna aumentare la quantità di acqua (scegliendo le tipologie con alto residuo fisso) arrivando a 2 litri. «Se proprio si vuole accompagnare il salume con dei carboidrati – conclude Perna – allora meglio scegliere patate o frutta».
Il Messaggero- 26 aprile 2017