Segnali di ripresa in Italia e nell’Eurozona: nel nostro Paese la disoccupazione è in calo all’11,3% (10,5% il dato dell’area euro). E crescono gli ordini all’industria tedesca
La disoccupazione è in calo: secondo gli ultimi dati Istat nel mese di novembre il tasso si è fermato all’11,3 per cento. E’ il livello minimo degli ultimi tre anni e va di pari passo con un aumento della occupazione (56,4 per cento, con 36 mila posti creati nell’ultimo mese e 206 mila nell’intero anno). Il governo canta vittoria: «É la dimostrazione che il Jobs Act funziona» twitta Renzi; l’opposizione fa notare che il merito della bella notizia va semmai agli sgravi contributivi varati dalla legge di Stabilità del 2015 (per tre anni fino ad un tetto di 8mila euro se si assume a tempo indeterminato).
Comunque ora in Italia ci sono 2 milioni 871 mila persone in cerca di lavoro, 479 mila in meno rispetto all’anno precedente (l’1,7 per cento). La disoccupazione scende anche fra i più giovani: a novembre si è fermata al 38,1 per cento (1,2 per cento in meno rispetto ad ottobre e meno 4,9 per cento sull’anno), tornando ai livello del maggio 2013. E si ferma anche la componente degli inattivi, composta da persone di età compresa fra i 15 e i 64 anni che non hanno un lavoro, ma nemmeno lo cercano. Il tasso è invariato (36,3 per cento), dopo la crescita misurata nei due mesi precedenti.
Certo, il paragone con il resto dell’Europa resta imbarazzante: la disoccupazione giovanile è al 22,5 per cento nell’Eurozona e al 20 nella Ue. L’Italia sta molto meglio di Grecia e Spagna (49,5 e 47,5 per cento), ma molto peggio della Germania (7 per cento). Siamo sopra la media anche per quanto riguarda il dato generale: 10,5 per cento nell’Eurozona – tornata ai livelli del 2011 – ma il calo italiano (in un anno la disoccupazione è passata dal 13,1 all’11,3 per cento) è più potente.
La sequenza di cifre positive fornite dalla statistica aggancia anche l’ occupazione: a novembre risultava al 56,4 per cento, in aumento di 0,1 su ottobre e di 0,7 su novembre 2014. Un balzo dovuto soprattutto ai contratti a tempo indeterminato, premiati dagli sgravi fiscali. Per il ministro del Lavoro Giuliano Poletti questo è un evidente «segnale di speranza e fiducia». Ma leggendo fra le pieghe dei numeri si vede che a beneficiare dei nuovi posti di lavoro sono più che altro gli over 50. Tra il 2005 e il 2015, dicono le serie storiche Istat, si vede che le persone occupate con meno di 35 anni sono diminuite di 2,3 milioni di unità, mentre quelle di oltre 50 anni sono aumentate di 2,4 milioni.
Colpa dell’invecchiamento della popolazione in generale, ma anche delle riforme previdenziali che tengono le persone al lavoro molto più a lungo costringendo le aziende, soprattutto in periodo di crisi, a bloccare il turn over.
Qualche perplessità sui dati dell’occupazione arriva anche dai sindacati: «Se si tiene conto che il governo ha destinato circa 2 miliardi nel 2015, ed oltre 3 nei prossimi anni, per incentivare il lavoro stabile – commenta Guglielmo Loy,segretario confederale Uil – se ne deduce che ogni posto fisso in più è costato ai cittadini oltre 25.000 euro. Ancora una volta si dimostra che è la ricchezza prodotta ad essere il vero motore dell’occupazione e senza di essa è velleitario combattere la piaga del non lavoro». Va detto che dall’Europa, proprio quanto a ricchezza da produrre, arriva una buona notizia: in Germania, paese-locomotiva, a novembre gli ordini all’industria sono aumentati dell’1,5 per cento. Ma aspettando un effetto traino l’Italia dovrà fare i conti con Bruxelles. Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, ha di nuovo frenato sulla richiesta italiana di poter sfruttare – anche quest’anno – la flessibilità sui conti prevista dalle nuove regole del Patto di stabilità. «L’Italia ha chiesto varie flessibilità, per le riforme strutturali, per gli investimenti, per i migranti – ha detto Dijsselbloem – Dipende dalla Commissione Ue. L’unica cosa che posso dire è: non spingiamo».
BOOM DEI CONTRATTI A TEMPO INDERMINATO IN VENETO, ASSESSORE DONAZZAN, “SEGNALE DI UN SISTEMA IMPRENDITORIALE IN SALUTE E IN RIPRESA”
“Avere messo le politiche del lavoro come priorità nelle scelte della nostra Regione, ed aver investito in strumenti per poter operare scelte opportune nei confronti delle imprese e dei lavoratori, ha permesso al Veneto di cogliere al meglio i cambiamenti normativi ed economici”. È quanto afferma l’assessore regionale al Lavoro, Elena Donazzan, commentando il monitoraggio di Veneto Lavoro sui contratti di lavoro a tempo indeterminato nell’anno 2015.
Le rilevazioni di Veneto Lavoro, aggiornate al 31 dicembre, indicano che nel 2015 in Veneto i contratti a tempo indeterminato sono quasi raddoppiati rispetto all’anno precedente. Le assunzioni sono state complessivamente oltre 145.000 contro le 80.600 del 2014 (+81%), cui si aggiungono 61.000 trasformazioni (+62%). A fine anno si è così determinato un saldo positivo di quasi 56.000 posti di lavoro a tempo indeterminato in più.
Una netta accelerazione si è verificata in particolare nel mese di dicembre, con 23.766 assunzioni e 16.685 trasformazioni. Nello stesso periodo del 2014 (3.508 assunzioni e 2.393 trasformazioni). Il dato è certamente influenzato dalla scelta delle imprese di anticipare assunzioni e trasformazioni per poter usufruire degli incentivi previsti per il 2015, che la Legge di stabilità 2016 ha ridotto sia per durata (da tre a due anni) che per entità (da 8.060 euro a 3.250 euro l’anno).
“Ho chiesto a Veneto Lavoro – fa sapere Donazzan – di avviare nei prossimi mesi anche un approfondimento sull’impatto economico degli incentivi alle assunzioni, al fine di monitorare l’equilibrio tra politiche attive e politiche passive del lavoro. In effetti – prosegue Donazzan – le scelte che in questi anni da assessore al Lavoro ho operato sono state supportate da un’analisi estremamente puntuale dei fenomeni economici grazie alla professionalità di Veneto Lavoro”.
“La crescita dei contratti a tempo indeterminato – sottolinea l’assessore regionale – è il sintomo di un sistema imprenditoriale veneto sano e in ripresa, come confermano i dati su pil ed export in Veneto, migliori rispetto alla media italiana”.
L’ultima “Bussola” di Veneto Lavoro segnala, infatti, l’aumento dell’1% del prodotto interno lordo in Veneto (contro +0,7% dell’Italia) con una previsione di +1,3% per il 2016, mentre per l’export veneto la previsione di crescita è del +7%.
Il clamoroso aumento dei contratti a tempo indeterminato ha comportato una flessione di quasi tutti gli altri rapporti di lavoro, in particolare apprendistato, lavoro intermittente, in parte sostituito dai “voucher”, e collaborazioni (quelle a progetto non si possono più stipulare da giugno 2015), mentre – evidenzia Veneto Lavoro – rimane sostanzialmente stabile il ricorso al tempo determinato. In controtendenza i tirocini, anche grazie al programma Garanzia Giovani, del quale sono una delle misure previste: in tutto il 2015 ne sono stati attivati oltre 34.000, con un aumento del 13% rispetto al 2014.
8 gennaio 2016