Repubblica. Forse è colpa di quella parola usata dal Cts e diffusa dal ministero a tutte le Regioni mercoledì scorso: «Raccomandabile ». Cioè, qualcosa non certo obbligatoria ma neanche raccomandata. O forse si tratta ancora una volta dell’impossibilità del sistema sanitario italiano di muoversi tutto allo stesso modo. Qualunque sia la causa, le Regioni italiane stanno affrontando in modo assai variegato la proposta di spostamento del richiamo dei vaccini a Rna messaggero a 42 giorni dalla prima dose. Chi vive nel Lazio, ad esempio, deve attendere ancora 21 o 28 giorni, a seconda che si tratti di Pfizer o di Moderna. Chi sta in Emilia o in Puglia viene convocato anche dopo 35. Poi c’è la questione dei già prenotati. Qualcuno sposta anche i loro appuntamenti, qualcuno no. Insomma, è difficile trovare due Regioni che abbiano dettato le stesse regole.
La modifica del richiamo, ha spiegato il Cts, è perfettamente plausibile dal punto di vista scientifico, perché «non inficia l’efficacia della risposta immunitaria». La prima dose protegge già dalle forme gravi della malattia nell’80% dei casi. Il parere è arrivato dopo le pressioni della struttura commissariale guidata dal generale Francesco Paolo Figliuolo. Allungare i tempi del richiamo permette, infatti, di avere più vaccini a disposizione e, quindi, di allargare la platea delle persone coperte dalla prima dose. Si tratta di una scelta simile a quella dell’Inghilterra, ma presa in ritardo. In effetti, del cambiamento si parla da oltre un mese.
Il Lazio è la Regione che ha del tutto disatteso il cambiamento «raccomandabile ». Il perché lo spiega l’assessore alla Salute, Alessio D’Amato: «Stiamo ancora vaccinando fasce di popolazione fragile. Alcune società scientifiche, come quelle degli oncologi e dei cardiologi, ci hanno chiesto di non ritardare i richiami. Così, per ora, resta tutto com’era». Un altro timore riguarda le date della seconda dose. Spostarle in avanti vorrebbe dire fissare appuntamenti ad agosto, cosa che potrebbe spingere alcune persone a non presentarsi. «Se i vaccini arrivano, tra l’altro, non è così importante avere subito più prime dosi», dice D’Amato.
L’Emilia-Romagna ha deciso per una soluzione intermedia. Il richiamo va a 35 giorni per tutti coloro che faranno la prima dose da oggi. A chi tra queste persone aveva già una prenotazione a 21 o 28 giorni per il richiamo, verrà dato il nuovo appuntamento al momento della prima somministrazione. Anche la Puglia ha tempi diversi. Per tutti coloro che hanno la prenotazione della seconda dose dal 17 maggio in poi (346 mila persone), il richiamo sarà posticipato a 35-42 giorni. Gli appuntamenti vengono modificati con recall automatici (sms e telefonate), o tramite sportelli Cup, farmacie e medici di famiglia. Ha parlato di richiamo a 35-42 giorni anche l’assessora al Welfare della Lombardia, Letizia Moratti. Stesso termine per il Veneto. La Asl di Napoli, invece, ipotizza il richiamo dopo 40 giorni. La gran parte delle altre Regioni si adatterà ai 42 giorni che saranno già indicati nelle nuove prenotazioni.
Per chi aveva già fissato ci si muove invece in vari modi. La Lombardia lascia tutto com’era, così come la Sicilia e il Veneto, dove le prenotazioni prese fino a venerdì scorso seguiranno il regime dei 21-28 giorni (e quelle successive il nuovo termine). La Toscana aspetta che circa 170mila persone si presentino nei prossimi giorni per la prima dose, quando gli verrà comunicata la nuova data per il richiamo. Si muove più o meno allo stesso modo anche il Piemonte. La Campania invia sms per riprogrammare, ma solo nelle Asl che hanno attivato quel sistema per comunicare con i pazienti. La Sardegna, intanto, vorrebbe adeguarsi, ma sostiene che il sito delle Poste, al quale si appoggia per le prenotazioni, è ancora impostato sui 21 o 28 giorni. Si attende l’aggiornamento. La Provincia di Trento, invece, ha allungato i tempi già oltre un mese fa, forte della sua autonomia, e ha chiesto al ministero di procedere con il cambiamento.