Corriere del Veneto. Quanto è costata fin qui la pandemia al Veneto? Il nuovo direttore generale di Azienda Zero, Roberto Toniolo, ha quantificato in 650 milioni i fondi spesi nei dieci mesi di emergenza sanitaria in regione da Azienda Zero e 1,5 miliardi per gare di forniture Covid per conto delle Ulss. Dalle mascherine inizialmente introvabili ai respiratori, dai milioni di tamponi per testare la positività del virus alle tute protettive delle Usca. «Altrettanti sono stati previsti per quest’anno – ha spiegato Toniolo – e se dovessero servirne di più c’è un altro capitolo di bilancio pari a 520 milioni e dedicato a progetti in fase di attuazione, progetti extra Covid, da cui eventualmente attingere». Il dg, fresco di nomina, ieri ha raccontato l’anno in prima linea di Azienda Zero che ha un budget totale di 1,5 miliardi. E per la gestione si sono spesi 270 milioni.
La pandemia ha due facce distinte, equamente impattanti e ovviamente intrecciate: oltre agli strumenti per combattere il virus, c’è il nodo del personale. Una coperta già corta che l’emergenza ha fatto rimpicciolire ancora. La scorsa settimana si è riunita la Crite, la commissione regionale, organo a supporto delle decisioni di Palazzo Balbi per le scelte in materia di sanità. È la sede in cui ogni azienda sanitaria stila la lista dei propri desiderata. «E in quella sede si è presentato il fabbisogno del personale, – spiega Toniolo – se le graduatorie ancora vigenti lo consentiranno si partirà con le assunzioni di circa 6.000 persone, 2.213 sono gli idonei per le dirigenze mediche e sanitarie e 4.170 per il resto del comparto, infermieri in primis. Altrimenti si partirà con nuovi concorsi o avvisi per incarichi a tempo determinato. Confido che entro la primavera tutte le persone selezionate nei concorsi fatti a inizio 2020, inizio 2021, entreranno al lavoro. Parte di queste persone sono a copertura del turn over, parte sono rinforzi veri e propri».
Manca però ancora un sì formale proprio della Crite, sottolinea Mauro Bonin della Regione e, di questi tempi, non è scontato perché la situazione è quanto mai complessa e fluida. «Normalmente le aziende sanitarie aggiornano ogni tre mesi i loro fabbisogni di personale o per sostituire chi va in quiescienza o per potenziare altri servizi come si è fatto nel 2020 per il Covid dalle semi intensive, intensive, servizi territoriali e Usca, per fare qualche esempio. In questo periodo di criticità le aziende vengono accompagnate tutte nelle assunzioni motivate dal Covid. Ma non è automatico. Per i profili che stiamo cercando non c’è offerta, penso agli anestesisti ma anche agli infermieri e dobbiamo prestare molta attenzione ad autorizzare assunzioni di personale che, ad esempio per gli infermieri, lavora già nelle Rsa. Si deve procedere con gradualità e con molta attenzione, caso per caso».
La coperta, si diceva, è cortissima. Fra i 4.000 idonei del comparto ci sono sì tecnici di laboratorio ma soprattutto infermieri che stanno lasciando a frotte le Rsa. Ecco perché non sarà automatico assumerli tutti e subito. «Il fabbisogno di personale va gestito giorno per giorno, non si può fare altrimenti» spiega Bonin. Tanto che per garantire più flessibilità alle Ulss, in regime di emergenza, si è concessa la possibilità alle aziende sanitarie di assumere direttamente con contratti a tempo determinato per coprire il turn over. Le assunzioni di forze nuove, invece, dovranno avere comunque l’ok della Crite. Nel corso dell’ultima riunione è emersa anche la forte domanda di potenziamento sui servizi di assistenza psicologica e sulla salute mentale proprio in relazione alla pandemia e la Regione è orientata a concederli. Il rompicapo del personale che ruota intorno alla Sanità resta complicato e i sindacati premono per aprire nuovi tavoli di confronto. «Gli annunci di Toniolo – spiega Sonia Tedesco, Fp Cgil – confermano che le richieste che avanzavamo fin da settembre non erano strumentali ma legate alle necessità di far fronte al turn over e di garantire le risorse necessarie a gestire la pandemia».