Nell’estate del 1945 Folco Quilici aveva 14 anni. Se la ricorda ancora. «Ero in Liguria, ospite di uno zio, l’acqua del mare limpida e alta, non come quella bassa dell’Adriatico che detestavo». Costruì un ingegnoso apparecchio per fotografare il fondo marino. Così nacque l’amore che avrebbe segnato tutta la sua vita (ha 85 anni), in gran parte trascorsa a girare film e scrivere libri sul mare.
In Liguria i primi scatti giovanili di paesaggi marini. Nel 1963 un film che aveva per protagonista uno squalo. Quando Quilici si recò in Polinesia per girarlo (scritto assieme a Italo Calvino) scoprì che nell’isola di Manihi i bambini con gli squali ci giocavano. «I genitori volevano che i loro figli non avessero paura, perché un giorno sarebbero diventati pescatori. Così mettevano gli squali, non più lunghi di due metri, nelle vasche e i piccoli gli portavano da mangiare». Fino a non molto tempo fa anche nelle acque egiziane e sudanesi i bambini giocavano con piccoli squali. «Ora non ci sono più. Spariti. Il Mediterraneo è diventato inavvicinabile a causa delle guerre e dell’immigrazione».
Nell’immaginario collettivo lo squalo è il cattivo mentre il delfino è il buono. Quilici, come tutti quelli che conoscono molto bene quel mondo, dice che nel mare non vivono animali buoni o cattivi, amici o meno dell’uomo. Un delfino e una balena non sono paragonabili al cane o al gatto. «La balena, per esempio, se ne sta per i fatti suoi. Anche lo squalo tende a non attaccare».
Il delfino però gode di maggiore protezione da parte dell’uomo. Forse perché «gioca» con bambini e adulti. Quando una trentina di anni fa cominciarono le grandi battute di pesca del tonno, molti delfini rimanevano impigliati nelle reti. «Questo perché non hanno il coraggio di saltare anche se sarebbe facile». Negli anni novanta Quilici fu in prima linea nelle battaglie contro le multinazionali del tonno in scatola. Per evitare il boicottaggio le aziende corsero ai ripari: «Ingaggiarono esperti sub che intervenivano e aiutavano il delfino a uscire dalla rete».
Al confronto lo squalo gode di pochissima attenzione. Non è un animale protetto. «È vero, ha una pessima fama e se va avanti così è destinato a scomparire dai mari. Per mangiare le sue pinne è in atto una vera e propria strage. Ma importa a pochi».
Nel 2012 lo scrittore-regista ha pubblicato due libri proprio per spiegare il mare e gli oceani ai giovanissimi. «I ragazzi sono molto interessati. La casa editrice mi fece notare che ogni qualvolta si andava nelle scuole si finiva sempre sull’argomento mare e storie di mare». Le domande ricorrenti? «Vogliono sapere se l’uomo fa abbastanza per la salvaguardia dell’ambiente marino. E se ho avuto paura di squali e balene».
Quilici risponde sempre alla stessa maniera. Il mare non è amico, bisogna temerlo. «E occorre rispettare alcune semplici regole. Per esempio, mai andare da soli. Il solitario non è amato dalle acque. Ed è condannato. Quando meno te l’aspetti può sopraggiungere la paralisi da respirazione. Io ho sempre navigato con almeno due persone al mio fianco».
I nipotini di Quilici giocano sulla spiaggia e cercano granchi e meduse. Il mare per loro è gioco e vacanza, dice. Per lui era (ed è) lavoro, curiosità. E testimonianza. Alla fine, confessa, le differenze tra i tanti mari la fanno le temperature: «Acque calde e fredde. Dove c’è calore vivono più specie, c’è maggiore vita». Vicino, lui preferisce le coste del nord della Sardegna dove il mare è ancora cristallino e transitano molte specie di pesci, pure le balene. Oltre, le acque della Polinesia. «Che per un europeo è più lontana di qualunque altro mondo, ma ne vale davvero la pena. Ottantacinque isole e solo due o tre aggredite dai turisti».
Agostino Gramigna – Il Corriere della Sera – 23 giugno 2015