Davide Orsato. Per molti operai, concluso lo sciopero, è stato il primo giorno lavorativo dopo la presentazione dell’istanza di fallimento. Ma, fuori dalle mura della Miteni, si prende la scena l’ennesima polemica tra la ditta chimica, al centro del caso Pfas e Pfoa, e la Provincia di Vicenza. Palazzo Nievo, ieri mattina, ha fatto sapere alla società di aver approvato il piano dei lavori presentato dalla stessa Miteni. Il che significa, che l’azienda avrà più tempo per alcune delle operazioni da effettuare, tra cui gli interventi alle canaline e ai pozzetti di scarico, oggetto di una diffida che ha portato al blocco degli impianti.
«Troppo tardi» è il commento che arriva da ambienti vicini alla dirigenza della Miteni. Come a dire: era un provvedimento che poteva servire, ma ormai non c’è più niente da fare. Una versione che però viene contestata dal delegato all’Ambiente della Provincia, il sindaco di Chiampo, Matteo Macilotti, il quale conferma che la comunicazione è avvenuta effettivamente ieri. «Ridicolo – afferma – il piano ci è stato presentato appena una settimana fa, come si potevano avere tempi più rapidi. E poi, messa così sembra che abbiamo cambiato idea. Invece non cambia niente, anche se è stato approvato il piano, finché non verranno eseguiti i lavori, le linee dovranno rimanere chiuse».
Altro braccio di ferro è quello tra la Miteni e i sindacati. Ieri, la Cgil Filctem è tornata a chiedere l’intervento delle istituzioni, magistratura inclusa. «Siamo davanti all’ennesima fuga – afferma il segretario provinciale Giuliano Ezzelini Storti – magistratura e Confindustria, colpevoli di un silenzio assordante, si mobilitino in difesa dei lavoratori e dei cittadini ». Secondo Ezzelini Storti, Miteni «si sta prendendo gioco di tutti, con dichiarazioni ottimistiche, quando era chiaro l’obiettivo di non pagare nulla e di poter uscire alla “italiana” maniera». Per la Cgil, la soluzione passa per l’istituzione di un tavolo di crisi. «Da lì – conclude il segretario – dovranno arrivare le risposte sia dal punto di vista economico occupazionale, sia sanitario. Confindustria torni a mediare, i magistrati siano determinati nel colpire, anche nei loro beni, i colpevoli: il territorio va risanato».
Dalla Miteni non è mai arrivato un commento ufficiale, ma da Trissino si fa sapere che l’azienda (definizione che esclude Icig, il fondo di investimento tedesco che ne è proprietario) non ha i soldi per applicare il piano di bonifica, ma semplicemente per predisporlo. In una nota, la ditta risponde a molte delle accuse girate in questi giorni. Soprattutto per quanto riguarda, per l’appunto, gli investimenti fatti da Icig. «Gli investimenti dal 2009 sono stati superiori a 15 milioni di euro – vi si legge – e sono stati pagati ai lavoratori stipendi per circa 90 milioni di euro e altri 20 milioni per le ditte esterne che hanno svolto lavori in azienda. Diversi milioni sono poi stati pagati agli enti locali in tasse e per le verifiche richieste. Viceversa, la società non ci ha guadagnato: non sono mai stati percepiti dividendi da Miteni fin dall’acquisizione del 2009».
La Miteni ha cominciato a far notizia nel 2013, quando è stata individuata come fonte dei Pfas rinvenuti nell’acqua di una vasta area che comprende le provincie di Vicenza, Verona e Padova. La sostanza chimica era utilizzata nella produzione di materiale impermeabilizzante per l’industria dell’abbigliamento. Da luglio si è aperto un nuovo caso, riguardante i depositi di GenX, che ha portato a nuove proteste e a nuove bonifiche.
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