di Carlo Mochi Sismondi*. Di tutte le riforme della Pa che si sono succedute quella che è disegnata dalla «legge Madia», arrivata in questi giorni alla Camera dopo un lungo iter al Senato, è quella che ha più probabilità di incidere sui numeri delle amministrazioni pubbliche, non solo perché è forse la più impegnativa in termini di decreti legislativi delegati (almeno 13) che partorirà, ma anche perché essi andranno a toccare alcune aree che per ora erano sfuggite a precedenti tentativi di razionalizzazione.
Ancora non sappiamo se il passaggio alla Camera stravolgerà la legge che, tutto sommato, è passata quasi indenne al Senato, né sappiamo se i decreti successivi manterranno il rigore che la legge ha impostato. Quel che sappiamo però di certo è che non saremo mai in grado di valutarne l’impatto se non scattiamo una foto precisa dello stato attuale, del “tempo zero” prima che la riforma parta e cominci a produrre effetti. Questo è il compito che si è assunto Forum Pa: è un work in progress che ci accompagnerà nei prossimi mesi, ma che vede una sua prima definizione per l’apertura della 26a edizione del Forum Pa, centrato proprio sulla riforma e che si svolgerà a Roma dal 26 al 28 maggio. L’obiettivo è definire i numeri di partenza perché possiamo poi verificare i cambiamenti.
Cominciamo con i numeri da tenere sotto controllo partendo dai grandi obiettivi che ha la legge di riforma. Su ciascuno di questi vedremo quali saranno stati i concreti miglioramenti.
Più trasparenza: l’Italia è 18a su 24 Paesi dell’area Eu+ Nord America come indice di Open goverment e 25 su 28 Paesi nell’indice di Trasparency che misura la resistenza alla corruzione.
Una Pa più snella: la giungla degli uffici distaccati delle amministrazioni centrali conta su 241.238 impiegati distaccati in 62mila unità operative, di cui quasi 5mila dei ministeri.
Mondo camerale più razionale: ad oggi abbiamo 103 camere di commercio che possiedono 691 società partecipate e oltre 4.000 cariche tra Presidenti, consiglieri, revisori, ecc.;
Una dirigenza unica: nella Pa italiana ci sono 65.666 dirigenti con 8 contratti diversi. La distribuzione è molto squilibrata e si va da un dirigente ogni 7,2 dipendenti nella Presidenza del Consiglio, a un rapporto di uno a 135 nella scuola. Sono molto squilibrati anche i compensi che per la prima fascia vanno da un massimo nelle agenzie fiscali di 221.775 euro a un minimo negli enti di ricerca di 151.176 euro lordi complessivi. I dirigenti apicali italiani guadagnano 12,6 volte il reddito medio pro capite, mentre in Francia il rapporto è 6,44; in Gb 8,48; in Germania 4,97. Ancora oggi la retribuzione di risultato viene data a pioggia e a tutti la stessa: ad es. e centinaia di dirigenti di II fascia del Mef prendono tutti 6.879,34 euro. Tutti e tutti uguali in barba alla legge che lo vieta esplicitamente;
Ordine negli Enti di ricerca pubblici: negli Enti di ricerca lavorano 17.526 unità di cui solo il 49,7% sono ricercatori. Questa percentuale è più alta nel Cnr (60,7%), mentre scende al 33% per esempio nell’Isfol. A fronte di meno di 18.000 dipendenti stabili vi sono negli enti circa 13.000 precari e assegnisti di ricerca;
Maggiore mobilità: ad oggi la mobilità tra comparti o tra pubblico e privato è praticamente nulla, meno dell’un per mille; i concorsi sono fermi o comunque con cadenza casuale e l’Italia è il Paese al mondo con il maggior numero di impiegati pubblici ultracinquantenni e un’età media (extra polizie e militari) di 52 anni;
Meno sprechi nelle partecipate: si contano 39.800 mila partecipazioni e 7.564 società partecipate. A questa moltitudine di aziende partecipate corrisponde un esercito di cariche: solo quelle partecipate dai Comuni fanno registrare un numero complessivo di 15.868 amministratori. A questi si aggiungono 11.617 soggetti negli organi di controllo e 2.700 individui che ricoprono cariche di altra natura (direttori, procuratori, ecc.). È facilmente stimabile che in totale abbiamo circa un esercito di circa 55mila incarichi per le aziende partecipate.
Di questi temi discuteremo assieme nel corso del prossimo ForumPa: operatori del settore, istituzioni, imprese e cittadini. Perché la riforma, come dice il nostro hastag, #si può fare se, con il «se» a sottolineare che, per raggiungere la meta del cambiamento, sono necessari azioni comuni e tanta determinazione.
*Presidente Forum Pa – Il Sole 24 Ore – 25 maggio 2015