di Roberto Turno. Da Enrico Letta a Enrico Letta, da Beatrice Lorenzin a Beatrice Lorenzin. Se i fattori non cambiano, non cambiano i risultati, dice la matematica. Ma in politica è sempre così? Nell’era del Governo Letta (forse) deberlusconizzato, con i ministri transfughi che hanno (quasi) messo all’angolo il Cavaliere e i suoi falchetti, cosa accadrà? E poi, e ancora: potrà esserci una salute d’Italia deberlusconizzata – sempreché sia esistita ed esista una categoria del genere – all’epoca del gabinetto Letta di nuovo vestito? Benvenuti nell’epoca del (quasi) post Cav. Perché le sfide che si aprono per le sorti del Governo, traguardo almeno al 2015, solo per quanto riguarda le “cose sanitarie”, restano innumerevoli. Le stesse di prima, di appena una settimana fa, anche se oggi sembrano altre ere geologiche.
Riepiloghiamo: Patto, Lea, riparto federalista, ticket, cure h24, ospedali, responsabilità professionale, farmaci, contratti. E chi più ne ha, più ne metta. Storie antiche, ornai, eppure mai chiuse. Anzi. Prima con Monti e Balduzzi. Poi affidate a Letta e Lorenzin, che ora sono chiamati a rilanciarle. Per portarle a compimento, chissà. Con lor signori governatori che stanno sulla più classica sponda del fiume: «Prima vediamo le risorse finanziarie, poi nel caso trattiamo davvero». Partita apertissima, a cominciare dai 2 miliardi di ticket (chi e come li “metterà” davvero). Insomma, tutto da vedere e da portare a termine, con quel traguardo di Natale che resta una scommessa tutta da vincere. E qui entrano in gioco più fattori.
II primo: la ministra Lorenzin, che resta al timone dopo essere stata tra i promotori della fronda anti Cav. Che per carità, non rinnega Anche se i falchi non le piacciono. E forse neppure le piace anche più d’un aspetto delle politiche da mettere in opera proposte dai rapaci ex amici, anche in fatto di Sanità. Voce, la salute nostra, su cui per la verità il Pdl-F1 non è che abbia mai brillato di particolare luce propria, tra fughe privatizzateci tout court e prebende assi-stenzialistiche a largo spettro. Si deve pur campare, portare voti… Vecchia storia, valida per tanti. Si tratta però a questo punto di vedere quanto un Brunetta, per dire, oltre a strillare “al lupo” potrà ancora mettere un piedino nelle scelte del Governo. E quanto le politiche avvolgenti e morbide di Letta l’avranno vinta. Anche perché – la nota al Def la dice lunga – che tutto possa restare come prima, sembra molto difficile. In questo la ministra non è affatto troppo distante da Letta e da quella fetta di Pd più riformista, a dirla così. Dunque: quanto Lorenzin e tutti i deberlusconizzati (o quasi) faranno sponda con Letta e il Pd? E con Monti? Questo forse potremmo presto capire. E poi, secondo aspetto. Come si comporteranno le Regioni? Quanta “massa” sapranno fare? Vale ricordare che la fetta del centrodestra s’è ancora ridotta in sede locale. Fosse solo perché in fondo il governatore campano Stefano Caldoro è in animo un deberlusconizzato. E se i deberlusconizzati crescessero nel triangolo a guida leghista, magari in Sardegna e in Calabria, ecco che la geografia politica delle Regioni cambierebbe di parecchio. E allora staccare gli assegni sarebbe più possibile. A Saccomanni piacendo. E Ue permettendo.
PATTO PER LA SALUTE E’ «l’accordo finanziario» tra Stato e Regioni, come Io definisce l’aggiornamento al Def. E servono per questo rapide «soluzioni condivise» per renderlo subito operativo come «strumento essenziale per migliorare la qualità dei servizi e l’appropriatezza delle prestazioni». E i tempi sulla definizione del nuovo Patto stringono: dopo gli incontri di settembre (fino al 20) dei tavoli tecnici, governatori e assessori hanno fatto il punto politico sul Patto per trovare strategie comuni in vista di un vertice col Governo, molto probabilmente in Stato-Regioni, a ridosso della presentazione della legge di stabilità 2014, in cui si dovranno definire le risorse tra cui h copertura per i 2 miliardi di ticket che altrimenti sarebbero scattati dal 2014. Proprio su questo i governatori hanno lanciato un appello: prima di sedersi al tavolo vogliono garanzie di copertura per le risorse e sui principali punti sanitari: farmaceutica, innovazione e piani di rientro.
LEA I livelli essenziali di assistenza sono una pratica aperta dal primo tentativo di aggiornamento del Dpcm del 2001 – ancora in vigore anche se modificato in molte parti – predisposto da Governo e Regioni nel 2008, ma rimasto incagliato nei rassetti dell’Economia. Un ulteriore aggiornamento è stato messo a punto nel 2012 dall’allora ministro Renato Balduzzi che ha elaborato una proposta concentrata soprattutto su malattie rare e cronicità. Ma anche questa versione è rimasta ferma all’Economia per le valutazioni finanziarie, senza le quali le Regioni hanno ribadito la loro impossibilità di esprimersi. I Lea poi sono al centro di un’ulteriore discussione: quella sull’universalità “mitigata” ipotizzata dall’aggiornamento al Def. Contro una loro revisione al ribasso, infatti (riduzione delle prestazioni a carico del Ssn) hanno già alzato le barricate sindacati, forze sociali e anche molte Regioni.
TICKET La patata bollente dei ticket e delle esenzioni è in cima alla lista degli impegni del ministro Lorenzin: «Metà degli assistiti non paga i ticket e consuma 1’80% delle prestazioni: ci sono aree del Paese in cui gli esenti per reddito Irpef arrivano al 70%, mentre chi paga, paga troppo. Il sistema deve cambiare», ha dichiarato più volte. Come più volte ha confermato che i cittadini non pagheranno i 2 miliardi in più di copayment eredità della legge Tremonti, che sarebbero dovuti scattare dal 2014. I soldi bisognerà trovarli nelle tasche della Legge di stabilità. Il nuovo meccanismo delle esenzioni invece dovrà essere studiato a tavolino con le Regioni e l’Economia, probabilmente al lume del nuovo Isee. Obiettivo della Lorenzin: «Un cambiamento semplice e lineare, tenendo conto dei carichi familiari oltre che della ricchezza effettiva».
RIPARTO la partita più complessa da risolvere tra Stato e Regioni. Anche perché fino a oggi le assegnazioni alle Regioni sono state fatte in base alle somme 2012 e fanno sta per finire. Il riparto 2013 è il primo dell’era federalista e deve essere predisposto col criterio dele Regioni benchmark e dei costi e fabbisogni standard. Dopo h scelta a ridosso dell’estate delle cinque Regioni tra cui scegliere le tre di riferimento (Lombarde, Veneto, Emilia Romagna, Umbria e Marche), la scelta sembrava orientata su Umbria, Emilia Romagna e una tra Lombardia e Veneto, ma il confronto che si è aperto tra le due Regioni Ieghiste ha fatto rinviare il tutto a dopo restate Ancora tuttavia non c’è nulla d deciso, anche perché per evitare spaccature tra le Regioni, i conti andranno rifatti. Considerando che h base alla scelta si “sposteranno” risorse soprattutto dal Nord al Sud e viceversa, con le Regioni meridioni già pronte a riaprire la battaglia sugli indici di deprivazione.
Il Sole 24 ore sanità – 8 ottobre 2013