di Paolo Del Bufalo e Barbara Gobbi. Scarsa attenzione nel dibattito pre-elettorale sulle tematiche cruciali per il settore. Intramontabile la sirena dell’universalità. Tagli e federalismo banco di prova. E’ la voce di spesa più massacrata delle manovre degli ultimi 5-10 anni. È il capitolo d’intervento più stressante per i governi di tutte le taglie, dal centrale ai locali. È la madre di tutte le spese, la Sanità che (ancora, non si sa per quanto) molti ci invidiano e pochi (quasi nessuno) promettono di poterci mantenere per il futuro. Argomento spinoso, la Sanità. In due mesi pieni di campagna elettorale se ne è parlato poco o pochissimo. Meno ancora se ne è scritto. Nei programmi faticosamente messi assieme da coalizioni e schieramenti spesso il tema viene liquidato in poche righe.
Nel menu di partiti e raggruppamenti, il principale elemento unificante è la difesa dell’universalità del Ssn, ma declinata in tutte le sue possibili sfumature. Il Pd – con Sel e Psi – si schiera sui princìpi attuali del Ssn dichiarando guerra a sprechi e inefficienze, con un deciso stop ai tagli e, anzi, il rilancio degli investimenti.
Il Pdl punta tutto sulla sussidiarietà e sulla par condicio tra pubblico e privato, rilanciando alla potestà regionale il grosso delle grane organizzative. La Lega usa i costi standard come viatico e scommette – come sempre – su quel federalismo da cui il programma della coalizione Monti, almeno in campo sanitario, sta ben attenta a prendere le distanze. Universalismo in pole position anche per Scelta civica (con Udc e Fli), che frena sulla potestà delle Regioni, rilancia il ruolo centrale per la tutela della salute, e chiede regole chiare per il rapporto pubblico-privato.
Devolution e ruolo del privato nel mirino del Movimento 5 stelle, che rivendica la gratuità per le prestazioni essenziali e i ticket proporzionali a reddito per gli extra-Lea. Operazione che piacerebbe anche al Pd, conscio della delicatezza del problema e orientato a maneggiare con cura le ricadute esplosive della spending review.
Spending che in un modo o nell’altro si rivela come il secondo elemento unificante dello scamo pensatoio della Sanità prossima ventura: tutti (genericamente) contro i tagli. Monti non li cita. Anzi rilancia. Dice che per la Sanità ci saranno più soldi. Che ci dovremmo allineare alla media Ocse. Media che – va detto – comprende anche la spesa privata. Voce che – di sottofondo – tutti i protagonisti hanno ben presente. Anche Monti, che invita tutti a fare la propria parte, anche i cittadini cui vengono riproposti il moloch dei fondi integrativi e la necessità di condividere l’onere del finanziamento dei pubblici servizi. La questione, del resto, compare con delicatezza anche in coda al capi-toletto sul Welfare stilato dal Pdl, che glissa però sulle ricadute operative della questione. Affettiva e iper-universalista la versione Ingroia: Rivoluzione civile punta sulla non autosufficienza, su maggiori prestazioni gratuite per gli anziani (anche alcuni farmaci di fascia C) e sull’eliminazione di tutto ciò che ha favorito la Sanità privata. Toni diversi, poche soluzioni. Del resto, si sa, stavolta più che programmi ai cittadini sono stati somministrati manifesti sui valori. Di pratica poco o nulla. Forse per questo, ancora una volta, una promessa accomuna tutte le coalizioni: fuori la politica dalle nomine dei manager. Che questa possa essere la volta buona.
Fare per fermare il declino – Misurare esiti e costi degli interventi sanitari
Il Sole 24 Ore Sanità – 19 febbraio 2013