Michele Bocci. Macchine sottoutilizzate, medici che prescrivono troppo, classi di priorità non rispettate, centri di prenotazione che non ci sono o funzionano male: le liste di attesa nascono da un insieme di problemi che possono essere affrontati e risolti quasi tutti all’interno dello stesso sistema sanitario. Così che i cittadini non si sentano più proporre attese lunghe, anche di 500 giorni, e alla fine decidano di rivolgersi al privato.
MACCHINARI, DEVONO LAVORARE DI PIÙ
L’Italia è uno dei Paesi con più macchinari diagnostici. Sulle risonanze in pochi ci battono in Europa. Ne abbiamo 1.220 e fanno in tutto circa 5 milioni di esami l’anno, cioè 4.100 per macchina. Si tratta ovviamente di un dato statistico, che tiene dentro le macchine accese 14 ore al giorno e quelle 4. ma qualcosa di interessante riesce a raccontarlo. I radiologi, infatti, stimano che una sola apparecchiatura possa fare pure 6.500 esami ogni 12 mesi. Anche stando più bassi, fissando cioè un obiettivo di 5.500 esami, si ottiene che nel nostro Paese le risonanze lavorano al 75% delle loro possibilità, se non meno. Per le Tac la situazione è simile, la media di ogni macchina sta sui 6mila esami all’anno contro un potenziale di 7-8mila. «Utilizzare le apparecchiature di più può ovviamente aiutare a ridurre le attese», spiega il radiologo Franco Vimercati, presidente della federazione delle società scientifiche italiane: «Ovvio che però ci vuole il personale».
Secondo Marco Campione di Assobiomedica «in Italia ci sono troppe macchine ma troppo poco utilizzate e vecchie — I mammografi qui hanno in media 13 anni di età, e la metà di quelli usati negli screening ha più di 20 anni. E le Tac, dopo le 5 di pomeriggio, sono ferme quasi ovunque. Abbiamo attrezzature il 30% più vecchie di quelle dei grandi Paesi europei, da 10 anni non si investe più». Secondo Corrado Bibbolino del sindacato dei radiologi «le macchine non devono aumentare ma essere mantenute nuove. Se ci sono inefficienze vanno corrette ma non serve una iper produttività». Il Veneto ha però scelto aprire le radiologie per due sere alla settimana e nel weekend, esperimento confermato quest’anno che sarebbe servito a ridurre le attese.
STRAORDINARI E ASSUNZIONI
L’Emilia Romagna ha usato 10 milioni di euro per assumere 150 persone e le cose sono molto migliorate. La strada per l’abbattimento delle attese passa anche dal rinforzo del sistema. «Basterebbe anche — dice Costantino Troise del sindacato dei medici ospedalieri Anaao — sfruttare quanto previsto dall’ultimo contratto, cioè di pagare 60 euro l’ora lo straordinario dei medici. Se coinvolgiamo 120mila dipendenti per un’ora alla settimana avremmo 6 milioni di ore l’anno per ridurre le attese». Il periodo però è di vacche magre. «Lo sappiamo, in 5 anni il sistema sanitario ha perso 5mila medici — dice Massimo Cozza della Cgil — E invece bisognerebbe assumere, sia per fare le visite specialistiche che per mandare avanti i macchinari. Molto spesso lavorano poco perché non c’è chi li fa funzionare».
PRIORITÀ E CENTRI PRENOTAZIONE
Da tempo il ministero ha introdotto codici di priorità da inserire nelle ricette (72 ore, 10 giorni, 30/60 giorni, nessuna scadenza). Ancora molte regioni non riescono a rispettarli, soprattutto quelli da 30 giorni in su. «Per farli funzionare bisogna mettere insieme medici di famiglia e specialisti che accanto a questi limiti aggiungano anche la definizione clinica dei casi che vi rientrano — dice Giuliano Mariotti della Asl di Trento — Serve poi centralizzare le prenotazioni. I pazienti devono avere una panoramica di tutte le strutture del loro territorio. Il centro unico di prenotazione (Cup) è presente in molte Regioni ma ancora non in tutte».
Spesso chi prenota non disdice, intasando le prenotazioni. Per questo la Toscana già da tempo e l’Emilia più di recente hanno previsto di far pagare chi non si presenta alla visita o all’esame senza avvertire.
RIDUZIONE DELLE RICHIESTE INUTILI
Le attese non nascono solo da un problema di offerta ma anche da distorsioni della domanda. È la cosiddetta inappropriatezza, la richiesta di esami inutili. Ridurla anche un po’ darebbe risultati immediati.
«Secondo alcuni pareri è inappropriato oltre il 40% delle ricette per prestazioni radiologiche — dice il presidente di Slow medicine, Antonio Bonaldi — Le cause? Sono tante e una delle prime è l’idea, sbagliata, che fare più esami migliori lo stato di salute delle persone. Poi c’è il medico che teme il contenzioso e accetta quanto richiesto dal paziente. Così si occupano le liste di attesa, magari facendo aspettare di più chi ha davvero bisogno. Noi aderiamo al movimento Usa “choosing wisely” che promuove l’appropriatezza. Professionisti delle varie discipline si riuniscono e indicano 5 prestazioni inappropriate sulle quali lavorare, per ridurre le prestazioni inutili».
Repubblica – 20 marzo 2016