«Spariti 10 km di strada». Ore di cammino sulle mulattiere con il fieno in spalla. La parola d’ordine è resistere. Senza più strade né ponti per arrivare agli ovili, percorrendo tratti accidentati a proprio rischio e pericolo, con sacchi di mais o balle di fieno sulla schiena e con ore di cammino invece dei soliti trenta minuti di macchina.
La Sardegna dell’emergenza che cresce invece di diminuire è tutta qui: nei paesini a nord di Nuoro, fra Bitti e Onanì, nelle campagne di Lula e in quelle di Torpè, nelle aree agricole fra Lodè o nei dintorni della colonia penale di Mamone. «Sono crollati o danneggiati praticamente tutti i ponti salvo un paio» riassume Giuseppe Buffoni, consigliere comunale a Bitti e provinciale a Nuoro oltre che veterinario dell’azienda sanitaria locale. «Nel territorio al limite con Lodè è scomparso un tratto di strada di dieci chilometri. Dieci, capisce? In queste condizioni raggiungere il bestiame è un dramma. Abbiamo molti ovili isolati proprio adesso che per le pecore è il momento di partorire…».
Gli animali — soltanto a Bitti ci sono 170 aziende per 60 mila ovini — hanno bisogno di mangime e fieno ma in molti casi il solo modo di farglielo avere è portarlo in spalla lungo vecchie mulattiere, a volte per 7-8 chilometri. Risultato: razioni più che dimezzate e per loro una sofferenza fisica che comincia a farsi sentire, soprattutto per le pecore gravide e per gli agnellini appena nati che, tra l’altro, non possono avere le cure e l’assistenza medica che avrebbero in condizioni normali. L’erba in alcune zone ci sarebbe anche, ma lasciare libere le greggi significa rischiare che si disperdano in luoghi dove adesso, con strade e ponti disastrati, sarebbe impossibile arrivare. E tutto questo senza contare la presenza delle volpi che, se non ci sono gli allevatori, si avvicinano agli ovili con più frequenza.
Insomma, un disastro dopo il disastro. Che di fatto isola interi Comuni, impegnati in una corsa contro il tempo per rimettere in piedi la viabilità prima che arrivi la neve a complicare tutto. Perché per adesso la comunicazione fra i centri abitati è garantita da una vecchissima strada che passa da Mamone, che però è a 1.000 metri sul livello del mare e d’inverno, se nevica, diventa un altro passaggio negato.
Per capire quanto sia difficile muoversi e intervenire in questa zona basta pensare a Giovanni Farre, 62 anni, disperso dalle cinque del pomeriggio di lunedì nelle campagne fra Onanì e Bitti e non ancora ritrovato. Era andato con il figlio nella sua vecchia cascina ad assistere una scrofa gravida quando il livello dell’acqua ha cominciato a crescere. Si sono rifugiati sul tetto ma l’onda grossa della piena ha praticamente abbattuto la casa colonica trascinandoli via. Lui è scomparso nel fango, suo figlio è finito in un groviglio di cespugli e si è salvato. Arrivare in macchina o a piedi nel punto in cui è stato portato via non è possibile, lo si può cercare soltanto in elicottero e l’impresa finora è risultata vana.
«Sono crollati ponti che esistevano da sempre, è diventato tutto difficilissimo» sospira Claudia Scanu, moglie e figlia di allevatori che hanno un migliaio di pecore da accudire. «I primi due giorni non sapevamo nemmeno se ci fossero ancora… Una parte non siamo riusciti più a trovarla e adesso abbiamo il problema di quelle che devono figliare. Di solito le portavamo in un capannone vicino al paese, stavolta mio marito e mio padre vanno su a controllarle. La strada non è sicura ma tutti sanno che per i pastori andare dal bestiame è vitale. E così li fanno passare lo stesso…».
«Se penso alla viabilità di questi giorni dico che l’alluvione ci ha fatto tornare indietro di almeno vent’anni» riflette il sindaco di Bitti Giuseppe Ciccolini. Sul suo territorio comunale ha un problema non proprio da poco: «Il 60% delle nostre abitazioni è costruito su un sistema di canali coperti che adesso sono in gran parte collassati. Alcuni sono proprio crollati, con le case rimaste in piedi accanto. Altri sono ostruiti o danneggiati. Io sono pronto a partire adesso per metterli in sicurezza. Se mi autorizzano lo faccio immediatamente ma se mi dicono di no voglio una risposta scritta. È ora che ciascuno si prenda le proprie responsabilità». Si ferma a pensare un momento e poi aggiunge: «In questi giorni non l’ho mai detto ma sa una cosa? Nel 2008-2009 ho inondato la Regione e il ministero dell’Ambiente di carte per dire che noi non eravamo al sicuro e che ci servivano soldi per intervenire. Ho scritto che con 400-500 millimetri di pioggia Bitti sarebbe collassata. E adesso guarda un po’… avevo ragione».
La sindaca di Onanì, Clara Michelangeli, dice che è rimasta zitta finora in segno di rispetto per colleghi che avevano situazioni peggiori e morti da contare. Ma adesso, con il Comune irraggiungibile e i pastori sempre più in difficoltà, chiede strade, strade, strade. «E se qualcuno volesse fare donazioni, lo scriva, qui non serve il cibo per umani. Preferisco foraggio e mangime».
Giusi Fasano – Il Corriere della Sera – 23 novembre 2013