di Paolo Conti. «Il merito dei parchi nazionali italiani e della rete di aree protette è aver salvato dalla scomparsa molte specie di animali: lo stambecco, l’orso marsicano, l’orso alpino, il camoscio appenninico, il falco pescatore, il gipeto, che è uno splendido avvoltoio…». Giampiero Sammuri, presidente del parco dell’Arcipelago Toscano, guida Federparchi, che riunisce la vasta realtà dei parchi e delle riserve naturali: 24 parchi naturali, 30 aree marine protette, un santuario dei mammiferi marini protetti (nel Mar Ligure), 2 parchi sommersi, 133 parchi regionali inseriti nell’elenco delle aree protette, un parco interregionale e altri 23 parchi regionali non inseriti nell’elenco. Circa il 20% del territorio nazionale che così è sottratto alla caccia, al consumo del suolo, alla speculazione edilizia. Cinquant’anni fa si sfiorava a fatica lo 0,7%.
Il tema rappresenta un nodo molto sensibile: ieri a La Spezia, all’Auditorium Museo Camec, si è svolto un dibattito su «Parchi e legalità, confronto tra i territori» che ha incrociato Pantelleria (600 ettari tra boschi e terreni coltivati a zibibbo distrutti da un incendio doloso a maggio) con le Cinque Terre e i Nebrodi. Perché sono ancora tanti, e oscuri, gli interessi di chi vede nella protezione delle aree un ostacolo alla cementificazione e alla realizzazione di opere viste come strumento di sviluppo. Mentre il vero business del futuro sono gli ambienti intatti che, per la loro purezza, producono benessere. Spiega Giampiero Sammuri: «In Italia, la mentalità anti-ambientalista di un tempo ha lasciato spazio a una consapevolezza sempre più vasta del valore della protezione. Merito dei gestori dei parchi e delle aree protette che hanno individuato forme di ecoturismo sostenibile e di valorizzazione dell’artigianato locale avviando la ripresa economica di tante zone». E quali sono i problemi? «Il primo è una burocrazia assurda che ci intralcia continuamente. Dipende dall’inquadramento: i parchi nazionali sono tra gli enti pubblici non economici esattamente come l’Inps. Io sono schierato con tutte le sacrosante normative che contrastano la corruzione, ma c’è un baratro tra un appalto da un milione di euro e uno da 15 mila euro per la manutenzione di un sentiero. Eppure le procedure sono le stesse: un’immensa perdita di tempo e di energie. L’altro problema è la scarsità di mezzi a disposizione delle aree marine protette: sono 27 e si dividono meno di 5 milioni di euro, anche se sono considerate eccellenze in tutto il bacino del Mediterraneo».
Fulco Pratesi, fondatore 50 anni fa del Wwf Italia (che gestisce cinque riserve statali, un’area marina protetta e più di cento oasi) continua ad avere molti timori: «Purtroppo c’è sempre in agguato un progetto di una strada, di un’urbanizzazione, di una sciovia, di un impianto anche nei parchi protetti. Così si alterano ecosistemi che assicurano la tutela di mirabili biodiversità. Il tutto al servizio di una sola specie animale: l’uomo».
Il Corriere della Sera – 13 giugno 2016