C’è chi sostiene siano ventimila. Chi invece si ferma a un più moderato, se così si può dire, 18.947. E chi invece butta lì un numero che è una via di mezzo: 19.945. Sono i precari degli enti locali siciliani che, a normativa invariata, a partire dal primo gennaio del 2013 potrebbero rimanere senza lavoro. Ecco perché premono per una sistemazione o una proroga. L’ennesima.
Tenuti da anni buoni con la promessa che tanto prima o poi la sospirata assunzione sarebbe arrivata, oggi questi impiegati dei comuni si ritrovano all’ultimo giro di boa. Così ecco il tentativo del Parlamento siciliano di far passare la loro assunzione, ancora una volta senza concorso, come da buona abitudine. C’è voluto il commissario dello Stato Carmelo Aronica a fermare, con una impugnativa lunga quasi quaranta pagine, il provvedimento che non era rispettoso delle norme di finanza pubblica e soprattutto del merito: non teneva in considerazione che per essere assunti in una amministrazione pubblica sono necessari i concorsi. Ma soprattutto vi era stata, secondo il commissario dello Stato, una violazione dell’articolo 3 della Costituzione.
Ora, quasi in extremis, il Parlamento regionale a ranghi molto ridotti (su 90 hanno partecipato alla discussione in 51 ovvero il minimo sindacale) prova a metterci una pezza. Ma è davvero poco considerato che, dal punto di vista di molti, la “legge voto” approvata ha più un sapore politico e di manifesto che di provvedimento reale. Per i precari infatti, se il Parlamento nazionale non approva la legge che arriva da Palazzo dei Normanni, non vi è più possibilità di proroga in applicazione di norme nazionali contenute nelle leggi 102/2009 e 122/2010. Due i dettami che condizionano il futuro dei precari siciliani: il termine perentorio per cui la stabilizzazione deve avvenire entro il 31 dicembre 2012 e il vincolo che fa divieto agli enti locali in cui l’incidenza delle spese per il personale sia pari o superiore al 40% delle spese correnti di procedere all’assunzione di personale a qualsiasi titolo.
La legge voto approvata dall’Assemblea siciliana (così come prevede lo Statuto speciale) cerca di risolvere in parte il problema proponendo al Parlamento nazionale una modifica alla normativa prevedendo, è stato spiegato in aula dal relatore Totò Lentini, «la proroga per il prossimo triennio, dal 2012 al 2014, della normativa nazionale e i particolare i comma 10, 11 e 12 dell’articolo 17 del decreto legislativo 78/2009 che ha stabilito i percorsi di stabilizzazione» e il superamento dei vincoli di finanza pubblica dettai al cosiddetto patto di stabilità. In questa condizione si trova, secondo quanto ha riferito in aula, il 70% dei comuni siciliani che ha sforato la spesa per il personale del 50 per cento: va ricordato che questi dipendenti in carico ai comuni vengono pagati per il 90% e in alcuni casi totalmente con le risorse provenienti dal Fondo unico del precariato della regione che ha una dote di 300 milioni circa l’anno.
Ma tutto questo solo fino al 2015, spiegano i sindacalisti. I quali chiedono che si faccia presto. Tant’è che Cgil, Cisl e Uil hanno indetto per il 4 luglio una manifestazione a Palermo. Il messaggio è rivolto al Parlamento nazionale che si ritroverà a esaminare la legge siciliana: «Noi – spiega Enzo Abbinati, della segreteria regionale della Funzione pubblica della Cgil – riteniamo che l’approvazione della legge voto sia un primo e non sufficiente passaggio. La Regione si deve impegnare sino in fondo soprattutto sul fronte della spesa: storicizzare i flussi sostenuti finora e garantire ai comuni che in futuro sarà possibile pagare i dipendenti».
Un capitolo, questo, da non sottovalutare considerati i problemi finanziari della Regione Sicilia, oltre i due miliardi di euro: da qui probabilmente anche la difficoltà di redige il piano pluriennale che viene chiesto e che darebbe garanzia di copertura alla proroga. Rassicurante l’assessore al Lavoro Giuseppe Spampinato in carica solo da qualche settimana e che ha ereditato questa patata bollente: «Dobbiamo riuscire a essere credibili nei confronti del Governo nazionale – afferma –: c’è un serio piano di stabilizzazione dei precari e da questo punto di vista un poco di strada l’abbiamo fatta. È cominciata una interlocuzione politica con il Governo nazionale che mi auguro si concretizzi la settimana prossima con un incontro tra il presidente della Regione Raffaele Lombardo e il ministro per la Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi. Parallelamente, è stata avviata l’interlocuzione tecnica con il ministero del Lavoro e il percorso reale è cominciato con lo screening delle 18.947 persone che dovranno essere stabilizzate».
Il vizio antico dei regali elettorali
di Gianni Trovati
Non occorre la rigidità di Angela Merkel per rimanere sconcertati di fronte al pasticcio combinato dalla politica siciliana sulla gestione (si fa per dire) dei precari degli enti locali. Un pasticcio senza una via d’uscita ordinata, costruito anno su anno sfruttando la lusinga dei contratti e la minaccia dei mancati rinnovi come strumento principe per le battaglie elettorali.
Prima che economico, il senso della storia è tutto politico. Lo dimostrano anche le modalità dei tanti tentativi di stabilizzazione, fra i quali quello siglato ora è solo l’ultimo. I 22.500 precari di cui si discute oggi sono gli stessi che hanno accompagnato tutte le ultime Finanziarie dell’Assemblea regionale, con il consueto balletto di proposta di stabilizzazione, bocciatura da parte del commissario di Governo e proroga dei contratti in attesa dell’occasione successiva. Nel dicembre del 2010, per esempio, l’Assemblea era in pieno scontro, e Pdl, Popolari d’Italia e Forza del Sud avevano già presentato una mozione di sfiducia per mandare a casa il Governatore. Tra accuse e risposte, le ostilità cessarono magicamente il giorno 15, quando si trattò di votare l’ennesima manovra di stabilizzazione dei 22.500: su 69 presenti, votarono «sì» in 67, in un fiorire di complimenti reciproci fra centrodestra e centrosinistra per «l’obiettivo strategico raggiunto» e «gli impegni mantenuti».
Chiuso il voto, si tornò alla rissa, anche se nemmeno quella volta la stabilizzazione arrivò al traguardo (del resto era stata stoppata dal commissario di Governo anche sette mesi prima). Ora la politica siciliana, che vede all’orizzonte le elezioni anticipate per le dimissioni annunciate da Raffaele Lombardo invischiato nelle inchieste catanesi, trova la solita intesa bipartisan per tentare una strada nuova, quella della legge-voto. Con questo strumento, previsto dallo Statuto speciale, l’Ars chiede al Parlamento nazionale di sbrogliare la matassa approvando una deroga per la Sicilia a vincoli di spesa e patto di stabilità: una deroga pesante, visto che la Sicilia è già oggi l’unica Regione italiana in cui la spesa media di personale assorbe più del 40% delle uscite correnti dei Comuni. Resta da capire su quali basi, mentre tutto il mondo s’interroga sulla tenuta dei bilanci pubblici italiani, Roma possa dire a Palermo «fate pure». Sempre che ai proponenti interessi la sorte effettiva dei precari, e non sia sufficiente il nuovo tentativo da sventolare in campagna elettorale.
gianni.trovati@ilsole24ore.com – 15 giugno 2012