Vicenza, vendeva kebab di maiale. Corano gli impone la fuga
Controlli Ulss. Il commerciante marocchino aveva due esercizi a Vicenza. Ora di lui si sono perse le tracce. Un cliente aveva segnalato la presenza di carne “sospetta”. Le analisi: si trattava di suino
Il kebab, invece che carne di vitello, pollo e tacchino, conteneva solo maiale. Non lo sapeva neppure lui, perché a sua volta, asseriva di essere stato ingannato da chi lo riforniva, ma quando se ne è accorto, il timore di rappresaglie o punizioni islamiche è stato più forte. Non ci ha pensato due volte. Ha chiuso bottega ed è scomparso nel nulla. Nessuno sa dove sia andato a finire. La disavventura, non da poco, è occorsa a un marocchino di 45 anni, che in città gestiva due punti vendita di kebab, ben avviati e molto frequentati soprattutto da immigrati africani, musulmani, di profonda fede islamica. A Vicenza di queste gastronomie etniche ce ne sono parecchie, perché il kebab, la carne tipica avvolta nel panino, è una ghiottoneria che incontra il gusto non solo degli stranieri ma piace un po’ a tutti, agli impiegati che lo comprano nella pausa-pranzo, e ai giovani che lo mangiano come spuntino a tutte le ore. La carne, che può essere anche di manzo e di pecora, ma mai di maiale perché l’Islam lo vieta, viene sagomata sopra questo particolare barbecue fino ad assumere la forma di un grosso insaccato, che inizia a girare attorno a una fonte di calore. Una volta pronto, il kebab viene affettato e riposto fra due fette di pane o nel piatto. Insomma, proprio ciò che faceva il nostro nordafricano, che in poco tempo aveva incrementato le vendite. Il suo kebab andava a gonfie vele. Gli incassi erano buoni. Un successone. Tanto che l’uomo, dopo qualche mese, aveva aperto una seconda rosticceria in un’altra zona della città, e aveva in animo di creare una catena di esercizi di questa specialità originaria della Turchia, diffusa in tutto il Nord Africa e Medio Oriente. Un kebab in franchising di successo, ma durato fino a che sulle scrivanie del Sia dell’Ulss di via Camisano, il Servizio di igiene degli alimenti di origine animale diretto da Stefano Ferrarini, non arrivò una segnalazione piuttosto dettagliata. Chi aveva fatto recapitare la missiva sollevava dubbi sul tipo di carne impiegata nella preparazione del kebab dei successi. Ferrarini dispose subito un controllo. Una squadra del Sia si recò nei due locali, e i veterinari dell’Ulss prelevarono campioni di kebab da inviare in laboratorio per le analisi di rito. Il magrebino si riforniva per la carne all’estero presso due diverse ditte, una in Germania e una in Polonia, che provvedevano a speziarla in modo da essere pronta per la cottura. La ditta incriminata era quella polacca. L’etichetta della carne confezionata riportava come composizione del prodotto vitello, pollo, tacchino, ma non era vero nulla. Il responso del laboratorio suonò come una condanna senza appello. Nel kebab risultava solo carne di maiale, che, come noto, costa di meno. Un frode in commercio bella e buona. Il marocchino cadde dalle nuvole, disse di non saperne nulla, di essere stato raggirato anche lui, si autodenunciò, ma a quel punto scattò anche la paura. Si sa: il Corano vieta di mangiare carne di maiale, considerata cibo impuro. La maggior parte dei clienti dei due negozi di kebab erano musulmani, che, se avessero saputo di aver mangiato carne proibita, si sarebbero potuti arrabbiare. In queste cose gli islamici non scherzano. Il magrebino fece probabilmente questo pensiero quando decise di chiudere i due punti vendita e di non farsi più vedere in giro a Vicenza. Di lui si sono perse le tracce. Materia, questa, delicata, che scotta, o scottava, come un kebab abbrustolito, e come tutto ciò che ha a che fare con l’Islam. La cosa è finita al ministero, che, pare, abbia deciso di secretarla. E, in effetti, almeno finora, il kebab di maiale era rimasto top secret.
Franco Pepe – Il Giornale di Vicenza – 12 giugno 2012