Il tributo sui servizi indivisibili potrà raggiungere il 3,3 per mille sull’abitazione principale o l’11,4 sugli altri immobili insieme all’Imu. I Comuni riceveranno 625 milioni, 125 in più rispetto alla legge di Stabilità L’una tantum non vincolata agli sgravi familiari
La partita sulla Tasi può dirsi ufficialmente chiusa. A oltre 50 giorni di distanza dalla nota che annunciava una correzione imminente per il nuovo tributo sui servizi indivisibili e con un cambio di governo intervenuto nel frattempo. Chissà che non sia stata proprio la presenza di due (ormai ex) sindaci a Palazzo Chigi, in veste l’uno di premier (Matteo Renzi) e l’altro di sottosegretario (Graziano Delrio), ad aver accelerato la conclusione di una vicenda che interessa tutti i primi cittadini italiani. Fatto sta che, per effetto del decreto legge omnibus approvato dal Consiglio dei ministri di ieri, i municipi potranno aumentare dello 0,8 per mille le aliquote Tasi. Purché destinino il gettito a un sistema di detrazioni capace di produrre lo stesso effetto degli sgravi Imu sulla prima casa. In cambio riceveranno un “obolo” una tantum di 625 milioni.
Proprio l’ammontare dell’indennizzo da riconoscere ai Comuni per il passaggio dal vecchio al nuovo sistema di tassazione immobiliare è una delle poche novità del provvedimento rispetto all’accordo raggiunto nelle scorse settimane tra l’esecutivo Letta e l’Anci. Ai 500 milioni che sono già stati contabilizzati per il 2014 dalla legge di stabilità e che però non saranno più destinati all’introduzione di sgravi per i nuclei familiari si aggiungono altri 125 milioni “cash” sul fondo di solidarietà comunale. Che dovrebbero essere reperiti, per 118,1 milioni dal Fondo del Viminale per il servizio civile e gli sportelli unici per l’immigrazione e per i restanti 6,8 dal solito Fondo per interventi strutturali di politica economica.
La new entry più rilevante rispetto alle modifiche alla disciplina della Tasi circolate nelle scorse settimane è tuttavia un’altra. E riguarda le esenzioni dal pagamento del tributo sui servizi indivisibili di cui potranno beneficiare i terreni agricoli e, soprattutto, gli edifici concordatari della Chiesa. Un pacchetto di «circa 25 immobili destinati al culto ubicati a Roma», come l’ha definito il comunicato finale del Cdm, che sono esclusi dalla tassazione perché dotati del carattere di extraterritorialità. Della lista fanno parte sia Chiese come le Basiliche di San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San Paolo e Sant’Andrea della Valle, sia stabili destinati ad altri usi: dalla sede di Propaganda Fide in piazza di Spagna all’università Gregoriana fino all’Istituto Biblico e al Palazzo del Vicariato. Laddove sarebbe stata eliminata solo all’ultimo miglio, visti i precedenti giurisprudenziali in materia di rifiuti la possibilità di estendere alla Chiesa l’esenzione alla Tari.
Al tempo stesso il decreto omnibus licenziato ieri prova a risolvere almeno parzialmente il rebus sulle scadenze che interesserà Tasi e Tari. Da un lato, stabilendo che potranno essere utilizzati solo il modello F24 o il bollettino di conto corrente postale e non più i servizi elettronici di incasso e di pagamento interbancari e postali citati dalla legge di stabilità; dall’altro, lasciando ai comuni la facoltà di decidere date e numero delle rate ma eliminando la possibilità di fissarle in modo differenziato per Tasi e Tari. Fermo restando che dovranno essere almeno due a scadenza semestrale e che dovrà essere assicurata ai contribuenti la chance di pagare tutto in unica soluzione entro il 16 giugno di ciascun anno.
Un altro cambiamento riguarderebbe i sistemi di riscossione. Per non andare incontro a una violazione della normativa comunitaria sulla libera concorrenza verrebbe lasciata ai sindaci la possibilità di attribuirla ai soggetti che alla data del 31 dicembre 2013 si occupavano della Tares mentre non potrebbero più fare lo stesso con la Tasi per chi ri7 I beni della Chiesa che godranno dell’esenzione Tasi sono elencati da gli articoli 13, 14, 15 e 16 del Trattato tra la Santa Sede e l’Italia, sottoscritto l’11 febbraio 1929. Si tratta di 25 immobili. Tra cui: le Basiliche di San Giovanni in Laterano, di Santa Maria Maggiore e di San Paolo; il palazzo apostolico e Villa Barberini a castel Gandolfo; i palazzi della Datarìa, della Cancelleria, di Propaganda Fide in Piazza di Spagna; il palazzo del Sant’Offizio, il palazzo del Vicariato e quello dei Convertendi in piazza Scossacavalli scuoteva l’Imu.
Passando alle conferme contenute nel Dl la principale riguarda l’aumento fino allo 0,8 per mille dell’aliquota 2014 del tributo sui servizi indivisibili. Saranno i municipi a stabilire se caricarlo tutto sul 2,5 per mille previsto per la prima casa, che salirebbe così al 3,3, oppure sul 10,6 per mille relativo seconde abitazioni e altri immobili, che arriverebbe all’11,4 per mille inclusa l’Imu, o ancora pro quota sulle due aliquote. A patto che il gettito venga destinato all’introduzione di detrazioni o altre misure che, sulla prima casa, producano gli stessi effetti degli sgravi Imu. Una scelta che il sottosegretario Delrio, ex presidente Anci, ha spiegato così: «La Tasi è una tassa municipale che andrà regolata dai sindaci come è giusto che sia e che saranno in grado di renderla più equa e flessibile».
Il Sole 24 Ore – 1 marzo 2014