di Marco Gasperetti. Non è così difficile incontrarla a primavera Matilde, la regina dei delfini. Basta passeggiare sulla spiaggia della Versilia, in quel tratto della battigia dove la schiuma delle onde si ritira e si fa calpestare, e scrutare l’orizzonte con un buon binocolo. Se la fortuna ci assiste e la costanza ci sostiene, lei appare e allora lo spettacolo è divino.
La sovrana danza insieme ai suoi sudditi, un branco di 140 tursiopi. Riti d’amore in quel tratto di mare che si perde nel cuore del Santuario dei Cetacei. Matilde è sempre davanti a tutti spavalda e fiera eppure è timida con gli umani: a differenza degli altri, lei alle persone non si avvicina mai. È unica, Matilde. Non solo per quel carattere dominante che, da femmina, la fa imporre su tanti maschi e neppure perché salta più in alto di tutti, ha il dorso segnato da macchie bianche e un segno inconfondibile sulla pinna (una @, sì, proprio la chiocciola di Internet). È unica perché è un capobranco altruista che si dona alla comunità, lo accompagna anche al gioco e al benessere, e rinuncia ai sollazzi standosene a distanza.
«La studiamo da anni ed è fantastica — racconta Silvio Nuti, biologo marino, fondatore del Cetus di Viareggio (centro di ricerche sui cetacei) e coordinatore del punto informativo di Viareggio dell’Osservatorio toscano dei cetacei —. Lei non si è mai avvicinata a una barca, che per un delfino è un grande giostra. Guida il branco verso il gioco ma lo sorveglia da lontano. Poi, quando decide che l’ora della ricreazione è finita, richiama gli altri esemplari (che la seguono immediatamente) e si ritira velocemente». Tempo fa Matilde, come raccontano i biologi, ha accompagnato anche alcuni piccoli verso una barca e li ha fatti divertire come se avesse regalato loro un giocattolo. La regina dei delfini ha quasi certamente più di trent’anni, da almeno 14 è capobranco, e ha avuto almeno due piccoli. L’ultimo lo ha coccolato con un amore così forte che sembra quasi impossibile per un cetaceo. «Non l’ha mai lasciato, quel cucciolo — continua Nuti — sino a quando non è stato capace di badare a se stesso e il branco lo ha accolto come un altro membro in una sorta di rito».
Forse ha qualche timore per gli umani, Matilde, anche se dimostra grande coraggio e spirito di servizio per il branco. I delfini della Versilia hanno tutti un nome. Il più vivace, che aveva inevitabili graffi sul dorso, è stato battezzato Scracci (da scratch, «graffio» in inglese). Bumpy (da bump, «protuberanza») aveva una specie di bernoccolo su una pinna, Jenny, un graffio a forma di «J» sotto la pinna caudale. Poi è arrivata Matilde. E da allora il regno della regina dei delfini è diventato una favola vera.
Una brutta esperienza l’ha resa diffidente
di DANILO MAINARDI. I delfini sono animali intelligenti, curiosi e creativi. Per questo spesso il loro comportarsi ci sorprende. È quello che sta accadendo con questa femmina piena d’autorità, Matilde, che spesso guida la sua allegra compagnia (i delfini sono anche giocosi) a curiosare in prossimità della spiaggia animata d’uomini di Viareggio. Poi però se ne sta un po’ indietro, da non protagonista in questo caso. Perché tutto ciò? È un comportamento singolare, sul quale possiamo solo fare ipotesi, partendo però da un indubbio dato di fatto: ai delfini gli uomini interessano, li incuriosiscono. Sentono nei loro confronti un’attrazione. Quasi un senso di parentela perché, noi e loro, siamo mammiferi. Lo percepiscono dal comune modo di respirare aria da polmonati che, in un universo popolato da gente branchiata, è un segno importante. E poi i delfini sono gente altruista ed empatica. Questo sicuramente è il motivo per cui, fin dall’antichità, si conoscono casi certi di delfini che hanno salvato esseri umani che stavano annegando. Così ciò che immagino è che Matilde senta forte l’attrazione per gli esseri umani, s’avvicini alla spiaggia affollata coi suoi compagni di specie e anche lei, come loro, voglia socializzare con gli umani. Le piacerebbe ma si ritrae, forse per un po’ di paura. Chissà, nella sua lunga vita, avrà avuto qualche esperienza negativa. Insomma, io leggo in lei (senza scommetterci molto) un comportamento conflittuale che la trattiene lì, in seconda linea. La curiosità la spingerebbe avanti, ma la sapienza acquisita la frena un po’. E, dato che i delfini pensano, vien da chiedersi a che penserà Matilde, standosene due colpi di pinna indietro e vedendo i suoi amici che fraternizzano con l’uomo. A modo suo, cioè con la sua mente da cetaceo, forse li invidierà.
Il Corriere della Sera – 23 marzo 2013