Prima venivano strappati alle loro madri in Romania e Ungheria dopo pochi giorni di vita. Poi erano trasportati, spesso in condizioni disperate, in Italia. Dove, una volta smistati tra alcuni allevamenti di Lombardia e Piemonte e grazie al web, finivano tra le braccia dei nuovi padroni con false certificazioni e per un valore medio di circa mille euro. In tanti non ce l’hanno fatta. Perché troppo piccoli o perché stressati, maltrattati e malati.
Sono alcuni degli elementi di un traffico internazionale illecito dall’Est Europa di cuccioli di cane — American Staffordshire Terrier e Shar Pei, soprattutto — gestita da romeni e italiani e scoperta dalla Guardia di Finanza di Trieste. Sette persone, tutte romene, sono finite in carcere su disposizione del gip Guido Patriarchi. Per un altro loro connazionale sono stati disposti i domiciliari, mentre un italiano e un italo-francese hanno l’obbligo di firma. In tutto sono 21 gli indagati e devono rispondere, a vario titolo, di associazione per delinquere, falsificazione di documentazione, frode in commercio, truffa, maltrattamento di animali e traffico illecito di animali da compagnia.
Le indagini sono iniziate nel gennaio 2013 a Trieste dopo il fermo, al confine, di un autocarro proveniente dalla Romania. All’interno i finanzieri hanno trovato — stipati in alcuni cartoni e nascosti tra i bagagli — 12 cuccioli di cane con passaporti per animali, certificazioni sanitarie false e anche alcuni medicinali.
L’organizzazione, capeggiata da un certo «Capone», prelevava i piccoli dalla Romania (nel 90 per cento dei casi) e dall’Ungheria. Li trasportava nascondendoli addirittura anche nel vano della ruota di scorta. Una volta arrivati in Italia gli animali venivano portati — soprattutto di notte — in due allevamenti abusivi nelle province di Biella e Brescia. Qui i referenti italiani, secondo i finanzieri, facevano figurare i cani come nati e cresciuti nel nostro Paese e inserivano gli annunci pubblicitari sulle piattaforme online di eBay, Subito.it e Kijiji. La consegna avveniva ai caselli autostradali o, pagando qualcosa di più, direttamente a casa.
«Brescia, Bergamo e Torino sono le aree con più richieste di cuccioli», spiega il maggiore Gabriele Baron del nucleo operativo della Guardia di Finanza di Trieste. E calcola che, «dall’analisi delle offerte online, dei dati acquisiti e dalle perquisizioni ogni anno l’organizzazione trafficava illegalmente circa mille animali».
L’onorevole Michela Vittoria Brambilla ha parlato di «grande soddisfazione per la brillante operazione», spiegando che il «turpe commercio» della tratta dei cuccioli «crollerebbe se sul mercato italiano non vi fosse più una forte domanda di cani di razza, mentre centinaia di migliaia di animali trascorrono una vita triste nei canili».
Leonard Berberi – Corriere del Veneto – 9 febbraio 2014