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Lactalis isolata nella guerra del latte. Governo e Confindustria francese scaricano i controllori di Parmalat in lotta con gli allevatori. I produttori: “Lavoriamo in perdita”

Lactalis resta sola contro tutti nella grande guerra del latte francese. La protesta degli agricoltori transalpini contro la politica di prezzi del colosso della famiglia Besnier – «ci pagano il latte 25,7 centesimi al litro contro i 35 centesimi che spendiamo per produrlo», accusano – ha ottenuto un primo importante risultato: il grande fratello del settore lattiero-caseario – che in Italia controlla la Parmalat – è stato abbandonato dai suoi ex-alleati.

La prima a prendere le distanze è stata la politica, convinta a saltare la barricata dai blocchi e le proteste degli allevatori, continuati ieri mentre l’azienda incontrava i loro rappresentanti: «Un paese dove i produttori di beni di prima necessità lavorano in perdita non potrà mai funzionare », ha detto Francois Fillon, candidato del centrodestra alle presidenziali, esprimendo quello che ormai è un concetto bipartisan. Pure la Confindustria parigina, preoccupata da un braccio di ferro che rischia di sfuggire di mano, ha invitato i colleghi di Lactalis ad ammorbidire le loro posizioni. E l’azienda bretone, isolata, ha affrontato i negoziati in un clima di alta tensione, con il quartier generale assediato da trattori e contadini sul piede di guerra (“Besnier ci stai uccidendo”, lo slogan che andava per la maggiore) e la netta sensazione di dover fare qualche passo indietro per svelenire il clima. Prospettiva che si è concretizzata con una proposta di compromesso ancora in discussione in tarda serata.

La battaglia di Parigi, vista dall’Italia, non è un inedito. L’addio alle quote latte nel 2015 ha mandato in tilt il settore lattiero- caseario in tutta Europa, aprendo le porte del settore all’importazione di prodotti a basso prezzo. Un litro di latte della Lituania – che spedisce ogni giorno verso l’Italia decine di Tir carichi di cagliate per mozzarelle – costa 15 centesimi, in Estonia e Lettonia siamo sempre sotto i 20. Risultato: le grandi aziende – specie quelle multinazionali e semi-monopoliste come Lactalis – si sono ritrovate con il coltello dalla parte del manico. E il prezzo della materia prima ha iniziato inesorabilmente a scendere: nel 2014 viaggiava attorno ai 37 centesimi al litro, oggi è scivolato attorno ai 25, cifra cui molti produttori – specie i più piccoli – lavorano in pesante perdita. In Italia, dove i costi di produzione sono più alti, hanno chiuso 1.500 stalle negli ultimi 12 mesi. E il Governo è intervenuto chiedendo alla Ue l’ok per obbligare tutti a precisare in etichetta l’origine del latte di formaggi e yoghurt. Lactalis compra circa il 20% del latte francese e il 10% di quello italiano ed in entrambi i paesi è di gran lunga il maggior acquirente. Con i contadini di casa nostra ha firmato la scorsa primavera un accordo dopo un lungo tira e molla (durante il quale ha pure provocatoriamente sospeso il ritiro in alcune aree) e oggi paga 4 centesimi più della media europea. Ai prezzi attuali si tratta di una cifra di poco inferiore 30 centesimi «prezzo che fa del gruppo francese il peggior pagatore sul nostro mercato», assicurano a Coldiretti. In Francia – sostengono i contadini in piazza – la situazione è ancora peggiore. I 25 centesimi messi sul piatto da Lactalis sono 4 meno di quelli pagati dai concorrenti come Danone.

Repubblica – 26 agosto 2016 

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