Diciannove morti in ospedale in meno di due anni. Trentasette cartelle cliniche sul tavolo del sostituto procuratore Milto De Nozza. E ora, messa nero su bianco, un’ipotesi di reato inquietante: omicidio colposo plurimo.
Si chiama Klebisella il killer che da qualche settimana sta spaventando Brindisi. La procura ha infatti aperto un’inchiesta su una serie di morti sospette avvenute all’ospedale Perrino dal 2013 a oggi. Un’indagine nata quest’estate dopo una serie di decessi particolari.
É stato infatti rilevato che una serie di pazienti morti, per lo più anziani e ospedalizzati da qualche tempo, risultavano positivi al tampone della Klebisella, un batterio abbastanza comune nelle infezioni ospedaliere. La percentuale dei malati colpiti era però molto più alta rispetto a quanto, statisticamente, in norma si registra. Da qui la decisione del pm De Nozza di approfondire la vicenda affidando una delega ai carabinieri del Nas.
I primi responsi non sono stati affatto incoraggianti. I casi per il momento certi di pazienti infettati dalla Klebisella sono 37. Ma è un numero che, spiegano in procura, è sicuramente sottostimato: sono valutati infatti soltanto i pazienti sottoposti a tamponi e a ricerche specifiche. E, di questi, un’altissima percentuale era infetta. Diciannove sono le persone decedute, sei delle quali negli ultimi mesi, per cause chiaramente ancora da stabilire. Il batterio, è emerso dalle analisi, era inoltre nella «forma multi resistente »: questo significa che non era sensibile ai nuovi antibiotici ma soltanto a quelli di vecchia generazione, che però ormai sono stati quasi abbandonati perché creavano problemi di natura nefrologica.
Proprio questo ha permesso alla Klebisella di espandersi in maniera importante. Non è chiaro come, tant’è che sabato hanno verificato gli impianti di condizionamento. Inoltre sarà acquisita la documentazione per capire se, nei mesi scorsi, l’allarme era partito dai vari reparti e se siano scattati i protocolli del caso. Difficile poter effettuare analisi sui pazienti deceduti, al momento la procura (che ha ricevuto denunce contro i medici che seguivano i pazienti) ipotizza che non ci sia una responsabilità dei singoli sanitari ma piuttosto un problema sistemico.
19 ottobre 2015