Repubblica. La pandemia brucia un altro record ma non lascia intendere facilmente dove sta andando. Gli esperti sono sospesi tra pessimismo e speranza mentre dagli Usa arriva una proiezione preoccupante. Secondo l’Ihme, istituto dell’Università di Washington finanziato dalla fondazione Gates, il picco dei decessi, che adesso sono tra i 100 e i 200 al giorno, è ancora distante. Arriverà a metà febbraio e potrebbe portare a un numero di morti quotidiane compreso tra 350 e 580 a seconda di quanto sono usate le mascherine ma anche di quanto si rivelerà violenta Omicron. Ma con la nuova variante non è facile fare previsioni. La sua diffusione, ad esempio, pare essere molto più veloce del previsto.
Ieri quasi un milione e 100 mila tamponi hanno rivelato 189.109 positivi, di nuovo il dato più alto dall’inizio della pandemia. Nei reparti ordinari ci sono 452 persone in più rispetto a martedì e nelle terapie intensive 36. I morti ufficiali sono stati tanti, 231, e con quelli del giorno precedente raggiungono una cifra altissima, quasi 500. Va specificato però che i numeri sono alti perché alcune Regioni hanno ritardato le notifiche di decessi avvenuti nei giorni scorsi. Le persone che hanno perso la vita per il Covid nelle ultime 48 ore perciò andrebbe ridotto, almeno fino a 400.
Lorenzo Monasta è un epidemiologo del Burlo Garofolo di Trieste che collabora dall’Italia con Ihme. «L’ipotesi di sfondare la quota 400 decessi non è remota — spiega — potrebbe davvero diventare realtà tra qualche settimana ». Il picco dell’epidemia, cioè dei contagi, è stato ipotizzato da molti, anche dall’Ecdc e cioè il Centro europeo per il controllo delle malattie, intorno alla fine di questo mese. «Però potrebbe anche anticipare un po’ anche rispetto alle stime di Ihme, cioè presentarsi tra il 20 e il 30 di gennaio ». Succede perché Omicron corre più del previsto, cioè la sua contagiosità sta accelerando la diffusione, cosa che farebbe raggiungere un po’ prima il picco. «Non è escluso che ci si avvicini ai 500 mila casi al giorno, come dice l’istituto dell’Università di Washington — spiega Monasta — L’occupazione dei letti ospedalieri salirà ma non arriveremo ai livelli dei momenti più duri della pandemia ». Il calo della circolazione avverrà «sia per le restrizioni che per i vaccini, come è successo altrove ». Monasta stoppa chi pensa di non contrastare troppo la diffusione, per perseguire l’immunità di gregge. «È un errore, anche gli israeliani hanno detto che non si può tentare l’immunità di gregge. Questo perché vedono un aumento dei ricoveri comunque alto. Se i casi salgono tanto le cose negli ospedali vanno molto peggio ». Già adesso il numero dei contagi in Italia ha messo in crisi il tracciamento. Le Asl non riescono a contattare tutti i positivi e a ricostruire i loro contatti. E a rendere le cose più difficili c’è il rischio che i tamponi antigenici rapidi non riescano ad intercettare Omicron, come ha detto ieri il consulente della struttura commissariale per l’emergenza Guido Rasi.
Riguardo invece ai decessi e alle proiezioni di Ihme, l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco mette in guardia. «Attenzione, le morti che vediamo adesso sono di persone contagiate da molti giorni, quindi probabilmente colpite ancora dalla variante Delta. Dobbiamo attendere per comprendere il vero impatto di Omicron sui decessi ». Non è detto che i numeri peggiorino. «Dove sta andando l’epidemia? È già in una fase di picco stagionale, cosa che dimostra una progressiva transizione verso l’endemia — dice Lopalco — La diffusione in effetti ha una modalità endemica, con tantissime infezioni, molti casi lievi e pochissimi clinicamente gravi. Ovviamente se i numeri assoluti sono alti quelli di chi ha problemi gravi possono essere rilevanti. I guai riguardano soprattutto anziani per i quali è calata la risposta vaccinale e i non vaccinati. È bene quindi tenere alta la guardia». Lopalco fa parte del gruppo di esperti ottimisti. «L’ampia circolazione di Omicron più la vaccinazione possono essere l’inizio della fine della pandemia. Ora abbiamo uno scenario di picco influenzale pesante, che infatti è in grado di esercitare una alta pressione sugli ospedali. Ricordiamoci le scene dei pronto soccorso intasati a gennaio e febbraio a causa dell’influenza ».