«La manovra sull’Azienda Zero permetterà 90 milioni di euro di risparmio di cui 32 come spese di personale. Questo significa, a Padova, un taglio di circa 8 milioni. Tradotto: 100-120 dipendenti del comparto rischiano il posto». A lanciare l’allarme è Claudio Sinigaglia, consigliere regionale del Pd e componente della V Commissione Sanità che in questi giorni sta esaminando la legge destinata a rivoluzionare l’organizzazione degli ospedali veneti e padovani. Perno del cambiamento, l’Azienda Zero.
Sinigaglia, se verrà istituita l’Azienda Zero si profila un rischio occupazione nella sanità?
«Se le cifre sono quelle, il rischio è concreto. E comunque l’Azienda Zero non sta in piedi».
Perché? La centralizzazione dovrebbe aiutare a razionaiizzare gestione e risorse, permettendo risparmi.
«Certo, ma l’Azienda Zero dovrebbe essere un punto d’arrivo al termine di un processo che prevede una serie di passaggi intermedi. Occorre prima uniformare i sistemi infor matici perché Usi 15,16 e 17 li hanno diversi; occorre uniformare i sistemi di erogazione dei servizi socio-sanitari, solo perfare alcuni esempi. E ancora: si deve stabilire il numero di apicalità che servono e quello dei dipartimenti. Per questo è necessario un programma, un accordo tra i direttori generali; serve la gestione del processo. Diversamente, si rischia di mandare in tilt tutto il sistema. Quel sistema di cui Zaia è orgoglioso: perché allora lo sta distruggendo?»
Ma ci sono i tagli nazionali ai fondi sanitari da affrontare.
«Dal 2010 al 2016 il fondo nazionale è aumentato passando da 105 a 111 miliardi. Non ci sono tagli, c’è stato invece un minor aumento degli stanziamenti rispetto a quello prospettato».
Insieme all’Azienda Zero viaggiano anche due progetti specifici per la sanità padovana, all’esame della V Commissione. Da una parte quello dell’Università che prevede l’incorporazione del Sant’Antonio all’Azienda, dall’altra quello di Forza Italia che vuole invece incorporare l’Azienda all’Usi. Che ne pensa?
«Mi chiedo: perché si vuole incorporare il Sant’Antonio? Non vorrei si trattasse di un risarcimento all’Università perché non si farà mai il nuovo ospedale. Con la situazione attuale,poi, c’è un ospedale di rete con Piove di Sacco: se si tira via il Sant’Antonio che senso ha Piove? Quanto alla proposta di Barison, mi sembra una furbata per mantenere una Usi all’interno di quella provinciale. E comunque si sta parlando di rivoluzionare la sanità padovana: è pensabile farlo con degli emendamenti, discutendoli in appena una settimana, e senza coinvolgere i soggetti interessati?»
Intanto una piccola rivoluzione c’è al Sant’Antonio, con il decentramento di Riabilitazione a Piove.
«Una città come Padova non può restare senza Riabilitazione. E invece conserva solo 5 letti. Se ne è andato il primario Candiotto, se ne è andata Riabilitazione… c’è forse una programmazione invisibile accanto a quella dichiarata?»
Il Mattino di Padova – 15 novembre 2015