«Che senso potrà mai avere parlare di Senato delle autonomie quando, con la riforma del Titolo V della Costituzione, svuoti le Regioni di competenze? È una presa in giro».
È un Luca Zaia in versione bastone e carota quello che ieri ha parlato a proposito della riforma ad ampio spettro che sta compiendo il nuovo esecutvo di Matteo Renzi. La carota è l’applauso convinto e deciso per il dimezzamento del numero dei senatori, cosa peraltro allineata con il progetto proposto dalla stessa Lega, alcuni anni fa, «per la devouzione, il dimezzamento dei parlamentari e il senato delle autonomie. Poi è stato bocciato al referendum dagli stessi cittadini che oggi dicono “per fortuna si fanno queste riforme”». Naturalmente anche oggi si poteva fare meglio. «Non capisco – aggiunge Zaia – perchè non si è colta l’occasione per intervenire allo stesso modo sulla Camera. È un’opportunità che non si ripresenterà tanto a breve».
Poi il presidente veneto comincia a impugnare il bastone, a proposito del Senato delle Regioni: «Non è possibile che la rappresentanza di territori da 5 milioni di abitanti (come il Veneto, ndr) sia identica a quella di regioni che hanno una popolazione pari alla metà di una sola provincia veneta».
Infine, la mazzata. «La cosa inquietante è che questa poderosa riforma del Senato rischia di far passare sotto traccia la vera tragedia di cui i cittadini probabilmente non si rendono conto. Cioè il grande progetto di neocentralismo che si nasconde sotto la revisione del Titolo V. Se il Veneto chiede l’indipendenza la risposta non può essere esattamente contraria, vale a dire il ritorno a Roma delle competenze sulla sanità, sul turismo e su altri asset strategici regionali». In sostanza, riflette ancora Zaia, come si fa ad immaginare in una regione come la Calabria gli ospedali aperti di notte o la lotta contro le liste d’attesa che contraddistinguono la nostra sanità? «Va a finire che facciamo un salto indietro di 30 anni, con programmi sanitari che somigliano molto ai piani quinquennali sovietici. Sarebbe la fine della storia sanitaria di ogni regione, tutti dovremmo accettare cure con una qualità standard nazionale».
La spiegazione che Zaia cerca di dare delle scelte di Renzi, almeno sotto il profilo psicologico, sta in un presupposto che il governatore dice di aver constatato in occasione dei colloqui diretti: «Il premier ha come punto di partenza il fatto che le Regioni sarebbero prima di tutto centri di spesa e di spreco. Può essere, ma non in generale. Si facciano nomi e cognomi. Se quattro regioni del Sud hanno un buco complessivo in sanità di 5 miliardi di euro, perchè penalizzare quelle che, come il Veneto, sono invece virtuose?». Il ragionamento scivola inevitabilmente sulle spinte autonomiste, per non dire indipendentiste, che salgono dal Veneto: il plebiscito sul web di Gianluca Busato? «Ci sono molti passi prima del muro contro muro. Se Busato ha promesso la protesta fiscale – taglia corto Zaia -, allora spieghi ai cittadini come farla».
Corriere del Veneto – 2 aprile 2014