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L’allarme sulla carne fa crollare i consumi. Salumi e insaccati giù nelle vendite e alla stalla i margini per gli allevatori di bovini si sono già dimezzati

Attilio Barbieri. La bufala dell’Organizzazione mondiale della sanità, sulla carne che fa male, rischia di produrre i risultati che in molti temevano, anche se non si è scatenata una psicosi collettiva ne stanno risentendo le vendite di salume e insaccati. E la carne bovina, finita sul banco degli imputati pure lei, rischia di subire dei contraccolpi più contenuti ma ugualmente pericolosi: le quotazioni alla stalla, già pericolosamente vicine ai costi sostenuti dagli allevatori, iniziano a scendere.

Il momento della verità sarà lunedì, dopodomani, quando alla Borsa merci di Modena, la più importante d’Italia, si fisseranno i nuovi prezzi all’ingrosso. Ma l’aria che tira fra gli allevatori è pesante. Anzi: pesantissima.

Prima ancora che domanda e offerta si confrontino formalmente, cominciano le avvisaglie di quello che rischia di diventare il lunedì nero della bistecca. Dall’annuncio ufficiale dell’Oms sulla «carne cancerogena», inserita nella lista degli alimenti pericolosi non è passata neppure una settimana eppure ieri e l’altroieri agli allevatori del nord Italia cominciavano ad arrivare le prime offerte al ribasso. I mediatori hanno aperto le ostilità: «Non ti carico i tori da macello perché nessuno mangia più carne». Oppure: «Non carico nessuna bestia perché la vendita di carne è diminuita del 70% e nessuno macella più». Voci false e infondate. Roba che se dovesse succedere sui mercati azionari la Consob aprirebbe subito un’indagine, allertando la magistratura. Ma qui siamo in campagna. Distanti anni luce dalla Borsa e dai listini azionari.

In realtà qualcosa è accaduto. Il primo scrollone ha colpito insaccati e salumi. Dunque salsicce, wurstel, prosciutti, salami pancetta e coppe. Che in effetti hanno fatto registrare un evidente calo di vendite. Non certo del 70% ma tale da impensierire l’industria dei salumi. Per la carne il calo non è avvertibile. Secondo un sondaggio condotto da alcune associazioni di allevatori in macelleria e nei supermercati la bistecca si vende né più né meno di quanto accadeva le scorse settimane.

Ma gli allevatori che hanno venduto i propri bovini in questi ultimi giorni hanno dovuto accettare prezzi ribassati tra i 5 e i 10 centesimi al chilo. Di «peso vivo» come si dice, riferendosi ai capi alla stalla. Trattandosi di bestie che in media pesano 750 chilogrammi il calo di prezzo va da 60 a 70 euro ciascuna. Che può voler dire anche dimezzare il margine per l’allevatore. L’annuncio dell’Oms sul legame tra consumo di carne e cancro mette al bando bistecche e salumi

Tutto questo accade oltretutto, prima ancora che sia stato fissato il prezzo ufficiale. Ma nel comparto della carne il mercato influenza pesantemente le quotazioni alla Borsa merci. Se i mediatori cominciano a offrire fino a 10 centesimi in meno al chilo, il ribasso potrebbe partire da qui e ampliarsi. C’è chi parla di un possibile calo fino a 20, 25 centesimi al chilogrammo. Forse addirittura 30. Un calo che porterebbe il bilancio degli allevatori in territorio negativo. Venderebbero in perdita.

Senza contare che alla pressione dei macelli e dell’industria, potrebbe aggiungersi quella della grande distribuzione cui non parrebbe vero di poter far pesare la psicosi per la carne rossa (vera o presunta che sia), per offrire ancora meno.

Un trend che, oltretutto, rischia di coinvolgere l’intera Europa. Se le tensioni al ribasso dovessero manifestarsi anche in Francia e Germania è prevedibile l’arrivo sul mercato di enormi partite di carne bovina a prezzi stracciati. Dunque il probabile ribasso sulla Borsa merci lunedì rischia di essere il primo di una lunga serie.

Il mercato delle commodity alimentari è poi molto meno elastico di quello finanziario, ma paradossalmente più sensibile alle pressioni speculative. Come si è capito anche in occasione della psicosi per l’epidemia di influenza aviaria. I polli morivano in Cina ma a non comprarli più erano i consumatori europei. E pure quelli italiani.

Libero – 31 ottobre 2015 

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