Un’azienda sanitaria apre un ambulatorio veterinario in una località del padovano per la prevenzione del fenomeno del randagismo e il controllo delle nascite nella popolazione delle colonie feline. Un servizio di sanità pubblica, previsto dalla normativa vigente, che viene accolto con favore dalla cittadinanza. Nulla di strano. Esistono altre strutture pubbliche di questo tipo in tutt’Italia e anche nella stessa provincia di Padova. Ma evidentemente la nascita dell’ambulatorio disturba alcuni veterinari liberi professionisti della zona che gridano allo scandalo ed evidenziano tutte le loro perplessità in una lettera inviata ai vertici Asl, ma soprattutto ad Anmvi, Fnovi, Ordine veterinari di Padova e molti altri ancora.
Sembra di capire che il problema risieda nel fatto che, tra le diverse attività dell’ambulatorio, rientri anche la possibilità per tre veterinari dipendenti dell’Asl di esercitare, in alcune ore definite, la libera professione intramoenia. Attività, vale la pena di ricordarlo, prevista e regolamentata dalle leggi dello Stato. Dove sta lo scandalo allora? Quale legge si è mai violata?
Secondo gli estensori si è mancato di “correttezza deontologica e professionale” visto che “questa nuova struttura farà oggettivamente concorrenza agli stessi liberi professionisti”. E che potrebbe configurarsi un conflitto di interessi, tra controllore e controllato.
Insomma, pare di capire, la sanità pubblica in tempi di crisi deve farsi da parte. E anche quando riesce ad assicurare con il proprio personale servizi pubblici, dovrebbe spendere in convenzioni perché i veterinari liberi professionisti possano continuare a percepire i loro compensi. C’è qualcosa che non quadra. A maggior ragione visto che gli stessi estensori della lettera richiamano con fervore al risparmio e alla spending review, deplorando che si siano investite somme pubbliche nell’ambulatorio…
E poi, sempre secondo i firmatari della lettera, “ospitata” dal sito Anmvi Oggi, sarebbe in dubbio la professionalità dei colleghi dipendenti pubblici che non avrebbero «il tempo per seguire i corsi post laurea e la formazione necessaria per svolgere al meglio la medicina dei piccoli animali» (sic!).
Parte una campagna mediatica interpretata da Anmvi e Fnovi. La lettera viene subito fatta propria dall’Anmvi infatti che a sua volta chiede spiegazioni per l’apertura del servizio pubblico dell’Ulss. Fino ad arrivare (addirittura!) alla convocazione di un consiglio straordinario dell’Ordine dei veterinari di Padova che avrebbe dato mandato al presidente Lamberto Barzon (che è anche, per inciso, vicepresidente Anmvi) di verificare le circostanze e di assumere le informazioni necessarie per evidenziare eventuali responsabilità. «Questo potrà eventualmente avvenire attraverso la richiesta e l’acquisizione di documenti, atti, delibere relative alle attività veterinarie svolte presso gli ambulatori Asl dai Colleghi Dipendenti Pubblici – riporta sempre AnmviOggi – Particolare attenzione verrà rivolta alle prestazioni a pagamento rese al pubblico e all’attività libero professionale intramoenia al fine di individuare eventuali incompatibilità e conflitti di interesse in atto».
Sembra quindi che l’Ordine dei veterinari di Padova, a cui tutti i veterinari della provincia, compresi i dipendenti, sono obbligatoriamente iscritti, metterà sotto indagine l’operato di un’azienda sanitaria che ha rispettato le leggi.
Scende in campo con l’artiglieria pesante anche la Fnovi che annuncia di aver inoltrato alla Asl formale istanza di accesso agli atti che hanno supportato sotto il profilo amministrativo la delibera di apertura dell’ambulatorio. «È stato inoltre chiesto di conoscere quali sono le attività ivi espletate e quali i medici veterinari alle stesse preposti. La Fnovi intende porre in essere le verifiche di competenza in ordine alle condotte realizzatesi e alla loro valutazione sotto il profilo della rilevanza deontologica».
Tutto questo per un piccolo ambulatorio pubblico di provincia? Mah… E per quali mancanze dei singoli iscritti se è lecito (gli unici ci pare su cui la struttura ordinistica può intervenire)? Sulla base di quali motivi e di quali poteri viene avviata questa “indagine”? E ancora è opportuna un’indagine che parte perché «l’ambulatorio dell’Asl fa concorrenza ai veterinari liberi professionisti»…? Davvero in questa vicenda c’è qualcosa che non ci è chiaro.
Lasciamo all’azienda sanitaria il compito di tutelare il proprio operato e i propri dipendenti nei modi che riterrà opportuni. Per parte nostra vorremmo fare un piccolo richiamo all’equilibrio e alla correttezza: neppure la crisi economica più nera può giustificare campagne di questo tipo.
A cura del Sivemp Veneto – 19 marzo 2013 – riproduzione riservata