Pier Angelo Maurizio, Libero. Svarioni, errori, passaggi incomprensibili dall’italiano zoppicante. A risultare inappropriata è proprio la bozza del decreto del ministro Lorenzin sull’«appropriatezza prescrittiva». È l’elenco che dovrebbe definire i 180 esami e prestazioni ambulatoriali «inutili» sfornato dai cervelloni del ministero della Salute, nell’ambito di altri tagli alla sanità per 2,3 miliardi.
Poco più di una paginetta ma ha già fatto sbellicare medici, specialisti e addetti ai lavori. Ridere per non piangere. Un esempio? Mescolando impropriamente colesterolo e trigliceridi i supertecnici della Lorenzin hanno deciso che le analisi – sull’uno e sugli altri potrà ripeterle, a carico del sistema sanitario nazionale, solo ogni 5 anni chi non ha fattori di rischio. Ma tra i fattori di rischio si sono scordati il fumo di sigarette. Hanno elencato: «(familiarità, ipertensione, obesità, diabete, cardiopatie, iperlipemie ecc)». «Ecc»? E il fumo? È sottinteso, che diamine.
Questo per dare l’idea della fretta nel menare l’ennesimo colpo di mannaia sulla salute. In compenso, non vengono toccati gli esami di cui effettivamente si abusa – gastroscopie, colonscopie, ecocardiografie… – e che sono quelli per cui le liste di attesa sono più lunghe. Mah. Così non si fa che aumentare la confusione, protestano associazioni di categoria ed esperti. Ecco: quando c’è confusione le sorprese sono assicurate. E infatti.
Prima sorpresa. I «tagli» non sono tagli. Ma peggio. La legge di stabilità 2015 varata nell’autunno 2014 imponeva alle Regioni di tagliare 4 miliardi: non nella sanità ma dove gli sprechi si annidano. Alla faccia della spending review le Regioni non hanno risparmiato un centesimo, anzi hanno aumentato la spesa complessiva. A luglio nella conferenza Stato-Regioni si è concordato di cancellare il previsto incremento per il 2015 di 2,3 miliardi al Fondo sanitario nazionale già salassato da Monti in poi. Quindi altri «risparmi» per 2,3 miliardi nelle prestazioni sanitarie ai cittadini.
Seconda sorpresa. I 2,3 miliardi non riguardano solo il 2015. Sembrerebbe che siano estesi al biennio 2016-2017. Il che farebbe altri 6,9 miliardi in meno al Sistema sanitario nazionale in tre anni. Ma non è tutto.
Terza sorpresa. Il taglio degli esami «inappropriati», che graverà sulla qualità del servizio, quanto incide sui 2,3 miliardi da risparmiare? Pochissimo.
Circa 108 milioni in un anno. E gli altri dove li andiamo a prendere? Prevalentemente, per 1,2 miliardi, dai «dispositivi medici». Protesi dell’anca, valvole cardiache ecc. «Il rischio evidente, volendo tagliare così tanto sul prezzo dei dispositivi, è che prodotti dall’estero e non sufficientemente controllati finiscano sul mercato, come già accaduto» dice Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe che da anni si batte per la lotta agli sprechi veri.
Qualche altra perla. Bandite le prestazioni odontoiatriche in età evolutiva, che comunque non erano passate dalla mutua, eccetto che per i minori di 14 «vulnerabili» sul piano sanitario o sociale: alle Regioni si lascia fissare i tetti di reddito entro cui si ha diritto alle cure, come già avviene. Fuffa. La scure poi si abbatte su 77 vaccini contro le allergie da prescriversi «solo dopo visita specialistica allergologica». Il problema è che si discute ancora se i vaccini siano efficaci o meno, difficile misurare l’appropriatezza di cure di cui non si conosce l’efficacia. Sottoposti alla restrizione anche 9 tipi di Tac e Risonanza magnetica («agli arti» e «alla colonna con mezzo di contrasto», non meglio precisati).
Universalmente è ritenuto valido il punteggio del cosiddetto metodo Rand da 0 a 9 (0 esame «inappropriato», 9 «totalmente appropriato»). Ma gli scienziati del ministero hanno fissato il punteggio, per decidere se una Tac va fatta o no, da 0 a 10, sballando ogni criterio di valutazione. Ma il capolavoro riguarda la dialisi a domicilio. Alla quale hanno diritto solo i «pazienti che non presentano complicanze da intolleranza al trattamento e/o che non necessitano di correzione metabolica intensa». Pare che nessuno fuori dal ministero abbia capito cosa voglia dire. Di certo i dializzati che «necessitano di correzione metabolica intensa» sono ricoverati in terapia intensiva, va da sé che non è il caso di assisterli a casa.
Ecco, finezze semantiche del genere. Conclusione. Giorni fa ho scritto che è criminale continuare a tagliare nella sanità. Confermo. «Ormai siamo sotto la Grecia» accusa il presidente di Gimbe: «In Italia ci stiamo pericolosamente avvicinando al 6,8 del Pil come finanziamento pubblico alla sanità. Sotto questa soglia si ritiene che comincino i danni per la salute della popolazione. Ma, poiché gli standard dell’assistenza sanitaria non sono uniformi sul territorio, è quello che già sta avvenendo. Al Sud ad esempio».
Libero – 21 agosto 2015