Al telefono il Governatore del Veneto, Luca Zaia, lo ripete almeno tre volte. «I giornali hanno scritto di una tromba d’aria. Ma si è trattato di tornado, violento come Katrina. Forse questo ha sviato un po’ l’attenzione dal nostro dramma. Che mi pare sia sottovalutato».
Il dramma di cui parla il Governatore è quello del tornado che mercoledì scorso, alla velocità di 320 chilometri orari, s’è abbattuto in Veneto, su alcuni paesi della Riviera del Brenta. Spazzando via tutto quello che ha trovato. Ha fatto il giro del mondo l’immagine della palladiana Villa Fini rasa completamente al suolo. Non è stata l’unica dimora storica ad essere danneggiata: se ne contano almeno una decina.
Per richiamare l’attenzione sulla zona colpita, ieri Zaia ha scritto ai direttori dei più importanti quotidiani nazionali. A suo parere non c’è la percezione reale della catastrofe. «Stiamo ancora valutando i danni. Il Veneto è sempre trattato come una periferia dell’Impero». Il Governatore parla di almeno 100 milioni, ma per le associazioni imprenditoriali sono almeno il doppio. Di ufficiale per ora c’è che tra Dolo, Mira e Pianiga, le tre località colpite, sono più di 500 le case distrutte (una settantina andranno demolite), un centinaio le imprese devastate, più di quattrocento gli sfollati, una novantina i feriti e un morto. Si chiamava Claudio Favaretto, 63 ani, è stato risucchiato e scaraventato con la sua auto per duecento metri. È stato ritrovato senza vita in un vivaio di piante e fiori a Mira.
Da calcolare ancora i danni al patrimonio e alle opere pubbliche. La strada provinciale del Brenta è stata sconquassata, l’asfalto è saltato in diversi punti. Ma non ha impedito ai numerosi turisti armati di macchine fotografiche di intasarla, per riprendere i detriti e scattare selfie. I sindaci si lamentano. Quello di Dolo, Alberto Polo, alle prese con la gestione degli sfollati («quella dei profughi, che pure credevo fosse ingestibile, è un’inezia rispetto a questa») dice di non sopportarli più. «Veramente sono io che mi sono lamentato», — precisa Zaia. «Non mi piace questo tipo di turismo macabro». Sono almeno 150 le auto che saranno rottamate, molte finite nei giardini di abitazioni. Il tornado ha polverizzato le tegole di molte case che si sono trasformati in proiettili frantumando persino le spesse vetrate delle banche. In una fabbrica di Mira, non distante dal vivaio di fiori dove è stato ritrovato il morto, centinaia di pannelli fotovoltaici sono stati distrutti.
«Dall’elicottero si vedono solo campagna e detriti», argomenta Zaia, che ha documentato tutto in vista della richiesta dello stato di calamità: «Sa, i veneti a volte si fanno male da soli, tanto sono laboriosi. Sono come le formiche, hanno già pulito tutto. Fra una settimana sembrerà che il tornado non ci sia mai stato». A Mira molte persone stanno rivivendo un dramma: uno dei quartieri distrutti era stato costruito una quarantina di anni fa proprio per dare casa agli sfollati. Vittime di un altro tornado.
Agostino Gramigna – Il Corriere della Sera – 13 luglio 2015