Ettore Livini, Repubblica. L’Italia lancia l’etichetta “salva stalle” per aiutare gli allevatori tricolori travolti dall’addio alle quote latte. Il governo ha inviato a Bruxelles lo schema di un decreto interministeriale che prevede l’indicazione obbligatoria dell’origine nei prodotti caseari venduti nel nostro Paese. Dopo l’ok della Ue atteso nel giro di pochi mesi – su cartoni di latte, vasetti di yogurt, confezioni di formaggio, mozzarella e altri derivati dovranno essere riportate con chiarezza tre indicazioni: il Paese dove la materia prima è stata munta, quello dove è stata trasformata e quello di confezionamento. Il provvedimento – che è stato annunciato oggi da Matteo Renzi e dal ministro all’Agricoltura Maurizio Martina nel corso della giornata nazionale del latte italiano, organizzata dalla Coldiretti – è l’ennesimo salvagente per un settore messo ko dalla liberalizzazione della produzione, varata da Bruxelles il 31 marzo 2015.
Il decreto per l’origine del latte in etichetta “è già stato firmato, non è una promessa” ed “è stato già inviato ieri a Bruxelles ieri. Prima i fatti e poi le parole”. Lo ha detto il premier, Matteo Renzi, che all’incontro della Coldiretti a Milano ha parlato di “una storia che richiama giustizia, sapere che cosa sto bevendo”.
Il “liberi tutti” della Ue ha avuto l’effetto di uno tsunami bianco: l’Europa ha munto nei primi due mesi del 2016 il 7,4% di latte in più dell’anno scorso, con punte del +32% per l’Irlanda, del +21% Belgio e + 18% per l’Olanda. Il surplus d’offerta ha fatto crollare i prezzi (-11% in Italia da inizio 2015). «E il bilancio per noi è semplice: un disastro!», sintetizza il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo: millecinquecento stalle hanno chiuso i battenti dopo la fine delle quote. Migliaia di aziende agricole sono sull’orlo del lastrico, costrette a vendere a 31,9 centesimi al litro un prodotto che a loro – tra mangimi, macchine ed energia – ne costa quasi 40. I 120 milioni di aiuti stanziati dal governo hanno consentito di mettere una toppa temporanea al disastro («ogni volta che chiude una stalla si cancella un sistema fatto di animali, prati, sicurezza alimentare, formaggi tipici e salvaguardia del territorio », ricorda Moncalvo). Ma l’allarme resta rosso. E 120mila lavoratori del settore, come i loro colleghi tedeschi e francesi, sono pronti a chiedere all’Europa un mezzo dietrofront: un ritorno, pur annacquato e mascherato, a un sistema di quote volontarie o aiuti finanziari ai virtuosi che non hanno aperto i rubinetti delle mungitrici.
L’Italia paga alla liberalizzazione un conto più salato degli altri. Un po’, va detto, è colpa nostra: le aziende del settore sono piccole e poco organizzate. La forbice tra il prezzo del latte in stalla e quello sugli scaffali come sottolinea polemica la Coldiretti – è quasi del 400%, «la più ampia d’Europa». La produzione domestica non basta a coprire i consumi nazionali (importiamo il 40% del fabbisogno totale). Ogni anno arrivano così dall’estero – Lituania in primis – milioni di quintali di cagliate con cui poi produciamo gustose mozzarelle rigorosamente made in Italy e tre cartoni di latte su quattro – sostiene Coldiretti – provengono da oltre frontiera. Un fenomeno che la nuova etichettatura potrebbe aiutare a ridimensionare.
A far piovere sul bagnato (oltre alle sanzioni alla Russia – sono poi le imitazioni farlocche dei formaggi di casa nostra: gli Stati Uniti, per dire, producono ogni anno 144 milioni di chili di “parmesan”, la metà del Parmigiano- reggiano che esce in dodici mesi dai caseifici emiliani. Un disastro economico per gli allevatori italiani, visto che il 40% del latte tricolore va proprio nella produzione di formaggi. «L’etichettatura con l’indicazione d’origine obbligatoria sarebbe un importante passo avanti», conclude Gianpiero Calzolari, presidente di Granarolo. Oggi, con ogni probabilità, dovrebbe essere accontentato.
Il latte italiano avrà l’etichetta. Il governo ha già stanziato 120 milioni per sostenere i 35mila allevatori nazionali
Roberto Iotti, Il Sole 24 Ore. Tutti i prodotti lattiero-caseari potrebbero avere presto un’etichetta con l’origine della materia prima. Una battaglia che da tempo sta conducendo la Coldiretti, indicata come una delle soluzioni a tutela del made in Italy in un settore dove da mesi i prezzi crollano e l’import di latte e derivati è in forte crescita. L’annuncio oggi a Milano il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, durante il “milk day” organizzato da Coldiretti.
Il secondo grande regalo che Renzi riserva al mondo agricolo. Nel settembre scorso, nell’ambito del farmer day di Coldiretti in Expo, il presidente del Consiglio annunciò – accolto da una plateale ovazione – la soppressione dell’Imu e dell’Irap per aziende agricole e allevamenti. Una misura che vale circa 600 milioni su una manovra “agricola” da poco più di 800 milioni. Il provvedimento sull’etichettatura consisterebbe in un decreto interministeriale (Politiche agricole, Sviluppo economico e Sanità) il cui testo sarebbe già stato inviato a Bruxelles per l’esame.
Nonostante la forte volontà politica da parte dell’Italia, la Ue non ha mai appoggiato misure di questo genere: attualmente il tema delle indicazioni in etichetta è demandato al rigido regolamento 1169/2011. In più occasioni proposte di indicare nell’etichetta dei prodotti finiti l’origine delle materie prime è stato visto dai tecnici di Bruxelles come lesivo della concorrenza e della libera circolazione delle merci.
Una svolta per il settore lattiero caseario italiano. Il 31 marzo 2015 giungeva a conclusione il sistema europeo delle quote latte. Senza più contingenti imposti, la produzione europea di latte in poco più di un anno è aumentata di 783mila tonnellate. Di conseguenza i prezzi del latte alla stalla sono crollati. Situazione molto complessa in Italia, forse tra i Paesi più colpiti dalla crisi del latte. I 35mila allevatori italiani, tuttavia, hanno beneficiato di non pochi interventi. Al netto degli aiuti previsti dalla Pac, il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha messo in azione un piano che vale 120 milioni ripartiti in tre anni (2015-17). Non è tutto. Nella legge di stabilità 2016 il governo ha soppresso Imu e Irap. E non è escluso che a breve possano arrivare altri aiuti. Da mesi a Bruxelles si parla di misure incentivate per l’abbandono, quindi la chiusura, dell’allevamento da latte.
Più nel dettaglio, il piano da 120 milioni del ministro Martina, prevede 32 milioni per l’aumento della compensazione Iva al 10% per il latte venduto alla stalla, mentre è stato attivato il Fondo latte per ristrutturare i debiti e potenziare la moratoria dei mutui bancari ottenuta nei mesi scorsi in accordo con Abi. Altri 25 milioni sono stati utilizzati per il sostegno diretto agli allevatori (integrazione al prezzo alla stalla) e 10 milioni sono stati investiti per l’acquisto di latte crudo da trasformare in Uht e destinare agli indigenti. Sul fronte europeo, infine, c’è l’impegno, insieme a Francia, Spagna e Germania, per costruire soluzioni a partire dal finanziamento Ue della riduzione volontaria dell’offerta e per una Ocm Latte.
L’ultima azione varata dal ministero riguarda la campagna di sostegno dei consumi di latte fresco, con lo slogan #oradellatte. Testimonial dell’iniziativa, partita il 26 maggio scorso, sono lo chef Carlo Cracco, Cristina Parodi, l’ex calciatore Demetrio Albertini e il nutrizionista Giorgio Calabrese. «Siamo impegnati ogni giorno – dice Martina – al fianco degli allevatori italiani per affrontare una crisi strutturale. Si pagano oggi scelte, soprattutto europee, mai fatte negli anni precedenti. L’Europa deve battere un colpo e per questo stiamo costruendo un fronte con Germania, Francia e Spagna per chiedere decisioni che siano valide per tutti i produttori di latte Ue. Penso al finanziamento comunitario della riduzione volontaria dell’offerta, per il breve periodo, e a una Ocm Latte strutturata come risposta di medio termine».
31 maggio 2016