Calzolari: ora si deve lavorare sulla certificazione e sull’aggregazione dei volumi per conquistare i mercati emergenti. Una grande sfida per la zootecnia italiana. Il dopo quote latte (1?aprile 2015), la fine cioè dell’obbligo di rispettare un tetto di produzione, nel nostro Paese non potrà tradursi in un exploit produttivo a causa dei limiti strutturali, ma potrà comunque diventare un’opportunità per il settore lattiero-caseario.
Le condizioni ci sono. Ad analizzarle è stato ieri un incontro promosso a Bologna dall’Alleanza delle cooperative agroalimentari (FedagriConfcooperative, Legaccop Agroalimentare e Agci-Agrital) al quale ha partecipato anche il presidente della commissione Agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro.
Nel settore lattiero-caseario la cooperazione gioca infatti un ruolo di primo piano. Nella campagna 2012-13 il fatturato dell’industria ha sfiorato i 15 miliardi e di questi circa 7 sono stati realizzati dal sistema cooperativo. L’export complessivo ha raggiunto 2,2 miliardi, mentre l’import ammonta a 3,5 miliardi con un deficit della bilancia commerciale di 1,5 miliardi in fase però di miglioramento. A trainare il settore è la produzione di formaggi a marchio europeo: 495mila tonnellate (+1,2% sul 2012) con un fatturato di 3,8 miliardi di cui 1,5 all’estero. L’obiettivo dunque è di«rivolgersi sempre più ai mercati esteri».
Il comparto, secondo le previsioni di medio periodo, è in crescita trainato in particolare dalla domanda mondiale dei paesi emergenti, dalla Cina alla Russia al Sud America. Gianpiero Calzolari, presidente di Granarolo, uno dei principali player del settore, ha invitato il Governo a promuovere «un’azione di moral suasion nei confronti della grande distribuzione che non riconosce alle aziende italiane operanti nel mercato diary il cambio di passo». Calzolari ha anche sottolineato che la strategia nazionale deve puntare sulla valorizzazione dell’export e della sicurezza alimentare «su cui è stato costruito il nostro sistema di lavoro. Siamo appetibili anche su altri prodotti come il baby food e il latte a lunga conservazione. Dobbiamo lavorare dunque – ha aggiunto – sulla certificazione della materia prima e sull’aggregazione dei volumi per competere sui grandi mercati come quello cinese».
Per il presidente della commissione Agricoltura di Strasburgo, De Castro, nella nuova Politica agricola comunitaria ci sono spazi per sostenere la zootecnia, ma tutto dipende dalle scelte nazionali: «Una gestione efficace della quota di sostegno accoppiato, per il nostro paese vale circa 500 milioni, può rappresentare una straordinaria opportunità per la filiera nazionale del latte. La Francia, per esempio, sembra orientata a destinare circa il 50% del plafond accoppiato alla zootecnia». De Castro ha ricordato poi che il semestre di presidenza italiana sarà incentrato sui negoziati commerciali. Primo tra tutti quello con gli Usa. Da qui la richiesta alle coop di predisporre un inventario di tutte le barriere che bloccano il made in Italy.
Il Sole 24 Ore – 1 febbraio 2014