La trattativa si è interrotta: sul prezzo del latte c’è stata l’ennesima fumata nera. Dopo quasi cinque ore di riunione presso il ministero delle Politiche agricole, agricoltori (Coldiretti, Confagricoltura e Cia) e industriali (Assolatte) ieri non sono riusciti a trovare un’intesa.
Lactalis ha fatto un passo avanti offrendo 35 centesimi al litro ribaltabili sui contratti in scadenza (a fronte dei 33,9 attualmente pagati) ma la proposta è stata rispedita al mittente con l’annuncio della ripresa delle mobilitazioni. Anche perché alla vigilia dell’incontro circolava la voce di una proposta di 37 centesimi che è poi quanto Granarolo sta pagando ai propri conferenti. L’asso calato dall’industria (e solo per due mesi) ha riacceso la miccia. Il ministro Martina, che non ha partecipato all’incontro incentrato esclusivamente sul negoziato per il prezzo e non sulle politiche per il settore, ha assicurato: «Noi andremo avanti con determinazione a sostegno innanzitutto dei nostri allevatori che devono poter vedere remunerato equamente il lavoro che fanno». Il ministro aveva messo al loro posto tutti i tasselli per agevolare l’accordo, dalle misure fiscali della Stabilità, con la cancellazione di Irap e Imu agricola e l’aumento delle percentuali di compensazione Iva per il latte che portano a un incremento complessivo di circa un centesimo, per finire allo sblocco dei 55 milioni del piano latte a cui si aggiungeranno i 25 milioni in arrivo da Bruxelles e l’ampliamento della compensazione delle quote che vale altri 100 milioni. Un quadro che però non è riuscito ad allentare le tensioni. La tregua è dunque finita e Coldiretti e Confagricoltura hanno annunciato la ripresa delle proteste.
Durissima la risposta dell’organizzazione guidata da Roberto Moncalvo che ha aperto i giochi sabato scorso con l’assedio allo stabilimento di distribuzione della Lactalis a Lodi e oggi porta la guerra del latte nella sede dell’Antitrust a Roma per sollecitare l’Authority «a far luce sugli abusi di dipendenza economica a danno dei produttori di latte fresco». Per Coldiretti, che ha bollato i 35 centesimi un’elemosina: «C’è la volontà di alimentare tensioni nel Paese con la provocatoria offerta di un centesimo in più per litro di latte che umilia il lavoro quotidiano degli allevatori italiani. Si vuole destabilizzare il sistema proprio nel momento in cui la ripresa dei consumi, dell’economia e dell’occupazione fa ben sperare anche l’agroalimentare, principale voce di spesa dei cittadini». Il rischio è la chiusura delle stalle italiane. Già mille sono uscite dal mercato con quattromila posti di lavoro bruciati e 550 milioni di perdite economiche. Per questo la Coldiretti chiede «che il compenso riconosciuto sia almeno commisurato ai costi di produzione che variano dai 38 ai 41 centesimi al litro secondo l’analisi dell’Ismea». Anche per Mario Guidi, presidente di Confagricoltura «l’accordo sul prezzo del latte, a queste condizioni, è impossibile». Guidi ha però giudicato favorevolmente la decisione di Lactalis di abbandonare il riferimento al latte tedesco quotato poco meno di 30 centesimi. Il presidente di Confagricoltura ha annunciato l’avvio di nuove forme di protesta che questa volta non si indirizzeranno solo agli stabilimenti del gruppo Lactalis, ma a tutto il comparto industriale, non bloccando comunque le attività industriali. Più soft la reazione del presidente della Cia, Dino Scanavino, che «ha preso atto dei passi avanti mostrati dalla parte industriale» e ha chiesto al governo «di rendere operative e immediatamente utilizzabili tutte le risorse possibili». Nessuna presa di posizione, invece, da parte di Assolatte: l’associazione delle imprese lattiero casearie non commenta lo stallo.
Annamaria Capparelli – Il Sole 24 Ore – 13 novembre 2015