Chi oggi chiede il riscatto della laurea, per andare in pensione prima, farebbe bene a mettersi seduto. Il conto presentato, in termini di contributi da versare, è quasi sempre salatissimo. Per capire: una donna di 40 anni con 11 anni di lavoro alle spalle e un reddito di 36 mila euro lordi l’anno, dovrebbe pagare 65 mila euro. Due anni di stipendio. Pochi se lo possono permettere, molti rinunciano. Ma le regole potrebbero cambiare e il riscatto della laurea potrebbe diventare «flessibile». Cosa vuol dire?
Sarà il diretto interessato a decidere quanti soldi versare all’Inps per far valere come lavorativi gli anni di università. Accettando una pensione più bassa se verserà poco. Ma guadagnando comunque quattro o cinque anni, a seconda della durata del suo corso di laurea, verso il traguardo della pensione. Le nuove regole dovrebbero essere perfezionate a breve, ed entrare nell’emendamento o nel decreto legge che definirà il meccanismo di quota 100, cioè la possibilità di lasciare il lavoro con 62 anni d’età e 38 di contributi. Ma non faranno sentire subito i loro effetti.
I versamenti
Il diretto interessato potrà decidere quanti soldi versare all’Inps per far valere come lavorativi gli anni di università: la pensione si adeguerà
A poter sfruttare il riscatto flessibile della laurea sarà solo chi ha cominciato a lavorare, e versare i contributi previdenziali, dopo il primo gennaio del 1996. Non è una data scelta a caso. Chi ha cominciato a lavorare dopo quel giorno, infatti, avrà la pensione con il sistema contributivo. Un assegno, cioè, calcolato sulla base dei contributi versati nel corso di tutta la sua vita lavorativa. Chi invece in quel momento già lavorava e versava i contributi, avrà una pensione retributiva o mista, cioè calcolata sulla base dello stipendio incassato nel corso della sua vita. E quindi tendenzialmente più alta.
Il riscatto flessibile, in sostanza, diventa un piccolo vantaggio per chi si vedrà applicare un metodo di calcolo meno vantaggioso. Ma come funzionerà nel dettaglio? Già oggi è possibile il riscatto parziale della laurea. I contributi previdenziali, cioè, si possono versare non per tutti gli anni del corso di laurea ma solo per alcuni. Il nuovo riscatto sarebbe invece flessibile: invece dei 65 mila euro chiesti nell’esempio all’inizio di questo articolo, la nostra donna di 40 anni potrebbe decidere di pagarne «solo» 10 mila. In questo modo il suo futuro assegno sarebbe più basso perché scenderebbe il suo montante contributivo, cioè la somma dei contributi versati nel corso della sua vita. Ma potrebbe comunque guadagnare del tempo e lasciare il lavoro prima. Del riscatto flessibile si era già discusso in passato. Anche il governo Renzi ci aveva pensato. Ma l’ipotesi era stata poi scartata perché si pensava di applicarlo a tutti, non solo a chi ha cominciato a lavorare dopo il 1996. In quel caso, però, avrebbe avuto un costo notevole e immediato per lo Stato.
corriere della sera