Laureati e, contemporaneamente, abilitati alla professione medica. Risparmiando così quell’anno di tempo «perso» tra i mesi di tirocinio obbligatorio post lauream e l’esame di abilitazione per l’iscrizione all’albo.
E, nello stesso tempo, iniziando a versare in anticipo, rispetto a quanto avviene ora, la contribuzione dovuta alla cassa di previdenza, considerato che il tasso di sostituzione (il rapporto fra la prima pensione e l’ultimo reddito) per i giovani che entrano quest’anno nel mondo del lavoro si stima non superi il 45%, in caso si cominci l’attività a 33 anni e si guadagni, a fine carriera, 32 mila euro annui.
Mentre, dunque, al ministero dell’università si ritorna a parlare di titolo abilitante per essere in linea con le prassi europee, in un convegno a Roma, organizzato dall’Enpam, si sono fatti i conti con probabile (scarsa) consistenza del futuro assegno pensionistico, che potrebbe, tuttavia, «irrobustirsi» grazie a interventi assistenziali (finanziamenti per l’avvio dello studio, risorse per formazione e innovazione dei professionisti e dei collaboratori ecc.) che l’ente previdenziale di categoria intende sostenere.
Laurea abilitante. Dunque, nel prossimo futuro, al termine dei sei anni di studio universitario, gli aspiranti medici avranno in tasca una laurea abilitante. Contestualmente alla seduta di esame di laurea, infatti, i giovani svolgeranno anche la prova di abilitazione professionale, così come già avviene, per esempio, per la professione infermieristica.
Il provvedimento ridurrà di circa un anno il tempo che intercorre tra la laurea e l’accesso alle scuole di specializzazione. Ma per fare questo sarà necessaria anche una successiva modifica che, secondo le prime indiscrezioni, andrà a impattare sul tirocinio obbligatorio articolato in tre mesi (un mese in un reparto chirurgico, un mese in un reparto di medicina e un mese presso l’ambulatorio di un medico di base). Il restyling, infatti, seppure confermando la durata del percorso di laurea, darà la possibilità di effettuare il tirocinio valutativo negli anni del percorso universitario e non alla sua conclusione, come avviene ora. Anche perché, secondo gli addetti ai lavori, l’esame di stato oggi non è altro che una ripetizione della prova precedente e il tirocinio è stato, di fatto, già riassorbito dalle stesse facoltà.
Ma non solo, perché sempre con l’obiettivo di diminuire i tempi di ingresso nel mondo del lavoro la conferenza dei presidi della facoltà di medicina e chirurgia ha messo a punto alcune proposte per ridurre ulteriormente il periodo di formazione, andando a toccare questa volta le scuole di specializzazione. La durata di questi corsi, pertanto, verrà avvicinata a quella europea: le specialità chirurgiche passeranno da sei a cinque anni, quelle mediche da cinque a quattro anni o tre per alcune aree particolari. Novità anche sul tema del dottorato: durante la specializzazione sarà consentito, nell’ultimo anno, di svolgere contemporaneamente anche il terzo livello della formazione accademica.
Previdenza e assistenza. Diretta (tragica) conseguenza dell’ingresso tardivo nel mercato per i camici bianchi è la (concreta) possibilità di ritrovarsi, una volta in pensione, con un assegno insufficiente al proprio sostentamento. E, perciò, l’Enpam punta ad allungare la capacità reddituale anticipando e prolungando l’attività, sostenendo l’iscritto durante l’intera carriera, anche con incentivi per la formazione e l’accesso al credito. «Degli 11 milioni a disposizione quest’anno per le politiche di assistenza, ne abbiamo consumati 4 e mezzo.
Noi vogliamo lanciare il concetto che occorre appoggiare non soltanto i colleghi in particolari condizioni di disagio, ma anche e soprattutto i giovani che, avendo appena finito il tirocinio e la specializzazione guadagnano poco, e che potrebbero esserci segnalati dagli ordini», ha spiegato a ItaliaOggi il presidente della cassa previdenziale di medici e odontoiatri, Alberto Oliveti. Proposte illustrate nel corso della presentazione dell’Osservatorio del mercato del lavoro e delle professioni sanitarie, un progetto che «partirà nei prossimi mesi, sarà aperto alle istituzioni, a Istat, Isfol e Unioncamere», con l’obiettivo di monitorare la vera sostenibilità (economica e reddituale) dell’iscritto, studiare le evoluzioni del mercato e individuare soluzioni per rendere adeguate le future prestazioni pensionistiche.
A tal proposito, l’istituto ha realizzato delle simulazioni sul tasso di sostituzione per un iscritto, a partire dal 2013, nel caso di pensionamento per vecchiaia (68 anni) utilizzando le basi dell’ultimo bilancio tecnico: entrando nel mercato a 27 anni, con un reddito iniziale di 12 mila 380 euro e uno finale di 27 mila 474 euro, si stima con «l’ausilio» dell’incremento Istat una pensione pari a 13 mila 993 euro (tasso del 51%), mentre per un ingresso tardivo a 37 anni, partendo da guadagni di 16 mila 786 euro e concludendo con una cifra di 30 mila 560, la pensione sarà di 12 mila 192 (tasso del 40%). L’Enpam si pone, perciò, il problema di favorire una «più precoce inclusione nel mondo del lavoro» dei medici e degli odontoiatri nella consapevolezza, conclude Oliveti, che molti giovani laureati «sono costretti alla sottoccupazione. O all’emigrazione».
27 giugno 2013