E’ riconosciuta l’irregolarità dei conteggi compiuti dall’azienda, che aveva considerato il matrimonio come il “dies a quo” del congedo. E’ necessaria la flessibilità, soprattutto se mancano indicazioni specifiche a livello contrattuale. E comunque la pausa concessa al lavoratore può anche essere successiva alle nozze.
Il caso Congedo matrimoniale sì, ma tale definizione va presa in senso lato. Per essere più chiari, il countdown della pausa concessa al lavoratore non deve partire, per forza di cose, dal giorno del ‘fatidico sì’ – chiarisce la Cassazione, con la sentenza 9150/12 –, piuttosto deve essere connessa alla giornata dedicata alle nozze. A dare il ‘la’ alla battaglia giudiziaria è una vicenda quantomeno singolare: una società licenzia un dipendente – con ben nove anni di anzianità alle spalle -, contestandogli anche la fruizione illegittima, ossia oltre quanto concesso dall’azienda, del congedo per matrimonio. A ribaltare tale situazione provvedono i giudici: in Tribunale, prima, e in Corte d’Appello, poi, difatti, il licenziamento viene dichiarato illegittimo. E la società viene condannata a reintegrare il dipendente e a pagare a quest’ultimo anche il risarcimento dei danni. Nodo gordiano è proprio la gestione del congedo matrimoniale chiesto, legittimamente e a tempo debito, dal lavoratore. Per l’azienda – che ricorre in Cassazione –, però, è erroneo affermare, come fatto in Appello, che «in assenza di specifiche disposizioni contenute nel contratto nazionale collettivo di categoria» il congedo possa decorrere «anche da un giorno successivo (e ragionevolmente vicino) alla data del matrimonio». Così il legale difende la linea seguita dall’azienda che, nello specifico, aveva sì riconosciuto i 15 giorni richiesti, ma li aveva fatti partire dal giorno delle nozze, anticipandone quindi la scadenza rispetto ai programmi del lavoratore.
Visione legittima, quella dell’azienda? Assolutamente no, secondo i giudici di Cassazione. Per questi ultimi – che rigettano il ricorso dell’azienda –, difatti, in materia di congedo matrimoniale, è necessario essere flessibili, soprattutto «in mancanza di specifica disciplina contrattuale collettiva».
Chiara l’interpretazione data dai giudici: certo, la norma stabilisce che il congedo «spetti per contrarre il matrimonio», ma dovendo «tutelare le esigenze personali del lavoratore in occasione delle nozze», non si ritiene che «tale periodo debba necessariamente decorrere dal giorno del matrimonio», che è «causa che fa sorgere il diritto del lavoratore» ma «non il dies a quo» da cui far partire il conteggio dei giorni concessi. Di conseguenza, non è necessario che «la giornata del matrimonio debba necessariamente essere ricompresa nei 15 giorni di congedo», ma, allo stesso tempo, tale periodo non può essere «svincolato», da un punto di vista logico, dall’evento, ossia dalle nozze. Tutto ciò, ovviamente, sempre tenendo presenti anche le «esigenze organizzative e produttive» dell’azienda, che, però, non può legare il congedo al giorno del ‘fatidico sì’.
La Stampa – 18 settembre 2012