«Questa riforma del lavoro tutti la criticano, ma io credo che sia una riforma buona, mi darei un sette che ragionando in trentesimi come sono abituata sarebbe un 22-23». È quanto ha affermato il ministro del Lavoro uscente, Elsa Fornero, che nel corso del suo intervento a un convegno organizzato dall’Aifi ha tratteggiato i suoi mesi di governo.
«Alcuni mi chiedono se la rifarei ancora così e io dico di sì se rivivessi ancora quelle circostanze ovvero quei vincoli di risorse che c’erano e quei vincoli politici-istituzionali», ha aggiunto la Fornero. «E dico questo rispetto a un certo semplicismo di analisi e di proposte sul lavoro che ho visto non solo in campagna elettorale ma anche nelle proposte post campagna elettorale», ha detto.
Costo del lavoro
«Mi sono mancati sei miliardi per ridurre il costo del lavoro in questa fase – ha voluto sottolineare il ministro – quelle risorse sarebbero state fondamentali per ridurre in questa fase di grave recessione il costo del lavoro che è un forte problema per le imprese».
I vicini francesi
La Fornero ha ricordato come nel frattempo al suo collega francese siano stati forniti 10 miliardi strutturali. «Quelle risorse sarebbero state da abbinare alle nuove regole perché – ha concluso – la nostra riforma è stata sostanzialmente una riforma delle regole del mercato del lavoro, dove le parole chiave sono state inclusione e dinamismo, obiettivi non certo di breve termine».
Eventuali ritocchi
Su eventuali ritocchi alla riforma, aggiunge «io non ho niente da obiettare, io stessa ho messo in piedi una metodologia di monitoraggio e implementazione. Mi sembra però ingenuo e pretestuoso pensare che una riforma del mercato del lavoro che cambia le regole possa contrastare la recessione. C’è differenza tra risollevare il paese e ridisegnare le regole». La filosofia della riforma, spiega ancora «era di migliorare le relazioni di lavoro per aumentare la produttività. A chi dice ridammi la flessibilita», io chiedo se questa vi ha portato produttività. Non ci salviamo adottando ipotetici modelli cinesi. E a chi mi dice che l’apprendistato non funziona rispondo che anche lì sono mancate le risorse, e la Germania dimostra che funziona e innesca un clima di collaborazione tra imprese e lavoratori«.
Il Sole 24 Ore – 19 marzo 2013