Diminuiscono le nuove crisi aziendali e le ore di cassa integrazione ordinaria, segno che per le aziende rimaste in gioco la congiuntura migliora lievemente e la ripresa è in vista, se non già iniziata. Ma sull’altro fronte c’è l’altra fetta d’imprese, quelle per cui uscire dalla crisi appare sempre più difficile, e che in soli cinque mesi hanno prodotto in Veneto altri 14 mila licenziamenti.
È un sistema produttivo sempre più polarizzato, sempre più a due velocità quello veneto fotografato ieri dall’agenzia regionale Veneto Lavoro, nel report che fa il punto delle crisi aziendali nei primi cinque mesi del 2014, in un’immagine che si vede ancor più nitida nel raffronto del ricorso agli ammortizzatori sociali.
I numeri fissano in 690 le imprese che hanno annunciato la crisi, poco meno delle 705 del 2013, per 17.100 lavoratori coinvolti, in linea col 2013. Diminuiscono un po’ – 582 contro 678 – anche quelle per le quali è stato firmato un verbale di accordo fra le parti per la gestione delle crisi. Osservando nel complesso le realtà che si sono trovate a dover applicare per la prima volta gli ammortizzatori, cioè i nomi «esordienti», risulta tuttavia interessante constatare come il dato sia in evidente flessione, cioè 311 contro le 564 del periodo gennaio-maggio 2013. Come dire che la maggioranza è composta sempre di più dal pacchetto delle stesse sigle, cioè quelle inguaiate ormai in modo cronico.
Il secondo aspetto da considerare è il differente andamento delle varie forme di cassa integrazione. Le ore di Cig ordinaria, che segnala le crisi momentanee, sono scese da 12,9 a 8,7 milioni e quelle per la cassa in deroga delle Pmi davvero usate da 7,5 a 4,5 milioni. A schizzare in alto, da 19,4 a 26,7 milioni, con una crescita del 37%, è la cassa straordinaria, specchio delle crisi strutturali. «Le ore aumentano in assoluto – è l’elemento su cui insiste il direttore di Veneto Lavoro, Sergio Rosato – ma importante è che scendono quelle delle imprese che vi fanno ricorso per la prima volta. Il dato più significativo credo sia questo. Così, ma di segno opposto, c’è la preoccupazione per i licenziamenti collettivi nelle grandi imprese che non diminuiscono».
Il dato numerico è anche in questo caso evidente. Nei primi 5 mesi 2014 i lavoratori inseriti nelle liste di mobilità sono stati, in Veneto, 5.735 contro i 5.182 di un anno fa. Andamento inverso, invece, per le interruzioni dei rapporti di lavoro individuali, scesi da 9.045 a 8.334, quelli cioé delle piccole imprese: un calo che segnala un inversione tanto più significativa per le piccole, segnalate come quelle che più avevano sofferto nella crisi. La somma dei licenziati, poco al di sopra delle 14 mila unità, non cambia di molto (14.069 contro 14.227): in soli cinque mesi la regione ha prodotto un altro pesante pacchetto di disoccupati. «È molto difficile far previsioni. Anche aumentasse la capacità produttiva – rileva ancora Rosato – il primo effetto nelle aziende sarebbe di riassorbire i propri cassintegrati. C’è ancora un surplus d’organico: la creazione di nuovi posti oggi è un fatto sporadico». Chi si sbilancia in un pronostico di massima è Maurizio Castro, ex parlamentare e storico capo del personale della Zanussi: «La disoccupazione in Veneto aumenterà nel 2014 e nel 2015; se saremo bravi si arresterà nel 2016 e magari vedremo una contrazione l’anno successivo». Il traino dei mercati internazionali non basta: «Anche se riprendono i volumi produttivi – è l’analisi di Castro – il confronto globale introduce nuovi standard di prezzo. La corsa all’efficienza è vitale e, si badi bene, vale anche per i prodotti d’alta gamma, moda compresa. La qualità è irrinunciabile, si deve intervenire sull’ottimizzazione dei processi. Questo è un tasto più nevralgico per il Nordest, con una dimensione aziendale molto piccola; ovvio che interventi di recupero di efficienza sono più percorribili in realtà produttive strutturate». Se vuoi fare economie di scala valide e sostenibili, insomma, la scala dev’essere grande.
«Il mio rammarico – interviene Franca Porto, segretaria della Cisl del Veneto – e faccio anche un mea culpa, è che, con un sistema sindacale d’eccellenza, imprenditoriale di qualità e ancora forte e una amministrazione regionale che considero buona, non abbiamo osato di più nello sperimentare modelli di accordo nella contrattazione locale, scambiando welfare con produttività: sarebbero potuti diventare modelli nazionali. Avremmo dovuto insistere su una bilateralità più spinta e diventare un laboratorio di politiche attive nel mercato del lavoro. Rinnovo l’appello a imprenditori e politica».
Intanto un po’ d’ossigeno arriva dall’accordo-ponte firmato ieri in Commissione regionale di concertazione che proroga al 31 agosto l’accordo 2013 sulla Cig in deroga. «Possiamo – rileva il presidente di Confartigianato Veneto, Giuseppe Sbalchiero – attendere le mosse del governo, a cui chiediamo che le nuove misure slittino al 2015 e di definire le risorse per il 2014».
Gianni Favero – Il Corriere del Veneto – 2 luglio 2014