Il contratto a tempo indeterminato diventa la «forma privilegiata» rispetto agli altri tipi di rapporto di lavoro, a partire da quelli a termine resi più flessibili pochi mesi fa. Per questo sarà «più conveniente in termini di oneri diretti e indiretti», cioè incentivato con un taglio dei contributi o dell’Irap, la tassa a carico delle imprese. Per le nuove assunzioni viene previsto il nuovo contratto a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio, con l’obiettivo della «semplificazione, modifica o superamento» della lunga lista di contratti oggi esistenti, più di 40, riducendo così i margini per la precarietà. Quando c’è il reintegro. L’emendamento del governo al Jobs act , il disegno di legge delega per la riforma del lavoro sul quale ieri notte il Senato era chiamato a votare la fiducia, conferma le anticipazioni degli ultimi giorni. Il maxi-emendamento
Come previsto, le modifiche sui licenziamenti e sull’articolo 18 vengono rinviate ai decreti delegati, che il governo dovrà emanare entro sei mesi una volta che il Jobs act sarà legge, e quindi dopo l’approvazione anche da parte della Camera. Le regole si applicheranno alle nuove assunzioni (primo lavoro o cambio d’azienda). Cosa diranno le norme attuative, che arriveranno nel 2015, l’ha confermato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti nel suo intervento in Aula. Il reintegro nel posto di lavoro resta per i licenziamenti discriminatori, quelli motivati per esempio dal credo politico o religioso del dipendente. Sparisce del tutto per quelli economici, attribuiti alle difficoltà del mercato, per i quali resterà possibile solo un indennizzo crescente con l’anzianità di servizio. Mentre per i licenziamenti disciplinari, motivati dal comportamento del lavoratore, resterà solo per pochi casi, quelli in cui il magistrato accerterà una violazione grave da parte dell’azienda, che saranno comunque specificati sempre nelle norme attuative in modo da ridurre i margini di discrezionalità della giurisprudenza. Sul tavolo, però, resta anche l’ipotesi di consentire all’azienda di optare per l’indennizzo, a quel punto più alto, pure quando il magistrato disponga il reintegro. Una soluzione adottata ad esempio in Spagna.
Le norme attuative
Tutto questo, però, dovrà essere specificato nelle norme attuative. Come previsto, nel testo del Jobs act non ci sono riferimenti diretti all’articolo 18. Metterli avrebbe reso ancora più delicato il voto di ieri notte a Palazzo Madama, visto che l’argomento non è certo di quelli che uniscono. In questo modo il disegno di legge delega resta a «maglie larghe», e nei provvedimenti che dovranno entrare nei dettagli ci saranno margini di manovra più ampi per scrivere le nuove regole. Era quello che voleva il governo, visto che i decreti attuativi passeranno in Parlamento solo per un parere non vincolante e quindi la minoranza Pd avrà un minor potere di interdizione. Nelle ultime ore, però, era suonato a Palazzo Chigi un campanello d’allarme. Senza un riferimento nel ddl delega, le future norme attuative sull’articolo 18 potrebbero essere impugnate davanti alla Corte costituzionale per eccesso di delega, cioé perché vanno al di là dei paletti del testo votato dal Parlamento.
Troppo vago anche quel riferimento alla «eliminazione e semplificazione, anche mediante norme di carattere interpretativo, delle norme interessate da rilevanti contrasti interpretativi, giurisprudenziali o amministrativi» che pure compare nel testo. Anche per questo il ministro Poletti è entrato nei dettagli delle modifiche nel suo discorso in Aula. Un intervento agli atti che potrà aiutare l’Avvocatura dello Stato in caso di ricorso.
Cambio di mansioni
Qualche ritocco dell’ultima ora è arrivato sul demansionamento, cioè la possibilità di assegnare al lavoratore mansioni inferiori rispetto alla categoria di appartenenza. L’operazione sarà possibile tenendo conto anche delle «condizioni di vita ed economiche del lavoratore». Ma, questa è l’aggiunta in extremis, i contratti nazionali o anche aziendali potranno prevedere «ulteriori ipotesi».
Le regole per i voucher
Sui voucher, i buoni utilizzati per le prestazioni occasionali che rappresentano la forma di lavoro più flessibile, si è arrivati ad un compromesso. Resta, come chiesto dalla minoranza pd, il tetto all’utilizzo annuale per singolo lavoratore, anche se questo non vuol dire che il vecchio limite dei 5 mila euro l’anno non possa essere alzato. Varranno in tutti i settori.
Il salario minimo
È stata recuperata la norma che consente l’introduzione anche in via sperimentale del compenso orario minimo. Viene limitato ai lavoratori che non sono tutelati da un contratto nazionale, al momento il 15% del totale. Ma un domani, se i contratti in scadenza dovessero essere disdettati o anche solo non rinnovati, il salario minimo potrebbe diventare una regola molto più diffusa. Sulle risorse si specifica che gli «eventuali risparmi» che arriveranno dalla revisione della cassa integrazione potranno essere destinati ai nuovi ammortizzatori sociali. (Lorenzo Salvia – Il Corriere della Sera)
Sull’articolo 18 l’impegno del governo. Poletti: «Solo indennizzo per i licenziamenti economici, reintegro per i disciplinari gravi»
Le novità scatteranno per tutte le nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti
Niente più reintegro per i licenziamenti economici: verrà sostituito con un indennizzo «certo e crescente» con l’anzianità di servizio. Doppio regime per i licenziamenti disciplinari: il reintegro scatterà per quei casi ingiustificati particolarmente gravi, previa qualificazione specifica della fattispecie, nelle altre situazioni è previsto un indennizzo economico «definito e certo». Nessuna modifica, invece, per la tutela reale in caso di licenziamento discriminatorio: la reintegrazione nel posto di lavoro resta confermata, come stabilito dalla Costituzione.
È questa la direzione di marcia per il governo che intende modificare il regime di reintegro disciplinato dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, applicato alle aziende con più di 15 dipendenti, che a sua volta era già stato modificato dalla legge Fornero (numero 92 del 2012). Queste modifiche si applicheranno a tutte le nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti stipulate dopo l’entrata in vigore della legge, mentre non verranno toccati i contratti in essere (a meno che una persona non cambi posto di lavoro; allora per il nuovo lavoro sarà soggetto al nuovo regime). Queste linee di indirizzo sono confermate nella relazione che il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, avrebbe voluto illustrare in Aula al Senato. Dopo che il suo intervento è stato interrotto dalle proteste dei senatori del Movimento 5 Stelle, Poletti ha deciso di depositare il testo della relazione che è rimasta agli atti, senza pronunciare l’intero discorso. «Per il governo è centrale la delega lavoro in tutta la sua portata, non solo l’articolo 18 che resta importante – ha detto il ministro – non è l’alfa e l’omega della nostra riflessione. Sull’articolo 18 ci sono eccessive aspettative sia in senso negativo che positivo».
L’illustrazione della direzione di marcia è significativa, dal momento che il Ddl delega dà ampio mandato al governo di intervenire sul tema nell’ambito dei decreti legislativi (sui quali le commissioni parlamentari potranno esprimersi con poteri non vincolanti). Il Ddl Jobs act, infatti, non esplicita direttamente cosa accadrà per il regime della reintegra, limitandosi (punto 7 lettera c del maxi-emendamento) a individuare nell’ambito della delega sul riordino dei contratti «la previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, in relazione all’anzianità di servizio». Tutto è rimandato ai decreti attuativi. È proprio la genericità del Ddl delega che spaventa la minoranza Pd che avrebbe voluto esplicitare nell’articolato l’impegno contenuto nella relazione depositata dal ministro Poletti, o quanto meno avrebbe voluto votare un ordine del giorno vincolante per il governo, nel timore di trovare sorprese non gradite in sede di decreto legislativo.
L’obiettivo più volte espresso dal premier Renzi è quello di limitare fortemente la discrezionalità dei magistrati sui presupposti che portano alla scelta del regime sanzionatorio, per restituire certezze a imprese e lavoratori. «La nuova riforma dell’art. 18 – afferma Arturo Maresca, professore di diritto del lavoro alla Sapienza – è necessaria perché la legge Fornero non è riuscita a realizzare l’obiettivo che si era posta, cioè di rendere certi i costi del licenziamento quando in sede giudiziaria viene disconosciuta la sussistenza della giusta causa, secondo valutazioni connotate spesso da un’ampia discrezionalità». In caso di licenziamento disciplinare, se considerato illegittimo, in base alla legge Fornero si applica la reintegra in due casi: se il fatto non sussiste (un lavoratore è ingiustamente accusato di aver rubato) o se nei contratti nazionali per la fattispecie è prevista una sanzione conservativa (si viene licenziati perché si arriva tardi al lavoro, ma secondo il contratto nazionale si può essere sanzionati al massimo con un giorno di sospensione). Il problema è che i contratti nazionali, come sottolinea Maresca, «molto spesso sono scritti in modo generico e sempre interpretabile da parte del giudice». In futuro per i licenziamenti disciplinari i casi di reintegra saranno indicati dalla legge, con l’obiettivo di sottrarli alla discrezionalità dei giudici. Se questo obiettivo verrà conseguito, dipenderà da come saranno scritti i decreti delegati. (Il Sole 24 Ore)
Jobs act, arriva il codice semplificato del lavoro. Mansioni, cambi limitati. Estensione dei sussidi. Riordino delle politiche attive
Possibilità di modificare le mansioni in caso di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale (da individuare «sulla base di parametri oggettivi») e mantenendo il livello salariale. Ma si dà la possibilità alla contrattazione collettiva, anche aziendale, di individuare ulteriori modalità di gestione flessibile delle mansioni. Contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Rafforzamento degli ammortizzatori sociali. Rivisitazione (e possibile superamento) delle forme contrattuali (più precarie); e riordino delle politiche attive (il tasto dolente del mercato del lavoro italiano).
Il governo ha presentato ieri in Senato il maxiemendamento con le ultime correzioni il «Jobs act». Per le nuovi assunzioni si apre la strada al contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti (in relazione all’anzianità di servizio), che prevede quindi la modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Le intenzioni dell’esecutivo, che poi saranno specificate nei decreti delegati, sono l’abolizione del reintegro per i licenziamenti economici (individuali, e forse anche collettivi). La tutela reale rimarrà pure per i licenziamenti discriminatori (mai stati in discussione perchè sono tutelati direttamente dalla Costituzione). Mentre per quelli disciplinari, la reintegra scatterà solo nei casi gravi, tipizzati successivamente in sede delegata.
Il maxiemendamento conferma poi l’universalizzazione degli ammortizzatori: la nuova Aspi sarà estesa ai collaboratori, e i trattamenti vengono rapportati alla storia contributiva del lavoratore. Le integrazioni salariali, invece, (in costanza di rapporto di impiego) non saranno più utilizzate in caso di cessazione di attività aziendale o di un ramo di essa. Restano in piedi i fondi bilaterali introdotti dalla Fornero (e criticati dalle imprese). Si apre poi a un riordino complessivo degli incentivi alle assunzioni, all’autoimpiego e autoimprenditorialità; e si istituisce l’Agenzia nazionale per l’occupazione con lo scopo di rafforzare le politiche attive. Inoltre, si rilancia il contratto di ricollocazione per aiutare l’intermediazione tra domanda e offerta (il centro per l’impiego o l’agenzia del lavoro privata verranno remunerate in base ai risultati occupazionali raggiunti).
Si arriverà poi alla stesura di un codice semplificato del lavoro, con un riordino (fino alla possibile soppressione) delle forme contrattuali (più precarie). Sui voucher si confermano i paletti esistenti (articolo 70 Dlgs 276 del 2003), e si prescrive la loro piena tracciabilità. Ci sarà una revisione della disciplina dei controlli a distanza.
Si prevede, inoltre, la possibilità di sperimentare il compenso orario minimo e si propone di unificare i controlli ispettivi nelle aziende, prevedendo la nascita di una Agenzia unica per le ispezioni (che coordinerà le attività oggi ripartite tra Inps, Inail, Asl e ministero del Lavoro). (Il Sole 24 Ore)
9 ottobre 2014