Obbligo di partita Iva per tutti i titolari di bed and breakfast situati nei 20 Comuni veneti «ad alta densità turistica»? Il Tar dice no e invita «a un accertamento in concreto caso per caso circa la natura imprenditoriale o meno dell’attività economica». Una sentenza che soddisfa entrambi i fronti: da una parte i titolari dei b&b delle principali località turistiche venete che denunciavano una «discriminazione su base geografica»; dall’altra gli albergatori e la Regione pronti a difendere il provvedimento in nome della lotta agli abusivi.
Il nodo del contendere? L’obbligo di apertura di partita Iva (una vera e propria certificazione dell’«attività d’impresa») per i gestori di B&B situati nei venti comuni veneti «ad alta densità turistica» individuati da Palazzo Balbi (Venezia, Cavallino-Treporti, San Michele al Tagliamento, Jesolo, Caorle, Lazise, Peschiera, Bardolino, Abano Terme, Verona, Padova, Chioggia, Rosolina, Cortina d’Ampezzo, Malcesine, Castelnuovo del Garda, Montegrotto Terme, Garda, Eraclea e Vicenza).
Entrando nei dettagli al vaglio dei magistrati lagunari, era un provvedimento firmato il 2 maggio dal direttore del Dipartimento regionale del Turismo a imporre che «sono sempre considerati attività di impresa, i bed and breakfast situati nei seguenti 20 Comuni ad alta presenza turistica elencati nella deliberazione di giunta regionale numero 498». Perché la giunta, nella precedente seduta del 19 aprile, aveva stabilito che «la gestione dei b&b non costituisce attività di impresa in tutti i Comuni del Veneto, ad eccezione di quelli indicati nell’elenco».
In altre parole, dalla giunta niente obbligo di partita Iva per chi lavorava in uno qualsiasi dei 599 Comuni non indicati nel provvedimento; mentre dalla successiva disposizione dirigenziale scattava l’onere di registrazione per tutte le strutture situate nei 20 Comuni individuati.Normativa mal digerita da una quindicina di gestori (per la maggior parte veronesi) che, assistita dallo studio legale Lipani, Catricalà & partners, ha deciso di ricorrere al Tar per l’annullamento di entrambi i testi. I giudici veneziani hanno bocciato il primo ricorso (contro la delibera di giunta), ma hanno invece accolto il secondo, ordinando l’annullamento del provvedimento del direttore del Dipartimento regionale del Turismo del 2 maggio, spiegando che il documento non prevede «alcun tipo di presunzione (di imprenditorialità o di non imprenditorialità, ndr) con riferimento a coloro che operano nei venti Comuni, dovendosi pertanto procedere in tale ultima ipotesi, a un accertamento in concreto caso per caso circa la natura imprenditoriale o meno dell’attività economica esercitata dal singolo titolare di bed and breakfast». In buona sostanza, resta valido l’esonero per tutte quelle attività situate negli altri 599 Comuni (come previsto dalla giunta); mentre per le strutture delle zone ad alta densità turistica, non può valere l’automatico obbligo di apertura della partita Iva, ma occorre un esame caso per caso. A chi spetterà l’onere della verifica? Per l’assessore regionale al Turismo Federico Caner, saranno le singole strutture a dover dimostrare di non essere catalogabili come «imprese». «Il Tar ha confermato l’impianto della delibera di giunta, riconoscendo la “prevalenza dell’interesse turistico” sui 20 Comuni che avevamo individuato – commenta Caner -. E siamo d’accordo anche per quel che riguarda le critiche mosse alla delibera annullata: miglioreremo il dispositivo con un nuovo testo in cui sarà previsto l’obbligo di dimostrare il carattere occasionale dell’attività per i gestori di b&b situati in quei 20 Comuni che vorranno chiedere l’esonero dall’apertura della partita Iva». Ma per gli avvocati che hanno seguito i b&b «ribelli», «l’onere della prova spetta alle amministrazioni, non al privato». Di certo, l’ipotesi di partita Iva obbligatoria anche per le cosiddette «locazioni turistiche» rimane ancora poco praticabile. «Quel settore è normato a livello statale. Noi come Regione scriveremo a Roma per sollevare il problema dell’abusivismo in questo settore e faremo presente la validità della nostra legge regionale» conclude l’assessore Caner.
Enrico Presazzi – Il Corriere del Veneto – 14 settenbre 2016