di Simona Ravizza. Gli ospedali di Milano (e non solo) sono già in fibrillazione: il 25 novembre diventerà realtà anche in Italia il riposo di undici ore tra un turno e l’altro in ospedale, che comporterà una pesante riorganizzazione della macchina sanitaria. È l’esito una battaglia politica e legale durata 15 anni e combattuta in nome della sicurezza dei pazienti, troppo spesso curati da dottori stanchi e quindi con più probabilità di sbagliare: lo stesso New England Journal of Medicine spiega che «la mancanza di sonno dovuta a turni lavorativi prolungati è il tallone di Achille della professione medica».
L’uomo che è riuscito tra mille ostacoli a conquistare il diritto al riposo per i medici è un cardiologo del Policlinico, Sergio Costantino, 61 anni. È l’inizio degli anni Duemila. Tutto nasce in un momento di personale difficoltà lavorativa, nella quale il peso dei turni è insostenibile. Alla ricerca di un modo per difendersi Costantino cerca di districarsi tra leggi, contratti di lavoro e sentenze. Ma la normativa italiana appare vaga e senza un reale apparato sanzionatorio. «Così mi imbatto nella direttiva europea 93/104 che da lì a poco sarebbe stata recepita in Italia con ben dieci anni di ritardo – racconta Costantino -. È il decreto legislativo 66 del 2003». L’articolo 7 è dedicato al riposo giornaliero: «Ferma restando la durata normale dell’orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattr’ore». L’anno successivo, con il decreto legislativo 213/04, arriva anche l’apparato sanzionatorio. Ma c’è una sorpresa: «Nel recepimento delle leggi europee nessuno a livello italiano si accorge della portata della direttiva e ne vengono sminuiti gli effetti sul sistema sanitario affermando che medici e infermieri sono esclusi – ricorda Costantino -. Persino in ambito sindacale ci sono resistenze inspiegabili».
In un momento di incertezza, a un passo dalla decisione di mollare tutto, il cardiologo trova il fondamentale conforto di un esperto di diritto comunitario: ad aiutarlo è Giovanni Mangione, allora presidente del Tar Lombardia, nonché suo suocero. «Il consiglio fu chiaro ed esplicito: “Hai ragione su tutta la linea. Non arrenderti, insisti». Seguono due anni di studio intensi, prevalentemente la notte. Le normative vengono lette e rilette. Lo stesso le sentenze a livello internazionale sulla materia. «Poi a Sorrento, in un convegno dell’Anaao ( il sindacato medico di cui Costantino fa parte, ndr ), parlo dopo Livia Turco, allora ministro della Sanità, scatenando il putiferio – dice -. Così l’allora segretario nazionale dell’Anaao Carlo Lusenti (poi assessore in Emilia Romagna) mi incarica di mettere tutto nero su bianco. Con l’aiuto di due amiche avvocato, Mariarosaria Ambrosini e Rosa Cervellione Augello, che mi evitano strafalcioni giuridici, prepariamo una monografia sull’argomento – spiega il cardiologo -. La conclusione è che le normative comunitarie sono prevalenti su quella nazionale».
Il tutto resta congelato sino a due avvenimenti: una segnalazione all’ispettorato del lavoro di un dipendente contro dell’ospedale di Busto Arsizio (che dovrà pagare una megamulta di 15 milioni di euro perché non ha rispettato l’alternanza tra turni di lavoro e riposo)e una interpretazione del Ministero del Lavoro che conferma l’applicabilità delle norme al settore sanitario. Ma la politica non si rassegna: «Il governo Prodi, nasconde tra le pieghe di un Omnibus la cancellazione per decreto dell’applicabilità ai sanitari delle tutele previste – rileva Costantino -. Mentre il successivo governo Berlusconi lo trasforma in legge (tutti d’accordo in modo bipartisan ), limitando però l’esclusione ai soli medici».
Da lì inizia un fitto scambio di corrispondenza tra Carlo Palermo e Costantino Troise dell’Anaao e di Enrico Reginato della Fems (Federazione europea dei medici dipendenti) con la Commissione Europea: «Nel frattempo trovo ascolto solo in casa Lega e Matteo Salvini accetta di presentare un’interrogazione al Parlamento europeo sull’argomento – sottolinea Costantino -. Si apre la strada alla procedura di infrazione al governo italiano». Così da novembre, pena le sanzioni europee, il diritto al riposo entrerà negli ospedali.
Corriere della Sera – 27 maggio 2015