Si allarga il fronte del no alla delibera con cui la Regione Veneto ha individuato il fabbisogno standard di assistenza di infermieri e operatori sociosanitari, ossia il tempo che il personale di assistenza dovrà dedicare ai degenti. Dopo le critiche di Franco Vallicella, presidente del Collegio Ipasvi (infermieri professionali), ecco quelle di Maria Gabriella De Togni, veronese, presidente del Coordinamento nazionale caposala.
«In linea teorica individuare uno standard minimo può risultare valido», argomenta, «il problema è dato dal fatto che questi valori minimi sono diventati lo standard per un’assistenza a cinque stelle, come la definisce il governatore Zaia, il che costituisce una contraddizione nei termini e nella sostanza».
«Dalla lettura della delibera», annota De Togni, «non si capisce quale sia il livello di qualità cui si riferiscono questi minimi: a quale tipo di assistenza è correlato? Quali indicatori di qualità sono stati utilizzati per calcolare il fabbisogno, oltre alla presenza media? Si è tenuto conto che la forte riduzione dei posti letto comporta oggi un tasso di occupazione, soprattutto in area medica, del 105% con i letti bis messi nei corridoi? Ci si chiede poi quali siano le mansioni previste in questi tempi minimi: sono state considerate solo le pratiche tecniche, dimenticando la relazione/informazione con il degente, la messa in atto dei sistemi di sicurezza? Si è tenuto conto della verifica e della supervisione dell’attività del personale di supporto infermieristico, della funzione fomativa e educativa dell’infermiere, di tutte le mansioni di approvvigionamento, ripristino e controllo di materiale, di attrezzature e farmaci?».
Entrando nello specifico della delibera, commenta la coordinatrice dei caposala: «I collegi Ipasvi del Veneto avevano chiesto lo standard minimo di 200 minuti, che avrebbe costituito un buon punto di partenza, per quanto studi di autorevoli esperti che operano in ospedali delle regioni del nord indichino come standard minimo 220 minuti per avere un’assistenza accettabile. Anche il rapporto infermiere/operatore sociosanitario, sceso da 3 a 1 a 2 a 1 avrà ricadute negative sulla qualità dell’assistenza. Ancora una volta si comincia a tagliare dal basso, quando a essere fuori standard è il rapporto medici/cittadino. Ma forse il Veneto vuole dimostrare quanto è bravo, con i bilanci più che a posto, sacrificando e sacrificandoci più del dovuto».
Critiche e obiezioni alla delibera della Regione arrivano anche da Federico Martelletto, segretario di Usb (Unione sindacale di base), che dichiara: «Il provvedimento va rigettato in toto, non tiene conto dell’elevato carico di lavoro al quale infermieri e operatori sociosanitari sono sottoposti negli ospedali, dove arrivano pazienti in fase acuta che poi vengono dimessi in fretta e inviati a strutture esterne. La nostra impressione è che la Regione con questa delibera voglia in realtà controllare le modalità di assunzione del personale nei vari ospedali. Siamo a conoscenza, in proposito, di un forte ridimensionamento di personale in alcuni reparti di ospedali veronesi. Questa strada porterà in una sola direzione: standardizzazione di infermieri e operatori sociosanitari a minor costo e familiari dei degenti che dovranno trasformarsi in badanti».
L’Arena – 13 gennaio 2014