di Paolo Del Bufalo e Barbara Gobbi. L’allarme di tutte le categorie dopo l’esito delle elezioni: abbiamo già dato troppo, ci chiederanno di più? L’instabilità politica fa tremare i mercati e corrode i risparmi accumulati con due anni di manovre. In pochi giorni lo spread è risalito di circa cento punti e le borse sono crollate. Il Ssn arranca e lo tsunami delle politiche 2013 rischia di dare il colpo di grazia al sistema delle cure. E dal pianeta Sanità sta esplodendo l’invito a “fare presto” e a fermare la roulette delle soluzioni affrettate. Nel limbo del post-elezioni, categorie, sindacati, manager e imprese del settore confermano l’allarme rosso su cui da tempo cercano un confronto diretto con il Governo. «Dateci un interlocutore certo», chiedono le imprese, sperando che il nuovo Governo dia spazio alla crescita.
E i medici che finora si sentono ignorati mettono le mani avanti per proteggersi dall’annuncio di possibili inasprimenti della politica nei loro confronti, con ulteriori tagli e blocco prolungato dei contratti per tentare di fare ancora cassa “con chi ha già dato”.
Il Servizio sanitario nazionale arranca e lo tsunami delle politiche 2013 rischia di dare il colpo di grazia al sistema delle cure, ammaccato (ma sopravvissuto) al susseguirsi di dieci manovre che hanno falcidiato circa 30 miliardi di risorse, messo in scacco professionisti e imprese, tracciato la strada per altre pesanti manovre come quella dei ticket da due miliardi in agguato dal 1 gennaio 2014. Un sequel allucinato, che ha quasi messo in ginocchio il sistema, scatenando la ricerca di ipotetiche ricette per la “sostenibilità” ben lungi dall’essere state identificate. Strappi, sacrifici e nervi scoperti che hanno accompagnato, specie in questi ultimi mesi, i difficili quando non impossibili tentativi di reazione da parte di imprese e operatori rischiano ora di essere “annullati” da un’instabilità politica cui i mercati hanno già reagito con perdite miliardarie e con lo spread che ha ripreso a correre. Bisognerà aspettare almeno sino a fine marzo per avere un quadro più definito.
Nel frattempo – come in tutti i comparti produttivi – anche dal pianeta Sanità sta esplodendo l’invito a “fare presto” e a fermare la roulette delle soluzioni affrettate. Nel limbo del post-elezioni, categorie, sindacati, manager e imprese del settore confermano l’allarme rosso su cui da tempo cercano un confronto diretto con il Governo. La definitiva (e momentanea, si spera) assenza dell’interlocutore esaspera i toni, inducendo a descrivere una morte prematura per il Servizio sanitario pubblico, nonostante le promesse pre-elettorali – formulate un po’ da tutti i partiti – di tutelare l’universalità (e la qualità) delle cure. «Dateci un interlocutore certo», chiedono le imprese sperando che il nuovo Governo dia spazio ma soprattutto “governi” la crescita, sfuggendo alle spire dell’emergenza e affrontando la crisi in modo strutturale.
I medici che finora si sentono “ignorati” mettono le mani avanti per proteggersi dall’annuncio di un possibile prolungamento del blocco dei contratti che penalizzerebbe solo, sostengono, chi ha già “pagato caro” le manovre perché, come dipendente, non può sfuggire ai tagli. I manager della Sanità pubblica, quotidianamente faccia a faccia con gli aspetti devastanti della crisi in corsia (macchine ferme, scarsità di farmaci e attrezzature), reclamano il rilancio dei settori produttivi collegati alla Sanità, il recupero dei meccanismi di funzionamento indeboliti da anni, il ritorno della politica nel ruolo di indirizzo anche in campo sanitario.
Una speranza viene dai privati: le Regioni appaiono in questo momento più forti del Governo centrale debole e questo potrebbe bloccare l’emorragia di risorse che ha caratterizzato il Ssn negli ultimi anni. Lo slogan in cui tutti possono riconoscersi possiamo prenderlo in prestito dall’unica voce femminile dei nostri intervistati: «La Sanità (e l’Italia) non può più vivere alla giornata». Chiunque sarà all’ascolto dovrà tenerne conto.
Costantino Trolse (AnaaoAssomed) La paralisi istituzionale è un danno grave: lascia insolute diverse questioni, non risponde alle criticità emerse nel 2012, non garantisce una prospettiva futura a un servizio che tutela, soprattutto nei momenti di crisi economica, la salute dei cittadini. Le prospettive indicano l’accelerazione dell’agonia di un sistema – 100 punti in più di spread In pochi giorni in piene elezioni non sono un segnale positivo – già allo stremo e che avrebbe bisogno ci certezze, punti di riferimento per il cambiamento e stabilità giuridica e normativa. Per di più se il Governo Monti dovesse davvero prolungare il blocco dei contratti fino a tutto il 2014, si aggraverebbero le condizioni economiche, accentuando insofferenza, disagio e frustrazione: in 3 anni abbiamo già pagato circa 30mila curo. Non può pagare solo chi ha un reddito fisso e tracciabile: non allevia la crisi e accentua l’insofferenza delle categorie. Spero che in un prossimo programma di governo abbia un ruolo fondamentale la tutela dei dritti, salvaguardando un servizio sanitario che rimane un valore prezioso per il Paese. Vivere alla giornata non risolve niente, lascia nella palude le Regioni in piano di rientro, un Sud che soffre perché non riesce nemmeno a garantire i Lea, questioni che attengono ai professionisti come medicina dfensiva, ruolo professionale, contenzioso ecc Che facciano presto e ci diano qualche segnale positivo.
Salvo Cali (Sindacato medici italiani) I risultati elettorali sono lo specchio di uno scollamento tra i partiti e la società. Per la Sanità tutti a parole sostengono la difesa del Ssn. La retorica dei buoni sentimenti però non basta: il Ssn produce ricchezza, ma è inserito con la previdenza nel grande capitolo del welfare ed è un’importante voce di spesa del bilancio dello Stato. E evidente che se non si rimette in movimento il Paese e non si torna a produrre ricchezza, non si può pensare di distribuirla. Abbiamo il grave problema del debito pubblico, del calo del PiI. Abbiamo la spending review, non rinnoviamo i contratti. La Sanità di o_: è più povera di quella del 2001-2010. C’è bisogno di investimenti e di spese oculate per rimettere ordine in un sistema che si è inceppato e che va ritarato sull’emergenza epidemica della cronicità. La cultura prevalente è ancora ospedalocentrica. Anche le diavolerie organizzative che si propongono per il territorio si basano sulle strutture e non su percorsi centrati sul paziente. Abbiamo affinato il numero dei posti letto e dei ricoveri tanto da produrre un collasso dei pronto soccorso che così non possono più reggere. Da un lato dobbiamo recuperare l’osservazione in emergenza e costruire là un’area di ricovero indistinta. Dall’altro dobbiamo lavorare per offrire risposte ai cronici. Cruciale è però ridare dignità alla programmazione nazionale e ridimensionare i neocentralismi regionali. Così come definire la partita dei Fondi integrativi, decidendo, con intelligenza, chi fa cosa.
Lino Del Favero (Federsanità Anci) sogna ricordare che la Sanità ha LP un proprio apparato tecnico-burocratico di alto livello presso il ministero della Salute, presso il ministero dell’Economia e, soprattutto, presso le Regioni. Questo consente di gestire regolarmente l’attività ordinaria e garantire il normale funzionamento del sistema sanitario senza che vi sia il rischio di un reale vuoto di potere. Ci preoccupa invece cosa ci aspetta nel futuro perché restano sullo sfondo grandi temi come quello della sostenibilità del Sistema sanitario nazionale e della politica degli investimenti. Se davvero vogliamo puntare a un rilancio del Paese occorre dare forza a molti settori produttivi collegati alla Sanità. Per fare un solo esempio, pensiamo agli interventi da realizzare per ammodernare e portare in sicurezza le strutture ospedaliere, molte delle quali non sono più state rinnovate dal dopoguerra. I programmi elettorali di tutte le formazioni in campo hanno dichiarato di voler tutelare la Sanità, garantire l’accesso universalistico e fermare i tagli lineari alla spesa sanitaria. Aspettiamo quindi di vederli all’opera, con i migliori auguri per il loro lavoro e per tutto il Paese.
Valerio Fabio Alberti (Fiaso) Come spesso accade i programmi elettorali dei partiti sono costellati di buoni propositi. E questo anche per la Sanità. Tutti a garantire che non ci saranno nuovi tagli, che verrà assicurata l’universalità del servizio e che la politica verrà estromessa dalla gestione di Asl e ospedali, lasciando spazio alla professionalità e alla valorizzazione del merito. Dispiace vedere tante buone intenzioni “congelate’ dall’esito elettorale, che al momento rende difficile ipotizzare una maggioranza di governo. In ogni caso le Aziende, il loro management e i professionisti che ogni giorno vi profondono il loro massimo impegno continueranno a garantire ai cittadini prestazioni e assistenza. Con o senza la “regia” della politica, che è bene però tomi al più presto a ricoprire il suo ruolo di indirizzo anche nella Sanità. Si può anche ripartire dai buoni risultati raggiunti ma occorre poi puntare al recupero dei meccanismi di funzionamento che, negli ultimi anni, si sono indeboliti. Come Fiaso abbiamo sempre sostenuto la necessità di puntare su un management sempre più qualificato e sulla trasparenza dei criteri di nomina per rilanciare le nostre Aziende, affrancandole dall’occupazione indebita della politica. Sul come tradurre tutto questo, in pratica siamo pronti a dare il nostro contributo anche al nuovo Parlamento così rinnovato.
Il Sole 24 Ore Sanità – 5 marzo 2013 – riproduzione riservata