Lav e Marevivo presentano un dossier sui parchi acquatici in Europa: «Animali stressati e spettacoli diseducativi»
«Il sorriso del delfino è il più grande inganno della natura, perché crea l’illusione che siano sempre felici. Solo dopo un po’ ti rendi conto che non stanno bene in cattività». Così, nel 2010 nel documentario premio Oscar «The Cove», Ric O’Barry, l’ex addestratore del delfino Flipper – divenuto una star grazie all’omonima serie tv Usa negli anni ’60- raccontava come proprio durante il lavoro che lo aveva reso celebre e ricco, avesse imparato a capire quanto dolore e infelicità si celasse dietro all’atmosfera apparentemente gioiosa dei delfinari. Una “scoperta” che ha portato O’Barry a impegnarsi in prima persona, come attivista, per fermare la cattura di questi animali destinati ai delfinati di tutto il mondo e in parte anche all’alimentazione umana (soprattutto in Giappone). Ma distanza di 3 anni dal documentario-choc che raccontava la cattura e la mattanza dei delfini nella baia nipponica di Thajii, per questi animali il calvario continua. Anche in Europa dove solo Croazia, Cipro e Slovenia hanno vietato l’uso di cetacei in cattività a fini commerciali.
IL DOSSIER – In Italia da tempo Lav e Marevivo portano avanti una campagna per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dei delfinari denunciando casi di violazione delle norme che regolano i parchi acquatici nel nostro Paese . E adesso presentano un dossier che racconta la vita di questi mammiferi marini nei delfinari europei e chiedono alla Commissione Ue di avviare in particolare una procedura d’infrazione contro l’Italia per «gravi inadempienze». Secondo il rapporto – elaborato dalla Whale and Dolphin Conservation in collaborazione con Born Free Foundation, Encap, Lav e Marevivo – nei 34 delfinari europei vivono 305 cetacei, fra piccole balene, delfini e focene. Secondo la regolamentazione europea (Direttiva 1999/22/CE) i delfinari sono equiparati ai «giardini zoologici» e come tali sono tenuti a svolgere determinate attività di ricerca e informazione per il pubblico sulla vita dei delfini e altre attività «che possono generare benefici per la conservazione della specie». «In Italia – denuncia Lav – solo due strutture su cinque sono munite di licenza». Inoltre, sempre secondo il rapporto presentato dalle associazioni animaliste, la maggior parte dei delfinari europei analizzati mostra quantomeno “scarso impegno” in questa attività di informazione. Su 13 delfinari solo 4 hanno esposto cartelli informativi sulle specie di cetacei presenti nella struttura. Su 18 spettacoli in 17 delfinari, solo il 12% in media ha fornito informazioni sulla biologia e sul comportamento degli animali esibiti, mentre 2 spettacoli non hanno fornito alcuna informazione del genere. Su 18 spettacoli, 17 non hanno informato il pubblico sulle zone di distribuzione in natura delle specie custodite, mentre 8 non hanno precisato che i delfini sono mammiferi e nessuno dei 18 spettacoli ha fatto riferimento allo stato di conservazione delle specie. Infine fra i 34 delfinari considerati nel rapporto, soltanto 14 hanno promosso attivamente, sui loro siti internet, la loro partecipazione a ricerche sui cetacei.
Immagine rimossa dal mittente. Delfini in un parco acquaticoDelfini in un parco acquaticoIN ITALIA – La situazione non è molto diversa nel nostro Paese. «Tutti i delfinari esaminati, inclusi quelli Italiani – Delfinario di Rimini (i cui delfini sono stati recentemente sottoposti a sequestro preventivo, mentre il Ministero dell’Ambiente ha negato la licenza alla struttura), Oltremare di Riccione, Zoomarine Roma, Fasanolandia, Gardaland (che però ha successivamente chiuso il delfinario) – danno uno scarso contributo alla conservazione della diversità biologica – denunciano Lav e Marevivo -. Decessi prematuri e basso successo riproduttivo hanno reso insostenibile la conservazione ex situ della popolazione di delfini tursiopi e nessuno degli attuali delfinari dell´Ue ha effettuato reinserimenti nell´ambiente naturale. Per questo sollecitiamo il Ministro dell’Ambiente al pieno rispetto della Direttiva 1999/22/CE, seppure tardivo, e la Commissione Ue a mettere in atto ogni intervento per garantire il rigoroso rispetto di tale normativa. In Italia i delfinari non hanno alcuna funzione educativa né scientifica o di conservazione della specie, ovvero non rispettano queste caratteristiche obbligatorie per legge, facendo invece spettacolo: un inganno inaccettabile.» concludono Lav e Marevivo che ricordano che le attività dei quattro delfinari italiani sono anche oggetto di due interrogazioni al Ministro, presentate alla Camera da Michela Vittoria Brambilla (Pdl) e al Senato da Loredana De Petris (Sel), che «attendono una decisione urgente».
STRESS E MORTE – Ma la mancanza di informazione sui delfini e le carenze di azioni per la preservazione della specie – obbligatorie per legge – non sono gli unici problemi nei delfinari europei. Lo stress a cui sono sotto posti i delfini ed il fatto che la vita nei delfinari sia molto “lontana” da quella che possono condurre in mare aperto dove sono nati per vivere, fa si che i tassi di sopravvivenza dei cetacei tenuti in cattività siano di molto inferiori a quelli che si riscontrano in natura. Se per i delfini che vivono in libertà la mortalità è attorno al 3,9%, in cattività varia dal 5,7 al 7%. Ancora più grave la situazione delle orche: nel loro ambiente naturale la mortalità di questi mammiferi marini è del 2,3%, nelle strutture è tra il 6,2 e il 7 «Fra i cetacei tenuti in cattività, sono comuni situazioni di stress e comportamenti stereotipati – spiegano Lav e Marevivo – Trentadue delfinari dell´Ue organizzano regolarmente, a pagamento, dimostrazioni o spettacoli di cetacei destinati al pubblico, spesso con accompagnamento musicale ad alto volume. Durante questi spettacoli, gli animali svolgono una serie di giochi e acrobazie e mostrano atteggiamenti innaturali. Questo tipo di dimostrazioni e l´uso di musica ad alto volume in prossimità degli animali sono scoraggiati dalla European Association of Aquatic Mammals. Venti delfinari offrono ai visitatori l´opportunità di avvicinarsi ai cetacei, ad es. per scattare foto, nuotare con i delfini o praticare la delfinoterapia. Il contatto diretto fra il pubblico ed i cetacei in cattività espone entrambi a notevoli rischi di contrarre malattie o riportare infortuni».
SEMPRE LIBERI – «In natura questi animali nuotano tra i 95 e i 160 km al giorno. Una vita passata in una piccola piscina, nuotando in circolo non potrà mai considerarsi un’alternativa accettabile all’oceano – denunciano infine le associazioni che partecipano alla campagna Sos Delfini – Nessun essere vivente nasce per essere rinchiuso e i delfini, viaggiatori instancabili, non potranno mai adattarsi ad una vita completamente priva di stimoli. I loro complessi bisogni li rendono inadatti alla cattività, nonostante si cerchi di “arricchire” il loro habitat con palline e giocattoli vari. Per questo invitiamo a non visitare i delfinari per non essere complici dello sfruttamento di questi meravigliosi animali».
Corriere.it – 6 novembre 2013