C’è un sistema previdenziale che si sottrae a tutte le riforme pensionistiche. Si tratta di 29.725 pensioni che costano più di un miliardo e mezzo l’anno. Sono i destinatari degli assegni di quiescenza ex personale della Camera e del Senato, della Regione Siciliana, della presidenza della Repubblica, della Corte costituzionale. Si tratta di assegni che oscillano in media tra i 40 mila e i 200 mila euro all’anno.
Non si sa molto di più, nonostante da 12 anni ci sia una legge che imporrebbe di conoscere tutto di queste pensioni. I dati dovrebbero essere trasmessi al casellario centrale della previdenza. La legge però viene disattesa perché gli organi costituzionali invocano l’autodichia, il principio di autonomia regolamentare garantito dalla Carta costituzionale.
di Enrico Marro, il Corriere della Sera. Trentamila pensioni di assoluto privilegio, che la politica ha tenuto lontano dalle riforme. Sono le pensioni del personale della Camera e del Senato; degli ex deputati e senatori; dei dipendenti della Regione Siciliana; del personale della presidenza della Repubblica; dei dipendenti e degli ex giudici della Corte costituzionale; i vitalizi degli ex consiglieri regionali. Di questi assegni, che oscillano in media tra i 40 mila e i 200 mila euro all’anno, si sa poco o nulla, se non appunto che sono d’oro e costruiti su regole di assoluto favore. Ci sono circa 30 mila pensioni in Italia che rappresentano un mondo a parte, di assoluto privilegio, che la politica ha tenuto al riparo dalle riforme che negli ultimi 25 anni hanno invece tagliato la previdenza dei comuni mortali. Sono le pensioni del personale della Camera e del Senato; quelle degli ex deputati e senatori (ipocritamente definite «vitalizi»); le pensioni dei dipendenti della Regione Siciliana; quelle del personale della presidenza della Repubblica; quelle dei dipendenti della Corte costituzionale e degli ex giudici della stessa; i vitalizi degli ex consiglieri regionali. Di questi assegni, che oscillano in media tra i 40 mila e i 200 mila euro all’anno, si sa poco o nulla, se non appunto che sono d’oro e costruiti su regole di assoluto favore. Eppure da dodici anni c’è una legge che imporrebbe di conoscere tutto di queste pensioni, i cui dati dovrebbero essere trasmessi al Casellario centrale della previdenza. Solo che la legge viene disattesa. E non si trova il modo di farla rispettare, perché gli organi costituzionali invocano l’autodichia, cioè il principio di autonomia regolamentare garantito dalla carta fondamentale, e la Sicilia il suo statuto speciale.
Un tentativo di censire questo piccolo paradiso delle pensioni è contenuto nel rapporto «ll bilancio del sistema previdenziale italiano» appena diffuso dal centro studi di Itinerari previdenziali, presieduto da Alberto Brambilla, esperto di pensioni ed ex presidente del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale presso il ministero del Lavoro, istituito dalla legge Dini del 1995. Il Nucleo è poi stato chiuso nel 2012. Ma Brambilla ha continuato a sfornare il rapporto annuale, aiutato dai migliori esperti del settore. E nell’ultima edizione, «per la prima volta», ha inserito un capitolo dedicato a quello che viene definito «l’altro sistema previdenziale», quello appunto che si sottrae a tutte le riforme. «Reperire questi dati è difficile — si sottolinea — poiché mancano le informazioni di questi soggetti che non comunicano i dati, come previsto dalla legge 243 del 23 agosto 2004, al Casellario centrale». Non si sa, in particolare, quanti contributi vengono pagati e quante pensioni e per quali importi sono erogate.
A oggi, le amministrazioni ed enti che non comunicano i dati sono: Camera e Senato, che hanno proprie regole previdenziali approvate dagli stessi parlamentari sia per i propri dipendenti sia per deputati e senatori; la Regione Siciliana, «che gestisce un fondo di previdenza sostitutivo per i propri dipendenti», quindi fuori dal regime Inps; la Corte costituzionale per i giudici e i propri dipendenti (anche qui vige un regolamento interno); la Presidenza della Repubblica per il proprio personale; le Regioni a statuto ordinario e quelle a statuto speciale per le cariche elettive. Infine, c’è lo strano caso del Fama («una anomalia tutta italiana»), il Fondo agenti marittimi ed aerei, con sede a Genova, che gestisce la previdenza per gli agenti marittimi: «Non pubblica dati» e «non risulta sottoposto a particolari controlli», dice il Rapporto.
23 febbraio 2016