Flavio Tosi, 46 anni, è nato a Verona dove si è diplomato al Liceo ginnasio Maffei. Ha esercitato la professione di tecnico informatico, per decidere poi di dedicarsi interamente alla politica. E’ sindaco di Verona dal 2007. E’ stato rieletto nel 2012 con oltre il 57% delle preferenze. Nell’aprile del 2000 era stato eletto consigliere regionale del Veneto, dove ha ricoperto l’incarico di capogruppo della Liga Veneta fino al 2002. Era stato poi rieletto alle elezioni successive del 2005, ottenendo il record assoluto di preferenze tra tutti i candidati: 28.000. Dal 2005 al 2007 è stato assessore regionale alla sanità. Nell’ottobre 2013 ha lanciato la Fondazione “Ricostruiamo il Paese”, con l’obiettivo di organizzare le primarie nazionali di centro destra. Nel marzo scorso la rottura con la Lega Nord e l’annuncio di voler proseguire il proprio percorso politico con la candidatura a governatore della Regione Veneto. E’ sostenuto da Area popolare e da cinque liste civiche di centro
La sanità del Veneto, che è considerato una regione “virtuosa” ed è una delle tre realtà benchmark assunte a “parametro” per l’individuazione dei costi standard, subirà ora nuovi pesanti tagli. Come pensa di fare fronte a questo continua riduzione di risorse?
Accelerare il riordino del sistema e applicare realmente i costi e i finanziamenti standard in tutto il Paese consentirà al Veneto di essere meno penalizzato dai nuovi tagli, anche se la Sanità, costituendo uno degli organi vitali del sistema, non può essere estranea agli eventi e alle difficoltà del Paese stesso. La semplificazione e riorganizzazione del sistema sanitario Veneto ci consentirà comunque di affrontare con meno affanno le riduzioni del fondo sanitario. Ancora oggi non tutte le Ulss hanno lo stesso grado di efficienza, quindi bisognerà praticare i costi ed i finanziamenti standard anche all’interno del Veneto, applicando inoltre criteri di area vasta ed una distribuzione razionale delle grandi tecnologie (HTA)
Lei è convinto che accorpare le aziende sanitarie rappresenterebbe un effettivo risparmio per la sanità regionale?
Sono convinto che applicare i criteri divisionali e di bacini già fissati nel nuovo piano socio sanitario, e non ancora attuati, consente di liberare risorse da reinvestire. Non condivido invece l’estremizzazione del modello organizzativo, perché grande non corrisponde sempre a efficiente e quindi tra numero di ULSS ed efficienza gestionale va trovato il giusto equilibrio che spesso non è agli estremi.
Come ritiene possa essere realizzata una razionalizzazione territoriale di questo tipo in Veneto?
Non a caso i bacini di riferimento per la definizione degli ambiti delle ULSS non sono fatti sulla base dei kmq o dal numero dei Comuni afferenti, ma sulla base della popolazione da assistere che rimane un parametro oggettivo. Le esigenze del territorio in Veneto possono avere alcune peculiarità caratterizzanti, che però inducono l’introduzione di alcuni correttivi e non un sistema a modelli differenziali.
Cosa potrebbe fare in concreto la Regione Veneto per superare misure come il blocco del turn-over per il personale sanitario imposto dal governo?
Il Governo Regionale, come fatto in passato quand’ero Assessore alla Sanità, può farsi carico di maggiori costi del personale garantendo la copertura finanziaria per l’aumento del turn-over del personale e l’equilibrio del Bilancio sanitario regionale. I vincoli sulla spesa erano gli stessi allora come adesso, ma allora la Giunta si assumeva le sue responsabilità, differentemente da oggi.
La riforma costituzionale assegna allo Stato la competenza sulle norme generali per la tutela della salute, la sicurezza alimentare e la tutela e sicurezza del lavoro e alle Regioni, invece, va la competenza legislativa esclusiva nell’organizzazione dei servizi sanitari e sociali. Come si tradurrebbero concretamente a livello regionale e come giudica le novità introdotte?
La distinzione delle competenze tra Stato e Regioni con la riforma del Titolo V, ha visto il contenimento in capo allo Stato della formazione generale in materia di tutela della salute, sicurezza alimentare e del lavoro, lasciando all’autonomia regionale le competenze esclusive dell’organizzazione dei servizi finalizzati a garantire gli obiettivi generali di salute. I due livelli sono da un lato garanzia di omogeneità di risposte in tutto il territorio nazionale, dall’altro uno strumento flessibile e articolato per meglio rispondere alle realtà e al bisogno delle singole regioni, rispettando il principio di autonomia. Sta alla Regione avere il coraggio e lo spirito innovativo x adottare nuovi modelli organizzativi.
Gli investimenti in prevenzione rappresentano sicuri risparmi poiché permettono minori spese in cure e riabilitazioni. Come mai secondo lei tanti governanti non sembrano comprenderne l’importanza?
La tripartizione classica della spesa tra ospedale, territorio e prevenzione ha sempre visto fare la parte del leone a quella ospedaliera, recentemente ormai raggiunta da quella territoriale, mentre rimane sempre un po’ in sofferenza quella della prevenzione che, essendo un investimento sul futuro, spesso deve cedere il passo. Si dovrebbe garantire le giuste risorse alla prevenzione con Legge Regionale, così da impedire continue decurtazioni.
L’assetto dei servizi veterinari oggi in Veneto non sembra essere commisurato all’effettiva mole delle prestazioni effettuate. L’adozione dei nuovi atti aziendali ha prodotto un quadro disomogeneo tra le diverse Ulss. Non ritiene che tale organizzazione andrebbe parametrata sulla globalità delle attività veterinarie e sulla rilevazione degli indicatori Lea? E cosa intende fare per salvaguardare appieno l’operatività dei servizi veterinari costantemente sottodimensionati negli organici?
Gli assetti organizzativi oggi in Veneto, così come delineati e approvati dai documenti regionali, risultano una ibridazione tra l’assetto storico, la visione riorganizzativa condita da un po’ di forza contrattuale di contesto. Sono d’accordo che l’organizzazione con le sue strutture e livelli dimensionali dovrebbe essere parametrata su volumi di attività e non su criteri astratti, territoriali o autoreferenziali.
Spesso i consumatori ignorano il ruolo e l’importanza dei controlli sanitari sugli alimenti svolti dai servizi veterinari e dai Sian. Cosa intende fare per valorizzare le attività di tutela e prevenzione del Ssr, oltre a quelle meramente repressive delle forze dell’ordine?
L’Italia in materia di tracciabilità e controlli sugli alimenti ha una normativa di settore più avanzata e garantiste per i consumatori, e questo è sicuramente possibile non solo per l’azione dei NAS in via repressiva, ma soprattutto per la quotidiana e continua attività preventiva e di controllo di filiere fatte dai Servizi Veterinari e dal Servizio di Igiene e Alimenti Nutrizionali. Purtroppo, anche in questo ambito fa più notizia l’episodio repressivo che il mastodontico lavoro di verifica e monitoraggio della qualità e sicurezza degli alimenti dei servizi di prevenzione regionale.
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a cura Ufficio stampa Sivemp Veneto
15 maggio 2015